Il Presidente del Consiglio ha dichiarato nei giorni scorsi che il punto fermo per il Governo è la tutela di occupazione, infrastrutture e tecnologia di Tim. In particolare sulle infrastrutture ha ribadito che all’interno della società ci sono delle realtà tecnologiche di primo ordine. Ed ha anche sottolineato come la configurazione societaria che verrà creata o a cui si perverrà attraverso l’azione degli azionisti attuali o attraverso anche l’azione di Governo dovrà permettere il raggiungimento dei tre obiettivi prima ricordati. In questo quadro, ha tenuto ancora ha precisare il premier, «non c’è una strada predeterminata» e il Governo «non è in condizione» di definire una strada o meno.
Riprende il tema il Corriere della Sera in un articolo a firma Giovanni Pons, pubblicato lo scorso 24 dicembre: Su Tim va in onda il grande stallo di Natale. L’impasse è palpabile su vari fronti anche se la situazione potrebbe sbloccarsi una volta passare le feste e forse anche quando si saprà se il premier Mario Draghi salirà al Quirinale oppure resterà a Palazzo Chigi. In questo momento la società ha un direttore generale, Pietro Labriola, ma non un amministratore delegato e il Cda ha incaricato Spencer Stuard per individuare altri candidati a guidare l’azienda, oltre allo stesso Labriola. (…) Si vedrà se con il primo Cda di gennaio la casella AD verrà coperta. Poi c’è lo stallo riguardante la risposta che il Cda Tim deve dare al fondo Kkr che ha intenzione di lanciare un’Opa a 0,505 euro. Non essendoci una data limite e con gli advisor di entrambe le parti (Goldman Sachs e Liontree per Tim e Jp Morgan, Morgan Stanley e Citi per Kkr) che si stanno parlando, non è chiaro quando una risposta arriverà e se effettivamente aprirà le porte a una delle diligence, come chiedono gli americani. Questi fanno trapelare informalmente che se il Cda Tim prenderà troppo tempo per rispondere potrebbero decidere di andare avanti lo stesso, lanciando una vera e propria Opa ex art.102 del Tuf. Ma anche questa possibilità si scontra con il fatto che l’operazione deve avere il via libera del governo, che può fermare l’acquisizione attraverso il golden power.
L’articolo di Giovanni Pons continua sottolineando come se il governo italiano avesse già preso una posizione chiara, probabilmente Kkr avrebbe già presentato un’offerta vincolante. E a questo punto la visuale si sposta su Roma deve tutto sta ruotando intorno al futuro di Draghi.
È giunta al Senato la proposta governativa inerente i nuovi incentivi per lo sviluppo industriale. Alla Camera la legge di bilancio è attesa dalla fiducia e dunque l’impianto si può considerare definitivo. Confermato il netto ridimensionamento degli incentivi fiscali 4.0, seppure prolungati per più anni. Lo scorso 24 dicembre ha dedicato al tema un articolo il quotidiano Il Sole 24 Ore, con un approfondimento a firma di Carmine Fotina: Il 2022 sarà l’ultimo anno utile per usufruire del credito d’imposta per i beni strumentali tradizionali (l’ex “superammortamento”), con aliquota al 6%. Il credito d’imposta per i beni tecnologici 4.0 (l’ex “iperammortamento”) viene invece prorogato al 2025 (con slittamento a metà 2026 per le consegne con acconto di almeno il 20% entro il 31 dicembre 2025) nella misura del 20% per la quota di spesa fino a 2,5 milioni, del 10% tra 2,5 e 10 milioni e del 5% oltre 10 milioni e comunque fino a 20 milioni. Si tratta di un dimezzamento rispetto alle aliquote del 2022, che sono rispettivamente del 40, del 20 e del 10%. Per quanto riguarda i beni immateriali digitali (software incluse soluzioni di cloud computing), fino al 2023, con coda a metà 2024 per le consegne, il credito d’imposta sarà ancora riconosciuto in misura del 20% fino a un tetto di beneficio di 1 milione, ma l’anno successivo si passerà al 15%; nel 2025 e sempre con allungamento al giugno successivo per le consegne si scenderà ancora, al 10%.
