La Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) indica che fino ad oggi in Italia abbiamo speso meno di quanto inizialmente stimato dal PNRR. Sviluppo delle reti a banda ultralarga e digitalizzazione stanno “soffrendo” in particolare per i ritardi nel rendere operativi i cantieri delle infrastrutture. Freni imputabili prima di tutto alla burocrazia italiana. Dedica attenzione al tema il magazine Affari&Finanza, settimanale di La Repubblica, con un articolo a firma di Sibilla Di Palma pubblicato lo scorso 14 novembre: La parola d’ordine in tema di PNRR è accelerare, a maggior ragione a fronte di uno scenario macroeconomico in peggioramento. Nelle scorse settimane la Commissione europea ha dato l’ok all’invio al nostro Paese della seconda rata di finanziamenti da 21 miliardi di euro, riconoscendo il raggiungimento delle 45 scadenze che l’Italia doveva completare entro il primo semestre del 2022. Alcuni cantieri non sono ancora stati avviati, complice l’impennata dei prezzi relativa ai materiali e poi c’è il tema delle competenze all’interno di una pubblica amministrazione che negli anni è stata svuotata di personale e professionalità.
Come ricordato nell’articolo, se l’obiettivo del PNRR è consentire all’economia nazionale di incamminarsi su un percorso di crescita strutturale ben maggiore rispetto a quella degli ultimi venti anni, è inevitabile una svolta in chiave digital. Non a caso la Missione 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza si intitola “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura” e prevede lo stanziamento di oltre 49 miliardi di euro, su un importo totale di circa 248 miliardi.
Ancora nell’articolo: Nell’ambito della missione 1 il programma suddivide gli interventi lungo due assi principali. Il primo riguarda le infrastrutture digitali e la connettività a banda ultralarga, mentre il secondo tutti quegli interventi volti a trasformare la pubblica amministrazione in chiave digitale. Sul primo fronte, la nuova strategia europea Digital Compass stabilisce che entro il 2030 debba essere garantita una connettività a 1 gigabit per secondo (Gbps) per tutti e la piena copertura 5G delle aree popolate. Obiettivi che l’Italia ambisce a raggiungere entro il 2026 con l’aiuto del Pnrr.
L’articolo si conclude sottolineando come la transizione digitale si porta dietro ricadute sociali non di poco conto: Nel momento in cui buona parte delle attività quotidiane si spostano online, chi non ha accesso ai nuovi servizi rischia concretamente di restare escluso dalla vita sociale. Per questa ragione, tra le misure previste dal Pnrr vi è la previsione di creare le Reti di Facilitazione Digitale, 3mila punti dislocati lungo tutta la Penisola per favorire l’inclusione digitale di due milioni di cittadini. Si tratterà di punti di accesso fisici, solitamente situati in biblioteche, scuole o centri sociali. Un ruolo centrale in questo progetto lo rivestono le regioni, alle quali spetta il compito di emanare i bandi locali per l’individuazione dei punti di facilitazione e la selezione dei facilitatori, che potranno essere un dipendente di una struttura pubblica, un volontario di un’associazione, uno studente di scuola o dell’università nell’ambito di un tirocinio.
Con un evento organizzato in contemporanea nelle Università di Cagliari, Palermo e Salerno, Terna ha inaugurato ufficialmente lo scorso 14 novembre il Tyrrhenian Lab. Al via i tre Master di II livello promossi nell’ambito del progetto per il quale l’azienda che gestisce la rete elettrica nazionale investirà 100 milioni di euro nei prossimi 5 anni. Rivolge attenzione al tema il Corriere della Sera, con un articolo a firma di Simona Brandolini, pubblicato lo scorso 15 novembre: L’Ad di Terna, Stefano Donnarumma, inaugura il Tyrrhenian Lab nell’aula magna dell’Università di Salerno, con l’avvio del nuovo Master in Digitalizzazione del sistema elettrico per la transizione energetica. E se il il Tyrrhenian link è il principale investimento infrastrutturale dell’azienda (4 miliardi in 10 anni), il Tyrrehnian lab sarà il maggiore investimento su competenze tecnologiche verticali: Terna investirà sul progetto 100 milioni. Un laboratorio diffuso in collaborazione con tre atenei, Salerno, Cagliari e Palermo.
