È in corso di recepimento anche in Italia il nuovo Codice Ue delle comunicazioni elettroniche, istituito dalla direttiva 2018/1972. Attualmente il Decreto Legislativo è all’esame delle commissioni di Camera e Senato, dopo il via libera preliminare del consiglio dei ministri ad inizio agosto. Si occupa dell’argomento il quotidiano Il Sole 24 Ore, con un articolo pubblicato lo scorso 14 ottobre a firma Carmine Fotina: Il 12 ottobre è arrivato il parere favorevole della commissione Trasporti, poste e TLC di Montecitorio ma con una serie di osservazioni. Punti che potrebbero essere accolti dal governo quando il testo tornerà, agli inizi di novembre, a Palazzo Chigi per il varo definitivo. La Camera sembra avere accolto in buona parte le obiezioni degli operatori di TLC più consolidati. Il testo attuale prevede ad esempio che la durata minima dei contratti che si può imporre agli utenti debba essere al massimo di 12 mesi (una formulazione bocciata da alcune delle TELCO storiche, ma non dal nuovo entrante Iliad). La direttiva parla di 24 mesi, lasciando comunque agli Stati membri la possibilità di «adottare disposizioni che impongano periodi massimi di impegno contrattuale più brevi». Il compromesso suggerito dalla commissione della Camera al governo è lasciare ai consumatori la facoltà di decidere il termine massimo, tra 12 e 24 mesi, con la possibilità di separare dal contratto del servizio telefonico l’eventuale contratto per l’acquisto di un terminale, prevedendo anche che non si possono imporre eventuali servizi aggiuntivi per una durata superiore a quella dell’abbonamento.

Nell’articolo de Il Sole 24 Ore si sottolinea il fatto che è in discussione a livello politico anche di ritirare l’aggravio piuttosto pesante, rispetto al Codice approvato nel 2003 e oggi in vigore, delle sanzioni previste a carico degli operatori in caso di violazioni: Non c’è invece una proposta diretta di rivedere gli aumenti dei contributi sui diritti d’uso delle frequenze che hanno fatto protestare la maggior parte dei gestori e in questo caso ci si limita a chiedere di «verificare l’esattezza del calcolo delle tariffe». Massimiliano Capitanio (Lega), relatore del provvedimento in commissione, sintetizza altri punti del parere: più attenzione agli operatori Fwa (il sistema misto fibra ottica-wireless), un’accelerazione allo sviluppo della radio Dab (previste riduzione sui contributi dovuti, ndr), la valutazione di voucher per portare la banda ultralarga nei condomini, più poteri all’Authority per le comunicazioni (Agcom) in casi come quello di Dazn. Il riferimento è ai disservizi nella trasmissione delle partite del campionato di calcio.

Il Comitato interministeriale per la Transizione Digitale ha affidato a Infratel l’attività di aggiornamento della mappatura delle aree in digital divide. L’obiettivo del monitoraggio è quello di fare il punto sulle aree bianche per capire quante e quali sono le zone non raggiunte dal piano ultralarga gestito da Open Fiber.  Dedica attenzione al tema Mila Fiordalisi, Direttore di Cor.Com – Il Corriere delle Comunicazioni, in un articolo pubblicato lo scorso 14 ottobre: La mappa è necessaria per capire come utilizzare al meglio i fondi per la banda ultralarga previsti nel PNRR e che confluiranno nel Piano Italia a 1 Giga presentato dal ministro per l’Innovazione Vittorio Colao e approvato lo scorso 27 luglio volto a garantire la velocità ad almeno 1 Gbit/s in download e 200 Mbit/s in upload: già effettuata la mappatura delle aree grigie e nere e questa ulteriore porzione servirà a individuare gli investimenti già messi in campo dagli operatori di qui ai prossimi cinque anni per avere un quadro previsionale il più possibile corrispondente alla reale situazione territoriale. (…) I piani di investimento privati dichiarati dagli operatori dovranno essere “chiaramente riferibili a decisioni strategiche ed esecutive, completamente finanziate e adottate dai competenti organi di indirizzo e gestione delle imprese, indicando sia le coperture di rete attuali alla data del 30 settembre 2021, sia quelle previste per i prossimi cinque anni”. In particolare, dovrà essere fornito il piano dettagliato degli investimenti, “che includa per ogni fase di attuazione le date di inizio e completamento e gli elementi che ne evidenzino la concreta attuabilità, suddiviso negli anni per macrocategorie e relativi finanziamenti, approvati dagli organi competenti.

Come è sottolineato nell’articolo della Fiordalisi, gli operatori dovranno indicare anche precisamente architettura e struttura della rete sul territorio (numero siti, dislocazione territoriale, tipologia link di backhaul, apparati di trasporto, Ppo e relativo posizionamento), apparati e tecnologie previste nonché il dimensionamento dei siti radio (con evidenza dei metodi e parametri utilizzati per le simulazioni radioelettriche) in termini di numero medio di utenti per sito e per antenna, coerente con quanto fornito nei questionari compilati per civico e dimensionamento della banda, della rete dati e di trasporto. Così ancora la Fiordalisi: Gli operatori dovranno anche trasmettere a Infratel Italia, con periodicità almeno semestrale, un aggiornamento sullo stato di avanzamento dei piani dichiarati. E nel caso in cui l’operatore non attui il piano dichiarato o non fornisca gli aggiornamenti, la stazione appaltante procederà con l’ampliamento del piano di intervento pubblico anche in quelle aree. E nel caso di condotte non in linea con quanto dichiarato si provvederà a segnalazione alle competenti autorità di regolazione del settore. I dati dovranno essere caricati dagli operatori sulla piattaforma attiva dal 13 ottobre e fino al 15 novembre prossimo.