Nell’articolo si ricorda anche come èprevista una lunga proroga per il credito d’imposta per ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale, fino al 2031. Ma l’aliquota cala dal 20 al 10% mentre il limite massimo annuale viene innalzato da 4 a 5 milioni di euro. E ancora: Prolungamento anche per il bonus su attività di innovazione tecnologica: sempre al 10%, nel limite di 2 milioni, fino al 2023. Poi scatta la diminuzione al 5% nel 2024 e 2025, ultimo anno di agevolazione. Décalage anche per i progetti di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0, dal 15% del 2022 al 10% del 2023 e al 5% del 2024 e 2025. Il beneficio massimo viene però raddoppiato da 2 a 4 milioni. Il credito d’imposta per il design andrà avanti con aliquota del 10% entro 2 milioni di beneficio fino al 2023, poi 5% nel 2024 e 2025. Non c’è invece la proroga del credito d’imposta per attività in formazione su tecnologie 4.0. Questa misura resta attualmente attiva fino al 2022 al 50% per micro e Pmi, al 40% per le medie imprese e al 30% per le grandi.
L’articolo si conclude con un focus sull’incentivo per l’acquisto e il leasing di beni strumentali, la cosiddetta “Nuova Sabatini”, che viene rifinanziato per 900 milioni fino al 2027. È però ripristinata l’erogazione in più quote e la possibilità di ricevere tutto in un’unica tranche, che favorisce le aziende in termini di liquidità, viene di nuovo limitata ai finanziamenti fino a 200mila euro.
È il progetto della cordata Tim, Cassa depositi e prestiti, Leonardo e Sogei a essere stato scelto per sviluppare il Polo strategico nazionale (Psn) del cloud per la Pubblica Amministrazione. La gara potrebbe essere bandita già nelle prime settimane del 2022.
Dedica attenzione al tema Cor.Com – Il Corriere delle Comunicazioni in un editoriale del suo Direttore Mila Fiordalisi, pubblicato lo scorso 27 dicembre: È il progetto a firma di Tim, Cassa depositi e prestiti, Sogei e Leonardo a risultare “vincitore”, fra quelli sottoposti al ministro della Trasformazione digitale Vittorio Colao, per la realizzazione del Polo strategico nazionale – si erano candidati anche Almaviva-Aruba e Fastweb-Engineering. La proposta – sottoposta al vaglio degli esperti del Dipartimento per la Trasformazione digitale con l’ausilio del ministro della Trasformazione digitale, di un advisor finanziario, delle competenti strutture della Presidenza del Consiglio e degli esperti dell’Agenzia nazionale per la cybersicurezza – è risultata “quella che rispecchia pienamente e in misura del tutto soddisfacente i requisiti espressi nella Policy Cloud Italia presentata il 7 settembre – si legge nella nota in cui si annuncia la decisione. La proposta soddisfa in particolare i requisiti di completezza dei servizi cloud e di sicurezza dei dati “strategici” e “critici” della PA integrandosi con servizi di assistenza alla migrazione delle Pubbliche Amministrazioni e di formazione del personale della PA”.
Come ricorda la stessa Fiordalisi nel suo articolo, il progetto verrà pubblicato e messo a gara attraverso un apposito bando curato dalla società Difesa Servizi, in-house del Ministero della Difesa. E conclude: E stando a quanto annuncia il ministro dell’Innovazione si prevede che il bando possa essere pubblicato nelle prime settimane del 2022, per poter permettere l’avvio dei lavori entro la seconda metà dell’anno. Il controllo pubblico del Psn, nelle intenzioni del Ministro, sarà assicurato da un contratto di concessione a favore della cordata assegnataria del bando di gara. Per il progetto sono a disposizione 1,9 miliardi di euro del Pnrr. La migrazione delle amministrazioni verrà avviata a partire dalla fine del 2022 per concludersi entro la fine del 2025.
