Secondo il quotidiano Il Sole 24 Ore sono in corso trattative in base alle quali Iliad potrebbe stringere un’intesa con Fibercop e servirsi così della rete che è in via di realizzazione da parte della società partecipata da Tim (58%), Kkr (37,5%) e Fastweb (4,5%). Ne parla Andrea Biondi in un articolo pubblicato lo scorso 4 giugno: Non c’è ancora un accordo ma fra Iliad e la nuova società, guidata da Carlo Filangieri e presieduta da Massimo Sarmi, ci sarebbero stati scambi di informazioni dettati dall’interessamento della compagnia telefonica guidata in Italia da Benedetto Levi, che si appresta allo sbarco nel fisso dopo l’estate come confermato durante l’ultima conference call del gruppo. Secondo le indiscrezioni di mercato Iliad avrebbe fatto capire di non essere intenzionata a entrare all’interno della società, come fatto ad esempio da Fastweb a valle del conferimento in Fibercop dell’eredità delle connessioni Ftth di FlashFiber (jv Tim-Fastewb). L’intesa fra Iliad e Fibercop, se dovesse arrivare a valle delle discussioni in corso, poggerebbe sulle altre modalità di “coinvestimento” (condivisione del rischio a lungo termine che può avvenire attraverso cofinanziamento, come detto, o accordi strutturali di acquisto). In questo caso, la compagnia che a livello globale fa capo a Xavier Niel, prenderebbe in considerazione proprio la possibilità di “accordi strutturali di acquisto” della rete d’accesso secondaria (quella che va dall’armadietto in strada alle abitazioni) in 1.610 comuni italiani e che rappresenta la dote di una Fibercop la quale, stando ai piani, al 2025 prevede di completare la copertura di tutte le aree nere e circa la metà delle aree grigie, cioè le zone concorrenziali (servite da reti di più operatori) o semi-concorrenziali (servite dalla rete di almeno un operatore).

Sempre secondo Il Sole 24 ore l’intesa potrebbe dunque basarsi sul meccanismo dei minimi garantiti per un periodo di 10 anni o sugli acquisti in Iru (i diritti d’uso della rete utilizzata) a 20 anni. Nel suo articolo Biondi sottolinea: Se fra Iliad e Fibercop dovesse arrivare l’ok, la compagnia sarebbe l’altro big delle TLC, in aggiunta a Tiscali e a Fastweb, a voler far leva sulla rete Ftth in via di realizzazione e completamento entro il 2025 dalla controllata di Tim. Dall’altra parte, Fibercop sarebbe l’altro “fornitore” scelto da Iliad che ha già siglato un accordo con Open Fiber propedeutico allo sbarco nell’ultrabroadband fisso. Le discussioni sono in corso e in via di approfondimento mentre la controllata di Tim attende il via libera dell’Agcom per avviare il coinvestimento con altri operatori sulla base di quanto previsto dal Codice delle comunicazioni europee. Nel frattempo l’accesso è regolato come da tradizione ma entro l’estate si dovrebbero avere risposte a riguardo da parte dell’Authority che a fine marzo ha approvato l’avvio di una consultazione pubblica sull’offerta di coinvestimento notificata da Tim lo scorso 29 gennaio. In parallelo, si attende di capire se e come riprenderanno i ragionamenti sulla rete unica Tim (meglio dire però Fibercop)-Open Fiber. Ora che la Cdp ha concordato di rilevare il controllo di Open Fiber, con Macquarie come partner finanziario, è diventata l’interlocutore del vertice Tim. Il Governo attuale ha fatto sapere di volerne restarne fuori. La Cassa ha intanto nominato Dario Scannapieco nuovo amministratore delegato e dg. Lato Tim, in occasione della trimestrale il ceo Luigi Gubitosi si è detto soddisfatto del chiarimento del quadro con l’uscita di Enel: «Ora capiremo più rapidamente se sarà possibile raggiungere un accordo o meno». La strada è stretta ma l’ipotesi non viene considerata tramontata.

I ministri Enrico Giovannini (Infrastrutture) e Daniele Franco (Economia) hanno firmato il decreto interministeriale che ripartisce 1,15 miliardi, su base triennale 2021-23, destinati al monitoraggio e alla manutenzione di ponti e viadotti stradali e per la sostituzione di quelli considerati ad alto rischio sotto il profilo dei «problemi strutturali di sicurezza». Dedica attenzione al tema il quotidiano Il Sole 24 Ore, con uno specifico articolo a firma di Giorgio Santilli, pubblicato lo scorso 2 giugno: Il decreto – dopo la bollinatura della Ragioneria che ha richiesto un paio di mesi – è stato inviato alla registrazione della Corte dei Conti. Le risorse erano state stanziate dal decreto legge 104 del 14 agosto 2020 e dalla legge di bilancio 2021. I fondi seguono altri piani di manutenzione delle strade già avviati negli anni e nei mesi scorsi (il primo stanziamento fu voluto da Graziano Delrio nel 2017): quello principale, 2.763 milioni da spendere fino al 2024, è stato già ripartito, come quello per la manutenzione straordinaria dei ponti sul Po da 225 milioni. Con le risorse in corso di distribuzione ora si arriva a un totale di 4.138 milioni disponibili per essere investiti. Del piano fanno parte altri 3.058 milioni che aspettano di essere assegnati (perché riguardano gli esercizi successivi al 2024) e che portano il complesso delle risorse per la manutenzione straordinaria della rete viaria a 7.196,8 milioni di euro.

