Virgin Fibra, la nuova società creata dal magnate britannico Richard Branson, ha siglato un accordo in esclusiva con Open Fiber per entrare nel mercato italiano della fibra ottica. Open Fiber e Virgin Fibra hanno sottoscritto un’intesa per la commercializzazione dei servizi di connettività sulla rete interamente in fibra ottica FTTH (Fiber To The Home) di Open Fiber, disponibile nelle medie e grandi città italiane e nei comuni delle aree bianche. Dedica attenzione al tema il Corriere della sera con un articolo a firma di Andrea Rinaldi, pubblicato lo scorso 23 agosto: Il nostro Paese si aggiunge così agli altri 11 seguiti dal gruppo inglese con servizi di telecomunicazione. La newco è supportata anche da un consorzio di investitori italiani.

La commercializzazione è già partita: l’offerta di Virgin Fibra include una connessione FTTH (Fiber-To-The-Home) in tecnologia GPON con velocità massime di 1 Gbps in download e 300 Mbps in upload (quelle minime garantite sono 100 e 12 Mbps). È disponibile anche un modem Wi-Fi 6 in comodato d’uso gratuito, ma l’utente può utilizzare un modem di proprietà con porta WAN Gigabit Ethernet, alla quale verrà collegato l’ONT esterno. Il modem viene installato accanto al punto di ingresso dei cavi in fibra ottica all’interno dell’abitazione.

Virgin Fibra è indicata soprattutto per gli utenti che non hanno e non vogliono una linea telefonica fissa. La portabilità non è prevista, quindi in caso di migrazione l’attuale numero di telefono verrà perso all’attivazione del servizio. Virgin Fibra si aggiunge agli oltre 300 operatori partner di Open Fiber, nazionali e internazionali, che sviluppano servizi digitali sulla rete ultrabroadband dell’azienda. “Siamo felici che Virgin Fibra, brand del gruppo Virgin, abbia scelto Open Fiber come partner per il suo ingresso sul mercato italiano. Si tratta di una scelta che conferma non solo l’eccellenza tecnologica della rete FTTH, ma anche la validità del nostro modello di business wholesale-only”, ha commentato Mario Rossetti, Amministratore delegato di Open Fiber, aggiungendo “con un’infrastruttura neutrale aperta a tutti gli operatori si creano le condizioni per lo sviluppo di servizi sempre più innovativi anche da parte di nuovi player”.

Il Presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha evidenziato che il caro bollette senza precedenti di queste ultime settimane, in cui gli importi sono anche decuplicati, rischia di portare il sistema economico al collasso: “Solo nei primi sette mesi del 2022 la cassa integrazione straordinaria è salita del 45% rispetto a un anno fa e non abbiamo ancora visto il peggio”. In autunno, continua il numero uno degli industriali, “arriveranno nuovi rincari energetici, mentre l’inflazione dei mesi scorsi sulle materie prime continuerà a scaricarsi sui prezzi al consumo”.
Dedica attenzione al tema Cor.Com – Il Corriere delle comunicazioni, con un articolo a firma di Paolo Marelli, pubblicato lo scorso 26 agosto: Doppio appello al Governo. Confindustria e sindacati vanno in pressing su Palazzo Chigi invocando misure urgenti per sostenere le imprese contro il caro energia che le sta mettendo in ginocchio. Per la Fiom, oltre ai tavoli aperti per Whirlpool ed ex Ilva, è allarme per Ansaldo Energia e Wartsila nonché per aziende del comparto Tlc. Ed è anche sulle aziende Tlc, che il presidente degli industriali Carlo Bonomi chiede al Governo che “siano protette” al pari delle imprese energivore e gasivore, in quanto sono una filiera fondamentale e strategica per il Paese.
I partiti “pensano alla campagna elettorale, che è su altri temi”, ma devono essere responsabili e il governo deve agire: “Se ci fosse un terremoto, un governo dimissionario interverrebbe o no?”, si domanda il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, intervistato dal Corriere della Sera. Di fronte all’emergenza energia che sta schiacciando le aziende, la sua risposta è netta: “Oggi c’è un terremoto economico e non sarebbe comprensibile se il governo non reagisse. Aspettare il prossimo ci farebbe perdere due mesi e non possiamo permettercelo”.

Come sottolinea l’articolo pubblicato da Cor.Com, a fianco degli industriali si sono schierati anche i sindacati. Così nell’articolo: Per Michele De Palma, il segretario generale Fiom-Cgil, “La situazione è drammatica”. Per questo motivo, serve che il Governo apra subito un tavolo per i lavoratori dell’industria per azioni immediate e condivise. L’emergenza nazionale del caro energia non si abbatterà solo sulle cosiddette aziende energivore, ma avrà anche “un effetto domino che colpirà i lavoratori dell’indotto, di appalti e subappalti e le piccole e medie imprese che rischiano di non avere la sufficiente capitalizzazione”.