Rete ferroviaria italiana (Rfi) ha pubblicato un bando di gara europeo del valore di 2,7 miliardi di euro per lo sviluppo tecnologico della rete ed in particolare per attrezzare con tecnologia Ertms 3.400 chilometri entro il 2026. Il sistema europeo sarà installato su 76 treni ibridi e 12 convogli alta velocità. Dedica attenzione al tema Il Sole 24 Ore in un articolo a firma Marco Morino, pubblicato il 28 dicembre: L’European rail traffic management system (Ertms) è il sistema tecnologico ferroviario scelto come linguaggio comune europeo: questo apparato di comando e controllo dei treni favorisce, infatti, l’interoperabilità tra operatori ferroviari provenienti da nazioni diverse, migliorando le prestazioni e garantendo maggiore sicurezza. La pubblicazione del bando di gara è in linea con gli impegni stabiliti dal Pnrr che prevede di attrezzare, con la tecnologia Ertms, 3.400 chilometri di rete ferroviaria entro il 2026. A novembre, Rfi aveva già pubblicato un bando per 700 chilometri di linee in Sicilia, Lazio, Abruzzo e Umbria. L’indirizzo strategico di Rfi è di accelerare l’installazione dell’Ertms su tutta la propria rete entro il 2036, in armonia con gli investimenti tecnologici di rinnovo degli apparati di stazione digitali già in corso, andando progressivamente a sostituire i sistemi di segnalamento preesistenti con tecnologia tutta digitale e interoperabile. Una volta terminata l’installazione, la rete ferroviaria italiana conterà circa 16.800 chilometri dotati di Ertms, con il rinnovo di tutto il sistema di comando, controllo e segnalamento.
Come ricorda lo stesso articolista de Il Sole 24 Ore, le risorse messe in campo e gli ingenti investimenti confermano il forte incentivo all’utilizzo del treno, un mezzo di trasporto considerato sicuro e sostenibile. L’adozione dell’Ertms consente di aumentare ancora di più il livello di sicurezza degli spostamenti, garantendo alte prestazioni in termini di puntualità e regolarità. Un motivo in più per scegliere di viaggiare sui binari. Rientra in questa logica di crescita incentivante l’avvio della linea del Frecciarossa verso la Francia, in servizio a partire dallo scorso 18 dicembre lungo la linea Milano-Torino-Lione-Parigi. Trenitalia è il primo operatore a entrare in Francia dall’apertura del mercato ferroviario alla concorrenza. Le prossime tappe saranno: la Grecia (linea Atene-Salonicco, al via nel primo trimestre del 2022) e la Spagna, dove il Frecciarossa inizierà a viaggiare sui binari iberici dell’alta velocità tra circa un anno. Si partirà con la rotta Madrid-Barcellona.
Finanziato dall’Unione europea attraverso i fondi del Next Generation Eu, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è una prospettiva determinante per l’Italia e tutte le istituzioni sono chiamate a partecipare, come ha sottolineato più volte anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Sul Pnrr la parola d’ordine adesso è «accelerare». Se ne parlato all’evento “Italiadomani – Dialoghi sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” tenutosi a Milano lo scorso 13 dicembre. Hanno partecipato due ministri chiave del governo Draghi, responsabili di digitale e transizione verde, per la messa a terra dei progetti che serviranno a modernizzare, a rilanciare e anche a rendere più sostenibile l’Italia. Alle dichiarazioni dei due ministri dedica attenzione il Corriere della Sera, con un articolo a firma di Giuliana Ferraino pubblicato lo scorso 24 dicembre:
«Nel 2026 vogliamo essere fra i migliori in Europa, dobbiamo partire subito e fare molto in fretta. Il 2022 è l’anno in cui tutto parte», afferma Vittorio Colao, ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale, a Italiadomani – Dialoghi sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il roadshow promosso dalla Presidenza del Consiglio per comunicare con cittadini, imprese e amministrazioni locali i contenuti e le opportunità del Pnrr. «Sulla fibra stiamo preparando i bandi: a gennaio ci saranno le gare, che verranno assegnate a giugno. E a luglio si vedranno le persone che scavano nelle città», aggiunge il ministro. Che ammette: «Sul 5G siamo leggermente più indietro, le gare saranno a marzo, perché siamo il primo Paese europeo a intervenire con i sussidi». Però sul digitale «per il Cloud, prima di Natale annunceremo quale sarà la proposta prescelta», anticipa Colao. E per le scuole «entro la metà dell’anno potremo partire».
Come è stato ricordato durante il convegno ai blocchi di partenza anche la rivoluzione green. Così nell’articolo di Giuliana Ferraiono: Nel 2022 sono previsti 34,69 miliardi di investimenti per la transizione ecologia, dice Roberto Cingolani, il ministro che ne è responsabile. Quanto al fronte della sanità digitale, in particolare il fascicolo sanitario e la telemedicina, il governo sta approvando il disegno di una piattaforma nazionale. E «la Lombardia è una delle Regioni bandiera», sostiene Colao. L’idea è di «partire con gare a febbraio per una piattaforma nazionale e ad aprile per quelle verticali».
