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ome ricorda lo stesso Ministero per lo sviluppo economico, il nuovo Piano Nazionale Transizione 4.0 è il primo mattone su cui si fonda il Recovery Fund italiano. L’investimento consiste in circa 24 miliardi di Euro per una misura che diventa strutturale e che vede il potenziamento di tutte le aliquote di detrazione e un importante anticipo dei tempi di fruizione. Il nuovo Piano Nazionale Transizione 4.0 si pone due obiettivi fondamentali: stimolare gli investimenti privati e dare stabilità e certezze alle imprese con misure che hanno effetto da novembre 2020 a giugno 2023.
Ne parla, con approfondimenti specifici sui significati degli incentivi, un articolo a firma di Carmine Fotina pubblicato lo scorso 13 marzo sul quotidiano Il Sole 24 Ore: Le schede dei progetti del Recovery Plan trasmesse alle Camere sono l’eredità del governo Conte. I ministri del governo Draghi più direttamente impegnati sul piano, a cominciare da Vittorio Colao (Innovazione tecnologica e transizione digitale) e Roberto Cingolani (Transizione ecologica), in queste settimane stanno rivedendo a fondo cifre e contenuti e interverranno anche sulla base della relazione del Parlamento attesa per fine mese. È difficile, allo stato, prevedere quanta parte dei progetti salveranno e quali modifiche apporteranno. Per quanto riguarda il capitolo sulla digitalizzazione, ad esempio, nella sua prima uscita pubblica Colao ha già sottolineato che forse bisognerà aumentarne la dote. Le schede inviate al Parlamento contengono queste cifre: 11,75 per digitalizzazione e innovazione della pubblica amministrazione (di cui 6,14 per progetti nuovi); 25,75 per l’innovazione del sistema produttivo (di cui 21,55 nuovi); 8 per turismo e cultura (di cui 7,7 nuovi).
Il consistente pacchetto di interventi, che il nostro Ministero dell’Economia ha condiviso con la Commissione Europea, sottolinea soprattutto l’esigenza di un cambio di passo della burocrazia che si muove intorno ai settori coinvolti. Favorire le imprese che investono in ricerca e innovazione, significa anche evitare che si perda tempo nei vari uffici pubblici. Prosegue l’articolo: Dalle schede emergono dettagli sugli obiettivi che i tecnici dell’esecutivo Conte avevano fissato. Con il piano degli incentivi fiscali Transizione 4.0, gestito dal ministero dello Sviluppo economico, entro il 2026 si punta a 60mila imprese all’anno che acquistano beni strumentali digitali (+20% rispetto a oggi). Le imprese che investiranno in ricerca, sviluppo e innovazione sfruttando il credito di imposta finanziato con il piano vengono stimate in 25mila all’anno. Un’ulteriore stima riguarda l’impatto dei 750 milioni annui che il governo Conte intendeva riservare alla microelettronica: un intervento che per i tecnici del governo può generare investimenti nella catena di forniture dell’industria hi-tech per oltre 1,8 miliardi di euro. Per quanto concerne invece le connessioni veloci alla rete internet, intervento osservato con particolarmente attenzione da Colao per rafforzarne la portata, il documento del precedente esecutivo indica un impegno di 3,3 miliardi di cui 2,2 per progetti nuovi. Con le risorse del Recovery Fund, si legge, si potrebbero coprire con velocità di 1 gigabit/secondo 2,6 milioni di unità abitative, cioè il 30% di quelle ancora in «digital divide»
Il mercato delle batterie in Europa arriverà a valere 250 miliardi di euro entro il 2025. Per quella data si pensa che le aziende Ue avranno raggiunto una capacità produttiva tale da rendere il mercato continentale del tutto autonomo da influenze esterne, quelle cinesi in particolari. Lo scorso 13 marzo ha dedicato al tema un articolo il Corriere della Sera, a firma Francesca Basso, che nell’incipit cita: Diventeremo il secondo produttore di celle per batterie al modo, dopo la Cina entro il 2025, in grado di soddisfare la domanda dell’Ue di batterie trainata dalla mobilità elettrica. Si tratta di una dichiarazione di Maros Sefcovic, vicepresidente della Commissione Ue, a commento dell’importanza di creare e rafforzare una vera e propria Allenza UE per le batterie. Nel suo articolo la Basso ricorda come L’obiettivo dell’alleanza è creare un’intera catena del valore delle batterie in UE e non dipendente più da Cina, Corea del Sud e Usa. I due progetti principali sono uno a guida francese e l’altro a guida tedesca. L’Italia vi ha preso parte, ha ricordato il ministro Giorgetti nel suo intervento, con un investimento di 1,1 miliardi e intende continuare l’impegno finanziario in futuro. Il nostro paese si concentrerà sugli elementi chimici delle batterie al litio, sulle soluzioni per il trasporto pesante e passeggeri, sul riutilizzo. Per coordinare il lavoro è stata creata l’Alleanza italiana delle batterie guidata dall’Enea.
È ormai chiaro che accanto allo sviluppo e alla diffusione della mobilità elettrica si giochi anche un’altra importante partita, vale a dire quella per la produzione delle batterie, componente fondamentale per questa tipologia di auto.
