In queste settimane tra Camera e Senato si discute di un tema sempre più importante nell’ambito del forte sviluppo della digitalizzazione: il regolamento «in materia di notifiche degli incidenti aventi impatto su reti, sistemi informativi e servizi informatici» inviato da Palazzo Chigi con uno schema di Dpcm (Decreto del presidente del Consiglio dei ministri).

Ne parla diffusamente il quotidiano Il Sole 24 Ore in un articolo a firma Marco Ludovico, pubblicato il 31 gennaio: L’incidente va notificato al Csirt (Computer security incident response team) del Dis, dipartimento informazioni e sicurezza della presidenza del Consiglio. In caso di soggetti pubblici, il Dis invia poi le notifiche al Ministero dell’Interno; se sono privati, al dicastero dello Sviluppo Economico. Gli enti colpiti, comunque, devono essere pronti a integrare la denuncia al più presto con le nuove informazioni e criticità sopraggiunte. È una rivoluzione per gli enti del cosiddetto perimetro di sicurezza nazionale cibernetica: soggetti pubblici ed operatori economici privati che svolgono funzioni essenziali per lo Stato o servizi «per il mantenimento di attività civili, sociali ed economiche fondamentali per gli interessi dello Stato». Il malfunzionamento delle loro reti, sistemi e servizi informatici può generare un rischio per la sicurezza nazionale.

Sempre nell’articolo si ricorda come il testo definisce le notifiche per gli attacchi, le misure di sicurezza da adottare, la classificazione degli incidenti e le azioni minime per la tutela delle informazioni. L’elenco degli incidenti è stato ripartito in quelli più gravi (infezione, guasto, installazione, movimenti laterali e azioni sugli obiettivi), con tempo massimo di notifica un’ora, e meno gravi, fino a sei ore per la denuncia.

A tale proposito scrive Marco Ludovico: Dopo l’attacco l’ente deve definire e avviare i piani di attuazione e ripristino e trasmettere al Csirt una relazione tecnica. A meno che, va messo nel conto, l’autorità giudiziaria non abbia comunicato esigenze di segretezza per l’azione investigativa. Ci sono poi 31 pagine di “allegato B” al decreto sulle misure di sicurezza da adottare, ecco i titoli: Identificazione, Protezione, Rilevamento, Risposta, Recupero. C’è anche il quadro sulla tutela delle informazioni con «l’ausilio di strumenti elettronici» in dieci indicazioni; più quelle «per la sicurezza fisica e documentale» in sette prescrizioni. Tra le imprese, dunque, non mancano dubbi e riserve. Osserva Andrea Chittaro, presidente di Aipsa (associazione italiana professionisti security aziendale): «L’intenzione è condivisibile ma il lavoro per le imprese sarà enorme. Il rischio è di conferire tante informazioni poco vagliate. A discapito della qualità»

L’iniziativa di TIM si basa su un modello del coinvestimento aperto previsto dal nuovo Codice e rappresenta il primo caso di questo tipo in Europa su scala nazionale.
Tramite l’applicazione delle previsioni del Codice, TIM potrà incentivare gli investimenti in fibra sostituendo l’infrastruttura in rame con l’aiuto di altri investitori. Inoltre, come richiesto dal nuovo Codice Europeo, il modello di partecipazione al coinvestimento è basato su una effettiva condivisione del rischio a lungo termine per la realizzazione della rete FTTH. Sarà l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) chiamata a valutare l’offerta di coinvestimento ai sensi del nuovo Codice Europeo delle Comunicazioni elettroniche e ad assumere i conseguenti provvedimenti.
Lo ricorda anche uno specifico articolo a firma Federico De Rosa pubblicato su Il Corriere della Sera del 30 gennaio, nel quale si sottolinea come potranno investire nella fibra anche utility: …che potranno partecipare per esempio a livello locale per aggiungere la fibra ottica ai servizi già forniti. Sarà infatti possibile aderire al coinvestimento per porzioni di territorio (una città o anche un singolo quartiere). L’offerta prevede inoltre la possibilità di apportare asset o di investire direttamente nel capitale di FiberCop (l’opzione dura un anno, fino a gennaio 2022) affiancando TIM, KKR e Fastweb nella società a cui è stata conferita la rete telefonica secondaria (il tratto che dagli armadi in strada arriva fino alle case) per lo switch-off con la fibra.

L’offerta di coinvestimento inviata all’AGCOM riguarda circa il 75% delle unità immobiliari presenti nelle aree grigie e nere del Paese e prevede la fornitura di servizi di accesso all’ingrosso su rete FTTH, fruibili con diverse soluzioni tecniche. Grazie a questo progetto l’operatore prevede di offrire soluzioni FTTH in 1.610 Comuni del territorio nazionale entro il 2025. A tal proposito, TIM ha evidenziato che l’architettura di rete in fibra che verrà adottata permetterà di promuovere la competizione infrastrutturale tra gli operatori, semplificando i processi di migrazione dei clienti retail tra fornitori diversi.

Il centro è guidato da Carlo D’Asaro Biondo, da quasi un anno in Telecom, dopo aver trascorso dieci anni in Google, di cui era diventato presidente per l’Europa. Noovle avrà come partner strategico proprio Google. La sede centrale di Noovle sarà nel palazzo Telecom di via Negri a Milano. 18 gli uffici in tutta Italia. Ad affiancare l’AD come presidente ci sarà Mariarosaria Taddeo, professoressa associata all’Università di Oxford, dove il ricopre il ruolo di senior research fellow e vicedirettore del Digital Ethics Lab all’Oxford Internet Institute.