Il virtuale e il web consumano molta energia. Lo ricorda il ministro Cingolani, capo del dicastero della Transizione ecologica, che rivolgendosi ai giovani invita a moderare l’impiego Internet. Un significativo appello pronunciato durante una videoconferenza con 17mila studenti di scuole medie e superiori. Riporta la notizia il quotidiano La Repubblica, con un articolo a firma Jaime d’Alessandro: “Un atto di responsabilità è capire che l’utilizzo smodato dei social non è gratis”, ha spiegato, “vi sembrano gratis perché in realtà il prodotto siete voi. E quando mandate delle inutili fotografie qualcuno le paga e hanno un impatto maggiore di quel che pensate. Il traffico aereo produce il 2% della CO2, il digitale arriva al 4 e metà viene dai social.
Non solo, Cingolani invita anche ad evitare di cambiare i propri dispositivi elettronici quanto più possibile, ad utilizzare mezzi alternativi di trasporto come la bicicletta e ad evitare lo spreco di cibo. Limitare l’uso dello smartphone è una richiesta di grande importanza. L’appello del ministro Cingolani ai giovani trova sostegno nei risultati di numerosi studi sull’impatto che internet e l’uso degli smartphone hanno sul pianeta. Tra questi spicca CodeCarbon, un software per la stima degli effetti del web sul clima. La sua creazione si deve a Yashua Bengio, informatico francese del Montreal Institute for Learning Algorithms (Mila): “Stimare quel che accade, con precisione, è il primo passo per migliorare la situazione” spiega Bengio. L’idea è sostenuta anche dalla Royal Society, secondo cui nel 2020 il digitale è stato responsabile dell’emissione di gas serra per una percentuale che va dall’1,4 al 5,9. In altre parole, se internet fosse una nazione si inserirebbe al quarto posto tra gli Stati più inquinanti, dopo Cina, Stati Uniti e India. I quattro miliardi di “cittadini” di internet immettono circa 400 grammi di anidride carbonica all’anno. Un dato vicino alla quota di emissioni che raggiunge un’auto a benzina nel percorrere due o tre chilometri. La Lancaster University ha calcolato che, in termini di emissioni, la riduzione del numero di email inviate, evitando quelle superflue, equivarrebbe all’eliminazione di 3300 macchine diesel dalle strade. Nello specifico, la Bbc riporta che l’invio di un messaggio tramite Whatsapp o Facebook Messanger produce poco meno di 4 grammi di carbonio, mentre un tweet emette 0,2 grammi. Quando invece si inviano foto, emoji o gif si arriva a 50 grammi di CO2.
Continua a crescere la domanda di macchine utensili, che consente nelle stime dell’ufficio studi di Ucimu-Sistemi per produrre di chiudere l’anno con incrementi a doppia cifra per i principali indicatori. Preoccupa però il problema delle forniture: o tempi medi di ottenimento delle forniture si sono ampliati fino a triplicare, costringendo i costruttori di macchine utensili a dilazionare a loro volta le consegne. Ne parla il quotidiano Il sole 24 ore in un articolo a firma Luca Orlando, servizio pubblicato lo scorso 15 dicembre, che inizia con un focus sulla produzione: …in progresso di 22 punti a 6,32 miliardi (i ricavi aggregati tenendo conto di manutenzioni e montaggi salgono a 9,2 miliardi), andando quasi a chiudere il gap rispetto al periodo pre-Covid. Distanza che verrà chiusa il prossimo anno, grazie al progresso di altri 11 punti che porterà l’intero settore al nuovo primato assoluto, oltre il record precedente del 2018. Andamenti, sia per l’anno in corso che per il 2022, che vedono per una volta l’Italia protagonista principale, con il mercato interno a sviluppare performance superiori rispetto all’export. In crescita a doppia cifra ma comunque ancora in parte penalizzato dai vincoli alla mobilità individuale che ostacolano trattative e installazioni. Mentre in Italia è ben visibile l’effetto degli incentivi agli investimenti in nuove tecnologie.