Il Cloud di Stato passa in fase attuativa. Lo scorso 26 agosto è stata infatti firmata la convenzione tra i soggetti che formano la cordata, guidata da Tim con Leonardo, Cdp e Sogei, per costituire il Dipartimento per la Trasformazione digitale. Ne parla il Corriere della Sera in un articolo pubblicato lo scorso 27 agosto: L’accelerata impressa sul finire di agosto è indicativa dell’interesse del governo a non perdere tempo prezioso sul progetto. Nei giorni scorsi è arrivata infatti l’autorizzazione al golden power e il Consiglio di stato ha respinto il ricorso per la mancata aggiudicazione del contratto che in prima battuta si era garantito il consorzio guidato da Fastweb e Aruba (ma un’udienza in merito è fissata dal Tar per il 5 ottobre).

In una nota diffusa dalla compagine composta da Tim, Leonardo, Cassa Depositi e Prestiti (attraverso la controllata Cdp Equity) e Sogei si legge: … la compagine in qualità di soggetto promotore ha esercitato, nel rispetto della normativa applicabile e della documentazione di gara, il diritto di prelazione nell’ambito della gara europea per l’affidamento, mediante un contratto di partenariato pubblico-privato, della realizzazione e gestione del Polo Strategico Nazionale indetta a gennaio 2022 da Difesa Servizi in qualità di Centrale di Committenza del Dipartimento per la Trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri”. La cordata si impegna dunque ad “adempiere, così come comunicato all’Amministrazione, alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’attuale aggiudicatario provvisorio“.

Da parte governativa, il ministro per l’Innovazione e la transizione digitale, Vittorio Colao, ha dichiarato: “Si è concluso il processo di definizione della grande infrastruttura del Cloud nazionale con due vantaggi importanti: una significativa riduzione di costo ma anche l’aggregazione di un consorzio che col tempo può diventare competitivo su scala nazionale”. Secondo quanto riportato da Cor.Com Il corriere delle comunicazioni, dovrebbe essere Emanuele Iannetti, ceo uscente di Ericsson – dal primo settembre il timone della filiale italiana passa nelle mani di Andrea Missori – a guidare la newco della cordata Tim-Leonardo-Sogei-Cdp che si occuperà del progetto di realizzazione del Polo strategico nazionale a seguito dell’aggiudicazione definitiva della gara per un importo di 2,8 miliardi.

Un tasso di occupazione medio di oltre l’80% ma un numero di iscritti ancora limitato. È questo, in sintesi, lo scenario degli Istituti tecnici superiori, gli ITS, le scuole post diploma di tecnologia nate oltre 10 anni fa per offrire uno sbocco alternativo dopo la maturità. Nonostante queste scuole in Lombardia, regione guida a livello manifatturiero, abbiano un tasso di occupazione medio dell’80% dei propri studenti, mantenuto anche negli anni della pandemia, sono “solo” 19mila i ragazzi e le ragazze che le frequentano contro i 1,7 milioni di iscritti alle università. Rivolge attenzione al tema il quotidiano La Repubblica, con un articolo pubblicato lo scorso 27 agosto. Cinquantacinque percorsi formativi proposti da 20 Fondazioni, che consentono al 79 per cento dei diplomati di trovare lavoro entro un anno dal conseguimento del titolo. Sono i numeri degli istituti tecnici superiori lombardi (Its) illustrati all’interno del monitoraggio 2022 svolto dall’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire), che guardano ai percorsi conclusi nel 2020 (relativi a 18 delle Fondazioni lombarde).

I dati del monitoraggio evidenziano che l’80% dei diplomati (2.068) ha trovato lavoro entro un anno dal diploma, nel 90% dei casi (1.860) in un’area coerente con il percorso di studi concluso. Del 20% dei non occupati o in altra condizione, il 10,3% non ha trovato lavoro, il 4,8% si è iscritto a un percorso universitario, il 2,1% è in tirocinio extracurricolare e il 2,8% è risultato irreperibile. Quanto alle tipologie di contratto, il 49,3% degli occupati è stato assunto con contratto a tempo determinato o lavoro autonomo in regime agevolato: questa è stata la tipologia contrattuale più utilizzata in tutte le aree tecnologiche. La distribuzione del tasso percentuale di occupati per area tecnologica mostra che le aree tecnologiche con le migliori performance occupazionali sono Mobilità sostenibile (83,4%) e Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (82,5%).

Una situazione quasi paradossale quella del rapporto tra occupabilità e numero di iscritti, che diventa impietosa se viene paragonata a quanto invece succede nel resto d’Europa: in Germania gli iscritti alle “Fachhochschulen”, il canale non universitario di formazione terziaria professionalizzante, sono circa 800mila. In Francia esistono gli “Institutes universitaires de Technologie” che offrono formazione tecnica superiore con docenti provenienti dal mondo del lavoro; e anche in Svizzera, le Scuole universitarie professionali propongono, da tempo, un insegnamento “pratico” e vicino al mondo produttivo. E tutti con numeri superiori a quelli italiani. La speranza per un allineamento a quanto succede nel resto nel mondo e quindi ad una vera e propria esplosione dell’appeal degli ITS è tutta riposta nel Pnrr che stanzia 1,5 miliardi in 5 anni (oggi il finanziamento ordinario è di 68 milioni, 48 a regime oltre al contributo regionale tra gli 80-100 milioni totali) e prevede una legge delega, che è ormai in dirittura d’arrivo al Senato e che valorizza il link con le imprese.

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