Il quotidiano Il Sole 24 Ore ha pubblicato lo scorso 26 gennaio un’intervista a Carlo D’Asaro Biondo, condotta da Antonella Oliveri, che fra le diverse domande, chiede: Google diventerà azionista di Noovle? Google è il partner di riferimento per il cloud pubblico di Noovle che ci consente di rafforzare le nostre offerte di cloud privato e ibrido già in essere. Google si avvarrà delle infrastrutture presenti nei nostri Data Center e dedicherà all’accordo oltre 50 specialisti per crescere insieme sul mercato dei prodotti e servizi cloud. Ma non è socio e non lo diventerà. I Data Center non potevano restare all’interno di Telecom? Non sarebbe stata una soluzione altrettanto efficiente. Con Luigi Gubitosi abbiamo condiviso l’idea che si tratta di un nuovo segmento di business che richiede professionalità e un modo di lavorare diversi. Ci sono grandi vantaggi nel costituire una società ad Hoc. Con Noovle abbiamo acquisito competenze nuove: oltre ai 160 dipendenti dell’azienda rilevata a maggio, dall’esterno abbiamo assunto un’altra quarantina di persone, tra i quali dieci dirigenti, che andranno ad aggiungersi alle numerose professionalità trasferite da Tim. I rapporti con i clienti – medie e grandi imprese, pubblica amministrazione, centrale e locale – saranno gestiti dalla forza vendita di Tim che dispone di una rete di 2mila addetti.

Quale è il progetto? Tim lavora sul cloud da diversi anni, ha la più capillare e avanzata rete italiana di Data Center ed è già leader di mercato con la sua offerta. Noovle si propone quindi ora sul mercato come il primo centro di eccellenza italiano per il cloud e l’Edge Computing. L’obiettivo è quello di offrire servizi innovativi di cloud alle imprese – dalle pmi alla grande industria -, e alla pubblica amministrazione, accelerando la trasformazione digitale del Paese. Il tutto in un ambiente cloud sicuro e localizzato all’interno dell’Italia. Il controllo resterà a Telecom? Come già comunicato al mercato da Gubitosi, il controllo resterà a Tim, che si riserva comunque la possibilità di far entrare un partner finanziario o in prospettiva di valutare un’Ipo. Prospettive e obiettivi di crescita? L’obiettivo di Noovle è di raggiungere un fatturato di 1 miliardo, con un cagr dell’ordine del 20%, e 400 milioni di Ebitda entro il 2024. Sono tre le tipologie di servizi offerti: c’è la collocation, cioè l’affitto di spazi nei Data Center; il mercato delle piattaforme cloud e i servizi di design, migrazione e gestione delle attività cloud. Per Tim si tratta di un’attività strategica in un mercato che cresce in misura rilevante: è l’opportunità di cogliere appieno l’accelerazione digitale offerta dallo sviluppo dell’Edge Computing (il cloud di prossimità) e evolvere da Telco tradizionale a società di servizi digitali all’avanguardia. Tutto ciò prima di considerare che all’interno del Next Generation EU sono previsti 46 miliardi per il digitale italiano e il cloud è tra le aree che ne beneficeranno.

Un piano da 28 miliardi di euro focalizzato sui temi dell’alta velocità e della logistica. È quello previsto dal Gruppo FS Italiane per aggiornare e migliorare molteplici infrastrutture. Per realizzare il piano si prevedono investimenti di 28,3 miliardi di euro. Il Gruppo FS ha creato una task force che avrà il compito di velocizzare la start up del mega progetto, seguendo un apposito cronoprogramma. Le opere dovranno essere consegnate entro il 2027. All’argomento dedica uno specifico articolo il quotidiano La Repubblica, a firma Lucio Cillis, pubblicato il 26 gennaio: Si tratta in gran parte di lavori infrastrutturali, dalle strade alle ferrovie, ma anche interventi di digitalizzazione e upgrade dei sistemi attualmente utilizzati per monitorare traffico, treni e strade, che saranno seguiti da una squadra di manager di primissima linea coordinati dal numero uno di FS Gianfranco Battisti.

L’impegno, affidato a Rete Ferroviaria Italiana per i treni e ad Anas, per la parte stradale è diviso in due componenti e ha l’obiettivo di realizzare un sistema infrastrutturale di mobilità moderno, digitalizzato e sostenibile dal punto di vista ambientale. Nell’articolo di Cilli si legge: Complessivamente in gioco ci sono 31,98 miliardi, 26,7 dei quali destinati a «opere ferroviarie per la mobilità e la connessione veloce del Paese». Si tratta di 11,2 miliardi già stanziati per cantieri aperti e 15,5 per nuovi progetti. Un altro miliardo e 600 milioni andranno alla voce “messa in sicurezza e monitoraggio digitale di strade, viadotti e ponti” e 3,68 miliardi al piano per “intermodalità e logistica integrata”. La prima parte, dedicata a “Alta velocità di rete e manutenzione stradale 4.0”, si focalizza sulle grandi linee di comunicazione del Paese: in primo luogo quelle ferroviarie che saranno migliorate grazie all’installazione del sistema European Rail Traffic Management System (Ertms) sull’intera rete nazionale. Inoltre, sono previsti alcuni investimenti per la messa in sicurezza e il monitoraggio di viadotti e ponti stradali nelle aree del territorio che presentano maggiori criticità. La seconda componente, o “Intermodalità e logistica integrata”, prevede un programma nazionale di investimenti per il sistema portuale «competitivo e sostenibile dal punto di vista ambientale per sviluppare i traffici collegati alle grandi linee di comunicazione europee». Tra le opere individuate ci sono nodi strategici per il nostro Paese: nel Settentrione c’è il Quadrante Nord Est con il tunnel base del Brennero e tratte di accesso al valico. Nell’area verrà completato il corridoio Scandinavia-Mediterraneo.

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