Nell’articolo si evidenzia come se la massa di commesse è a livelli record, in grado di garantire quasi otto mesi di lavoro, la survey realizzata tra i costruttori evidenzia come i tempi medi delle forniture passino da 1,5 a 4,5 mesi, portando ad un quasi raddoppio le tempistiche di consegna degli impianti, passate da cinque a nove mesi: Vincoli che tuttavia non mutano il quadro d’insieme, con un 2022 in cui si prevede una produzione per la prima volta oltre i sette miliardi, così come da record sarà il consumo interno di robot, oltre i 5,2 miliardi. «Ecco perché – aggiunge Barbara Colombo (Presidente UCIMU) – crediamo che i provvedimenti di incentivo alla sostituzione di macchinari obsoleti e alla digitalizzazione degli impianti produttivi dovrebbero a nostro avviso divenire strutturali, in modo da accompagnare le aziende manifatturiere italiane – per lo più Pmi a conduzione familiare e dunque con limitata disponibilità ad investire – in un processo di aggiornamento continuo. L’indagine sul parco macchine utensili ha evidenziato proprio questo percorso: nel periodo 2015-2019, in coincidenza dei piani per la transizione 4.0, sono entrate nelle fabbriche italiane 60mila nuove macchine, il 50% in più delle macchine acquisite nel quinquennio precedente. Sei su dieci di queste erano dotate di controlli digitali, dal 37% della rilevazione precedente».
Luigi Gubitosi lascia il Cda di Telecom Italia spianando di fatto la strada alla sua successione. Il board ha infatti approvato all’unanimità l’accordo raggiunto tra il manager e l’azienda. Per il top manager non sarebbe prevista alcuna maxi buonuscita ma solo il rispetto di quanto previsto dal contratto. Dedica attenzione al tema Cor.Com – Il Corriere delle Comunicazioni in un articolo a firma del Direttore Mila Fiordalisi, pubblicato lo scorso 17 dicembre:
L’ex Ad di Tim Luigi Gubitosi si appresta a lasciare il suo posto in Consiglio di amministrazione. Per il neo direttore generale Pietro Labriola, ceo di Tim Brasil, si spiana dunque la strada per l’ingresso nel Consiglio e la nomina ad amministratore delegato. Se Gubitosi non avesse lasciato, l’unica opzione sarebbe stata la rinuncia, da parte dell’azionista di maggioranza Vivendi, a uno dei suoi tre consiglieri nel board per consentire l’ingresso di Labriola. Secondo quanto rende noto Tim in una nota, Gubitosi – che oggi non ha partecipato al Cda – ha trovato un accordo con Tim nel rispetto di quanto previsto dal contratto, incluse le manleve, ma senza “maxi” buonuscita come ipotizzato da indiscrezioni di stampa. Il passo indietro sarebbe maturato nello spirito della lettera in cui il manager ha spiegato le ragioni della rinuncia alle deleghe da amministratore delegato e da direttore generale.
Come ricorda ancora Mila Fiordalisi nel suo articolo, una specifica nota di Tim a seguito del CdA chiarisce come “Al momento sono in corso una valutazione dettagliata della manifestazione indicativa non vincolante e un’analisi comparativa della stessa rispetto ad alternative strategiche e prospettive future della società, mirate a decidere, tra le altre cose, se dare accesso alla due diligence richiesta da Kkr. Inoltre si ricorda, come annunciato il 15 dicembre, che il management sta intraprendendo una revisione del piano”, si legge nella nota di Tim a seguito del CDA che si è concluso alle 21. “Questo processo è complesso e richiederà dei tempi che in questo momento non sono quantificabili. Il Consiglio e il Comitato si impegnano a procedere, con il supporto degli advisor, in maniera tempestiva ed esauriente, in linea con i doveri fiduciari e nell’interesse di tutti gli stakeholders”.
Il 17 dicembre prossimo è in calendario un nuovo, importante consiglio di amministrazione di Tim. Diversi i temi in discussione, alla luce anche delle dichiarazioni dell’azionista Vivendi, che di fatto ha “aperto” ad una eventuale maggioranza dello Stato nella rete Tim. Come riportato da diversi organi di stampa, così si è espresso il socio di maggioranza francese: «Certamente puntiamo a riportare Tim su una traiettoria di crescita. Le valutazioni in corso vertono su questo obiettivo. Vivendi è interessata a qualsiasi soluzione che promuova l’efficienza e la modernità infrastrutturale della rete, preservando il valore del proprio investimento. In questa prospettiva – dichiara un portavoce del gruppo francese – l’ipotesi di un controllo statale della rete, se fosse propedeutico a un progetto strategico a guida istituzionale verrà certamente valutata con apertura».