Gli interventi, che come già ricordato, dovranno essere pianificati con un programma triennale 2021-23, e cercheranno di dare sistematicità all’intervento di manutenzione sui vari territori, affidando il costante e puntuale monitoraggio degli interventi agli appositi organismi ministeriali. Nell’articolo si ricorda inoltre: D’altra parte, le somme distribuiti finanzieranno anche, per una quota massima del 25% della prima annualità, analisi finalizzate alla conoscenza delle «caratteristiche geometriche» e dello stato dell’infrastruttura, del traffico, della vulnerabilità territoriale, della situazione esistente delle infrastrutture e dei territori e della «previsione dell’evoluzione». È sulla base di questa analisi che si progetteranno gli interventi di manutenzione straordinaria, di adeguamento alle norme, di ricostruzione.

In diverse città, in tutto il mondo, stanno crescendo i progetti per realizzare Smart City di nuova generazione, caratterizzate da intelligenza artificiale che gestirà le connessioni fra tecnologie e utenti. Progetti pilota ambiziosi, che in prossimo futuro potrebbero diventare un modello da imitare per avere città smart ed ecosostenibili. Dedica attenzione all’argomento il magazine Affari&finanza de La Repubblica, in un articolo a firma Stefania Aoi pubblicato lo scorso 31 maggio: Ma anche nelle vecchie città si lavora per dotare di “cervello” case e interi quartieri, persino scuole, ospedali eliminando sprechi e inefficienze. Non mancano gli esempi di palazzi privati smart. Mentre ministeri, case comunali, caserme, spesso sono ancora strutture obsolete e costose. “Soprattutto negli edifici pubblici, viene ignorato se, per esempio, la giornata è calda o fredda e se l’attivazione del riscaldamento è necessaria o meno, così capita spesso che i dipendenti debbano aprire le finestre perché la temperatura è troppo alta”, scrivevano i ricercatori dell’università di Scienze applicate di Stoccarda in un loro studio del 2018 dedicato agli edifici pubblici intelligenti. Gli accademici portavano anche ad esempio le buone pratiche seguite nel mondo.

Oltre agli edifici pubblici, i dispositivi connessi entreranno sempre più a far parte delle vite di tutti. Stefania Aoi ricorda infatti come entro il 2030, la società di ricerca inglese Wgsn ha previsto che ne utilizzeremo 50 miliardi in tutto il mondo, creando reti intelligenti dentro e fuori casa. Ci lavorano già i colossi della tecnologia. E ancora: …secondo la società di ricerche Mordor Intelligence nel suo report ‘Smart Building Market: growth, trends, Covid impact and forecast’ il valore del business legato agli edifici di questo tipo aumenta del 18,50% l’anno e arriverà nel 2026 a valere 229 miliardi di dollari, mentre nel 2020 valeva 82,5 miliardi. Previsioni simili quelle pubblicate da Data Bridge Market Research Report che parla di un +20,59% all’anno da qui al 2027. (…) Il governo sta lavorando per incentivare innovazione ed ecosostenibilità. E un aiuto in questa direzione dovrebbe arrivare dal PNRR. Tanto che dei 248 miliardi complessivi che dovrebbero spettarci, circa 50 miliardi di euro saranno destinati alla digitalizzazione, competitività e cultura. Circa 68 alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica, di cui una trentina di miliardi saranno destinati proprio all’efficienza energetica e riqualificazione degli edifici privati e pubblici, a partire da quelli scolastici. L’incremento dell’efficienza energetica sarà perseguito tramite corposi incentivi fiscali volti alla ristrutturazione di massa, al ritmo di circa 50mila edifici potenzialmente smart per anno, per una superficie totale di 20 milioni di metri quadri. Le intenzioni sono buone, adesso bisognerà passare ai fatti.

La Banca Europea per gli investimenti ha approvato altri due finanziamenti a supporto dei progetti TIM per la digitalizzazione dell’Italia: 230 milioni per rete fissa e centri dati e 120 milioni per la rete mobile di ultima generazione. L’ammontare complessivo degli aiuti sale così a 700 milioni. Ne parla COR-COM in uno specifico articolo pubblicato lo scorso 31 maggio: Sono previsti in particolare un finanziamento di 230 milioni di euro nel triennio 2021-2023 per sostenere gli investimenti previsti nel nuovo piano di Tim ‘Beyond Connectivity’ e rivolti al potenziamento della rete di trasporto di centrale (backbone) e regionale in fibra ottica – compresa la dorsale Ip – per far fronte alla forte crescita del traffico generato dalle reti di accesso fisse e mobili e dai data center. Processo che consentirà di accelerare la digitalizzazione in corso delle reti italiane. Il finanziamento sostiene in parte anche gli investimenti relativi alla costruzione dei nuovi data center a Milano e a Torino di Noovle, la società controllata da Tim per il cloud e l’edge computing, e in Grecia di Sparkle, l’operatore globale del Gruppo, oltre che all’ammodernamento di centri dati italiani esistenti.
Come viene ricordato sempre nell’articolo di COR-COM, un secondo finanziamento di 120 milioni di euro per il 2021 servirà a sostenere lo sviluppo delle infrastrutture destinate alla telefonia mobile di ultima generazione 5G e va ad aggiungersi ad un primo finanziamento di 350 milioni di euro firmato nel 2019, per un supporto complessivo a questo progetto pari a 470 milioni di euro: Si tratta di finanziamenti che rientrano tra i principali settori di attività di Bei, quelli per lo sviluppo e il supporto alle reti infrastrutturali di telecomunicazione, la riduzione del digital divide, il raggiungimento degli obiettivi dell’agenda digitale europea e l’impegno per le aree meno avvantaggiate dell’Unione.

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