Come ricordato nell’articolo, alla fine dei 12 mesi del master, che punta a creare nuove professionalità dotate di competenze manageriali, ingegneristiche informatiche e statistiche, i 45 studenti selezionati saranno assunti nelle sedi territoriali di Terna e potranno operare in qualità di: esperti di algoritmi e modelli per il Mercato Elettrico, esperti di sistemi di analisi e regolazione, esperti di gestione degli apparati di campo, esperti dei sistemi di Automazione di Stazione (SAS) ed esperti di Sistemi IoT di Stazione. Sempre nell’articolo viene citato uno dei passaggi chiave dell’intervento dell’AD Dommarumma: “Il Tyrrhenian Lab è un progetto sostenibile, che farà crescere l’intero sistema elettrico e valorizzerà il territorio del Sud Italia. A pieno regime, nelle sedi del Tyrrhenian Lab lavoreranno almeno 200 persone con un indotto di mille ulteriori professionisti coinvolti”, ha commentato Stefano Donnarumma, Amministratore Delegato di Terna. “Con l’avvio di questo importante centro di formazione di eccellenza Terna ribadisce l’impegno nello sviluppo di competenze altamente specializzate, che aiuteranno il sistema a cambiare marcia seguendo quelle che secondo noi sono le direttrici fondamentali: investimenti decisi sulle rinnovabili, sulle reti e sugli accumuli di energia elettrica”.
In base ad un’apposita indagine di FpA, società del Gruppo Digital360, Bologna e Venezia si confermano le città italiane più “social”, seguite da Firenze, che scalza il terzo gradino del podio a Torino (quarta) e poi a seguire nella top ten Napoli, Pordenone, Roma, Cagliari, Genova e Milano. Rivolge attenzione all’argomento Cor.Com – Il Corriere delle Telecomunicazioni, con un articolo a firma di Lorenzo Forlani, pubblicato lo scorso 16 novembre: L’indagine fa luce su un patrimonio di informazioni unico riguardo l’evoluzione della presenza dei social media nei comuni capoluogo, grazie a una rilevazione completa e aggiornata ogni anno. L’indice delle social cities, infatti, è uno degli indicatori dell’annuale classifica di Fpa sui comuni più digitali d’Italia, cioè il Rapporto “ICity Rank”, la cui edizione 2022 sarà presentata integralmente il prossimo 29 novembre a Forum Pa Città. È Facebook, secondo la ricerca, il social network più diffuso tra i capoluoghi italiani: presente in 103 comuni su 108, è capace di attirare complessivamente 3,5 milioni di follower, pari a un quinto della popolazione residente nelle città. Molto presente è anche YouTube (102 comuni), con la sua gestione che però non è altrettanto omogenea (solo 70 città hanno aggiornato il canale nell’ultimo mese). Instagram (presente in 89 comuni), Twitter (87) e Messenger (80) sono stati attivati da tre quarti delle amministrazioni, mentre Linkedin (56) e Telegram (48) da circa metà.
Nell’articolo si sottolinea come nel corso del 2022 la maggior parte dei capoluoghi italiani è ormai presente in modo articolato sui social media ma, dopo la costante espansione degli ultimi anni, si nota una nuova fase di assestamento, in cui l’utilizzo dei social è entrato a far parte delle abitudini dei Comuni in modo organico e differenziato. Oggi le amministrazioni si impegnano a sviluppare una diretta e continuativa ai loro cittadini, che va oltre la sola informazione. Anche profondamente diverse, però, le caratteristiche di diffusione e le dinamiche di utilizzo in base alle scelte di comunicazione dei singoli Comuni.