La nuova strategia europea per la Digital Transition, che prende il nome di “Bussola per il digitale” 2030, supporterà progetti multinazionali che mobiliteranno investimenti pubblici e privati verso settori chiave, dalle infrastrutture digitali ai big data. L’ambizione dell’UE è un mondo aperto e interconnesso, con politiche che conferiscano ai cittadini e alle imprese l’autonomia e la responsabilità necessarie per conseguire un futuro digitale efficace e sostenibile. Ne parla in un suo editoriale pubblicato il 9 marzo scorso Mila Fiordalisi, Direttrice di COR.COM – il Corriere delle Comunicazioni: Quattro i pilastri della strategia europea: la Commissione propone di creare una “bussola digitale” per tradurre le ambizioni digitali dell’UE per il 2030 in obiettivi concreti e per garantire che questi obiettivi siano raggiunti. Compass si baserà su un sistema di monitoraggio rafforzato, per seguire la traiettoria dell’UE per quanto riguarda il ritmo della trasformazione digitale, le lacune nelle capacità digitali strategiche europee e l’attuazione dei principi digitali. Comprenderà i mezzi per realizzare la visione e definire le tappe fondamentali lungo quattro punti cardinali. I primi due si concentrano sulle capacità digitali nelle infrastrutture e nell’istruzione e nelle competenze, mentre gli altri due si concentrano sulla trasformazione digitale delle imprese e dei servizi pubblici.
Particolarmente importante avere infrastrutture digitali affidabili e performanti. Entro il 2030 tutte le famiglie dell’UE dovrebbero beneficiare di una connettività Gigabit e tutte le zone abitate dovrebbero essere coperte dal 5G. Così Mila Fiordalisi nell’articolo su questo aspetto: Riguardo alla banda ultralarga l’obiettivo è consentire l’accesso alle reti ultraveloci alla totalità dei cittadini e in particolare alle aziende con la messa in opera di 10.000 nodi edge distribuiti sui territori in modo tale da garantire l’accesso ai servizi dati a bassa latenza. Ed è sulle Pmi in particolare che sono puntati i riflettori: la nuova strategia mira a spingere l’adozione del cloud almeno nel 75% delle imprese così come di big data e intelligenza artificiale e abbattere il digital gap portando a meno del 10% la percentuale delle aziende a basso livello di “digital intensity”. Ancora: l’Europa aumenterà la pipeline delle scale up innovative e migliorerà il loro accesso ai finanziamenti, portando a raddoppiare il numero di unicorni nel Continente.
Sul fronte della digitalizzazione dei servizi pubblici, entro il 2030 si punta all’erogazione del 100% dei servizi pubblici essenziali per i cittadini e le imprese europee e all’accesso alle cartelle cliniche elettroniche anche in questo caso con copertura del 100% della popolazione. È fissato all’80% il tetto di utilizzo di soluzioni di identità digitale.
Ci sono opere autostradali pronte a partire per un valore di circa 8 miliardi. Quando inizieranno i lavori? Non appena si sbloccherà il negoziato CdP-Atlantia sulla proprietà di Società Autostrade. Al tema dedica lo scorso 8 marzo un articolo Affari & Finanza de La Repubblica. Paolo Possamai ricorda prima di tutto come i progetti comprendono in particolare aree per la ricarica elettrica e infrastrutture telematiche. Si dovrebbe generare una forte spinta all’innovazione tecnologica e alla ricerca applicata, per trasformare il network autostradale in Smart Road. Otto miliardi di lavori che potrebbero partire domani. Tariffe modulabili in base ai tempi di percorrenza e alle code causate dai cantieri. Digitale e green al servizio di chi viaggia. Dietro le quinte della danza macabra generata dal crollo del ponte Morandi, in Autostrade per l’Italia sta maturando una mezza rivoluzione.
Dal piano operativo completo emergono poi altri dettagli rilevanti. Considerando che esisteva un precedente progetto sottoposto al governo ma di fatto mai approvato e risalente a giugno 2018 in cui la società si impegnava a investire complessivamente tra il 2020 e il 2023 4,8 miliardi. Rispetto a quella somma si aggiungono dunque altri miliardi, in un piano di ammodernamento della rete che comprende anche focus specifici sulla sicurezza di ponti e viadotti.
Sempre nell’articolo, Paolo Possamai ricorda …è di recente avvenuta la nascita di Tecne, società di ingegneri che si occuperà di progettazione, direzione lavori, coordinamento sicurezza. A oggi sono 500 ingegneri, entro il 2023 raddoppieranno con un piano di assunzioni partito in questi giorni. Diventerà il più importante polo di ingegneria per le infrastrutture italiano. (…) Passiamo a due capitoli nuovi nell’architettura societaria e di missione del gruppo autostradale. Digitale. Anche qui, Autostrade Tech è uno spin off di Aspi, primo operatore in Italia e terzo in Europa per soluzioni digitali per la gestione di infrastrutture. Nell’arco di un paio d’anni Autostrade Tech lancerà una serie di progetti fortemente innovativi. Esempio: piattaforme digitali per il monitoraggio di ponti e viadotti (con Ibm e Fincantieri): protocolli di comunicazione tra veicolo e infrastruttura per abilitare la Smart Road; prenotazione e pagamento cashless nelle aree di servizio.