L’Unione europea ha di fatto sancito che il futuro della mobilità nel Continente sarà affidato prima di tutto all’auto elettrica. Entro il 2035 nessun mezzo dovrà essere più a motore a scoppio. Questa decisione strategica apre questioni fondamentali per ogni singola nazione UE anche dal punto di vista dello sviluppo delle reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli. Si occupa del tema Il Corriere della Sera con un articolo a firma Fabio Savelli pubblicato lo scorso 17 ottobre: Da noi ci sono alcuni nodi che potremmo definire di sistema. E occorrerebbe una volta per tutte superarli. Manca un piano nazionale che identifichi una percentuale minima di posti da elettrificare nelle grandi aree di parcheggio, nelle nuove aree di parcheggio e nelle aree di parcheggio pubblico. Servirebbe per le auto elettriche un approccio simile a quello seguito oggi per garantire una percentuale di posti auto alle persone con handicap. Una norma che definisca in modo chiaro le percentuali di posti che i parcheggi — quelli di nuova costruzione ma anche quelli già esistenti — devono dedicare alla ricarica delle vetture elettriche e le tempistiche entro cui completare la loro realizzazione.

Nell’articolo si puntualizza come in Italia serve soprattutto semplificare l’iter autorizzativo verso le autorità locali competenti in materia (tipicamente i comuni, i distributori di energia e il gestore della rete di distribuzione): Sarebbe utile approcciare questa tematica con uno sportello dedicato che faccia da unico punto di contatto per le autorizzazioni. Un procedimento veloce, digitale, automatizzato e con tempistiche certe permetterebbe di ottimizzare investimenti e le tempistiche di realizzazione. C’è un’incertezza nelle tempistiche di attivazione di un nuovo contatore sia in bassa sia in media tensione. Sono relative all’autorizzazione per l’installazione di una nuova cabina di media tensione (attività che coinvolge sia il distributore sia il comune perché serve un permesso a costruire).
L’articolo de Il Sole 24 Ore invita inoltre a non dimenticare lo scenario competitivo, in particolare sulle reti autostradali: in questa fase di crescita sarebbe logico ed utilissimo declinare il PNRR, a concreto supporto di tante realtà autoctone ed innovative. Andrebbe assicurata imparzialità e fairness verso tutti gli operatori, soprattutto da parte dei soggetti pubblici o dei concessionari anche proattivamente escludendo certi attori in certe occasioni.

Grazie alle potenzialità crescenti della digitalizzazione e delle telecomunicazioni, sono sempre di più gli oggetti interconnessi a formare una immensa rete. È necessario attivare elementi di sicurezza e privacy fin dallo sviluppo di tali tecnologie. Ne parla Il Sole 24 Ore, in un articolo a firma di Simone Arcagni, dedicato alla recensione al libro “Internet di ogni cosa” scritto da Laura DeNardis: «Se gli esseri umani improvvisamente svanissero dalla Terra, il mondo digitale continuerebbe comunque a ronzare vivacemente». Inizia così il nuovo libro di Laura DeNardis, docente alla American University di Washington DC ed esperta di sistemi di sicurezza e governance di Internet. Si intitola Internet in ogni cosa e scruta l’Internet of Things, Internet delle cose o degli oggetti o Internet del tutto, secondo la definizione di alcuni. La studiosa propende per “sistemi cyberfisici”, cioè una nuova generazione di Internet in cui si sta creando un sistema complesso di cui fanno parte oggetti, persone, animali, edifici e che costituisce la più grande architettura complessa e comunicante mai vista prima nella storia. «Internet ha già raggiunto il punto di non ritorno. Oggi ci sono più oggetti connessi digitalmente che persone».

Dai contenuti del libro di Laura DeNardis emerge inoltre un Internet diverso, che si sostituisce a quello cui siamo abituati e che è entrato in crisi di identità, tanto che molti giovani non lo riconoscono nemmeno più come tale. Sottolinea infatti l’articolista de Il Sole 24 Ore: …sistemi emergenti sono stampa 3D, realtà aumentata e robotica avanzata: tutti campi in cui la commistione tra fisico e virtuale si fa strutturalmente solida. Un Internet diverso, ma che trascina con sé uguali problemi collegati alla cybersicurezza, alla privacy e alle questioni di governance. Anzi, li moltiplica e li amplifica: basti pensare alle problematiche legate ai dati biometrici di oggetti quali smartwatch, microchip sottocutanei o dispositivi medici connessi. Quello che nel libro viene chiamato Internet del sé. DeNardis è chiara: se gli oggetti sono connessi e dialogano tramite algoritmi intelligenti, la struttura è ancora più debole.

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