Ancora nell’articolo: si contano 23 Comuni su 108 presenti su tutti e sette i canali social, altri 60 che ne hanno attivati almeno cinque. Ma sono evidenti le differenze geografiche: l’82% dei capoluoghi del Centro e l’81% del Nord hanno almeno cinque social, mentre la percentuale scende al 69% tra quelli del Sud e Isole. In generale, sono più “social” i Comuni di grandi dimensioni: 9 dei primi 10 in classifica sono capoluoghi metropolitani, anche se risalta la sesta posizione di Pordenone. Facebook è lo strumento utilizzato con maggiore continuità, con 97 aggiornamenti nell’ultimo mese su 103 profili attivi. Inferiori gli aggiornamenti dei canali YouTube (70 su 102) e di Instagram (69 su 89), ma soprattutto dei profili Twitter (53 su 87). In generale, l’inserimento di contenuti ha avuto un’accelerazione tra l’inizio del 2020 e la primavera 2021 per poi assestarsi, ma si evidenzia la continua crescita dei caricamenti video sui canali Youtube, che si avvicinano a 70.000, e dei post Instagram, che sfiorano quota 100.000.
Tim ha scelto Ericsson per realizzare la parte “core” della sua rete 5G. Lo ha reso noto Ericsson Italia. Secondo il quotidiano Sole 24 Ore, Ericsson avrebbe prevalso su Nokia, Cisco, Mavenir e Affirmed Networks, mentre il rapporto con Huawei si sarebbe allentato nel corso del tempo. La transizione al 5G Standalone è un passo cruciale nella continua espansione dell’infrastruttura 5G di Tim con velocità di trasferimento dati più elevate, latenza ultra bassa e distribuzione delle apparecchiature sempre più a livello nazionale. Nell’articolo pubblicato lo scorso 18 novembre da Il Sole 24 ore, a firma di Andrea Biondi, si può leggere: Quanto alla rete 5G “standalone”, un numero crescente di operatori, in diversi mercati, sta implementando reti di questo tipo. Secondo il Mobility Report di Ericsson, oggi più di 35 sono gli operatori che hanno già lanciato reti 5G native su un totale di oltre 224 reti 5G (di ogni tipo) commerciali operative in tutto il mondo. Si parla di T-Mobile negli Usa; Vodafone in Germania; China Mobile, China Telecom, KT, Singtel in Asia. La Cina e il Nord America sono stati i primi mercati in cui è stato lanciato il 5G standalone, seguiti da lanci commerciali in altri mercati tra cui Australia, Giappone, Corea del Sud, Singapore, Thailandia, Germania e Finlandia. Ericsson ne ha il 60%. Fatto l’accordo fra Tim ed Ericsson ora occorrerà capire i tempi d’implementazione. Ma intanto l’ex monopolista ha chiuso questa intesa in un momento che vede la società al centro di tutta una serie di questioni da risolvere.
La tecnologia dual-mode di Ericsson consentirà a Tim di modernizzare l’attuale “Evolved Packet Core” e di introdurre la nuova 5G Standalone in un’unica soluzione di tipo cloud-native. Con il 5G standalone si potranno attivare una serie di servizi di nuova generazione che necessitano di alte prestazioni, bassa latenza e massima sicurezza. L’alleanza con Ericsson giunge in un momento particolarmente importante per TIM, lo ricorda anche Andrea Biondi nel suo articolo: A quanto risulta, un intervento della Consob ha portato al chiarimento di ieri sulle dimissioni del consigliere Frank Cadoret che, scrive la nota Tim, «ha comunicato che le sue dimissioni sono motivate da ragioni personali». I consiglieri da rimpiazzare sono ora due dopo l’uscita a settembre di Luca de Meo. E il Comitato nomine sarà chiamato evidentemente a sciogliere il nodo prima del Cda straordinario che, nei piani, dovrebbe tenersi il 30 novembre. Ai nomi che si sono fatti in queste settimane si è ora aggiunto come rumor quello di Stefano Siragusa, ex top manager uscito da Tim ad agosto. Tutto questo mentre si fa sempre più cogente il conto alla rovescia per la presentazione dell’offerta da parte di Cdp sulla “Netco”. L’articolo si conclude ricordando come Elisabetta Romano, chief network operations & wholesale officer di Tim, ha lasciato lo scorso 17 novembre la guida di Sparkle a Enrico Maria Bagnasco, cooptato in cda in cui Elisabertta Romano continuerà a esserci.