Dedica attenzione agli sviluppi dell’organigramma di TIM Il Sole 24 Ore, con un articolo pubblicato lo scorso 8 dicembre: Come emerso da una nota del gruppo, Stefano Siragusadiventa deputy dg e torna a guidare le attività wholesale mentre vengono nuovamente divise le aree business e consumer, in precedenza sotto la direzione unica di Siragusa, affidandole rispettivamente a Mancini e ad interim allo stesso Labriola. Secondo Equita “Labriola sembra quindi intenzionato a ridurre al minimo indispensabile i cambiamenti dei manageriali apicali”. Tim, intanto, si è dotata degli advisor per valutare non solo l’offerta di Kkr , ma anche altre opzioni. Alla prossima riunione del 17 dicembre, il Board dovrà esprimersi sulla manifestazione d’interesse avanzata dal fondo americano più di due settimane fa, visto che il cda del 21 novembre si era limitato a prenderne atto.
Il Sole 24 Ore sottolinea che difficilmente il cda potrà ammettere Kkr alla due diligence sulla base del prezzo indicativo presentato e spiega cheun eventuale patto tra Vivendi e Cdp non farebbe scattare obbligo di Opa in capo ai paciscenti in quanto le partecipazioni sono state acquisite da oltre 12 mesi. “In caso di patto, la capacità di Cdp e Vivendi di definire la strategia aziendale sarebbe rafforzata e sarebbe un messaggio importante sulla posizione di Cdp”, sottolinea Equita, che ricorda però che “gli azionisti possono recedere dai patti senza preavviso in caso di Opa”.
Il Consiglio di Amministrazione di Open Fiber ha approvato il nuovo piano industriale dell’azienda partecipata da CDP Equity al 60% e da Macquarie Asset Management al 40%. Il nuovo piano, con orizzonte 2022-2031, si caratterizza rispetto al precedente per l’estensione della copertura VHCN (Very High Capacity Network) anche alle cosiddette aree grigie – le zone in cui è presente un unico operatore di rete e dove nessun altro operatore ha in progetto di sviluppare una rete NGA (Next Generation Access) – a partire da quelle che saranno interessate nei prossimi mesi dai bandi di gara lanciati dal Ministero per la Transizione Tecnologica e Digitale (MITD) nell’ambito del Piano Italia 1 Giga. Dedica attenzione al tema Il Corriere della Sera con un articolo a firma Federico De Rosa, pubblicato lo scorso 10 dicembre:
Open Fiber alza il velo sul nuovo piano strategico, approvato la scorsa settimana dalla Cassa depositi e prestiti e dal fondo Macquarie. La novità, ha spiegato ieri l’amministratore delegato, Mario Rossetti, è che nel nuovo piano «si affronta anche il tema delle aree grigie: parteciperemo a tutti i bandi previsti dal Pnrr». Confermato l’impegno per completare la rete in fibra nelle «aree bianche», quelle a fallimento di mercato. «Nelle aree bianche abbiamo completato il 40% del piano – ha ammesso Rossetti -, ma il ritardo non è più giustificabile e l’obiettivo è completare il programma entro il 2023». Quanto alle «aree nere», quelle più ricche, «Open Fiber è più avanti dei concorrenti: FiberCop sta di fatto duplicando la nostra rete». Sinergie Rossetti non ne vede nell’immediato, ma l’amministratore delegato di Open Fiber è aperto a possibili coinvestimenti, «purché siano veri, non coinvestimenti che hanno solo valenza commerciale, consentano sinergie di costo e alla fine portino ad avere due infrastrutture proprietarie». Il manager ritiene che la dinamica del mercato delle tlc e la contrazione dei margini obblighi a «ripensare il modello e studiare soluzioni per investire in modo efficiente».
Nell’articolo si sottolinea come Rossetti ha ottenuto dalle banche 7,2 miliardi (ampliabili fino a 10 miliardi) per finanziare il nuovo piano; lo stesso Rossetti ha sottolineato come il piano «è stato condiviso passo dopo passo con la Cdp, che ha dato un forte supporto alla nuova strategia». Nell’articolo del Corriere si puntualizza inoltre come Uno snodo centrale del nuovo piano riguarda il personale, su cui Open Fiber farà grande attenzione al fine di garantire la realizzazione del programma: «Abbiamo la capacità di acquisire nuova forza lavoro nei cantieri» ha detto Rossetti, assicurando che Open Fiber adesso è nella traiettoria giusta per centrare l’obiettivo del piano nazionale «Italia a 1 Giga».