La più recente edizione dell’Osservatorio sulle comunicazioni dell’Agcom ha evidenziato che in Italia il traffico dati sulla rete fissa è raddoppiato in soli tre anni, passando dai 25,1 Zettabyte del 2019 ai 46,5 Zettabyte del 2022 (valori che tengono conto sia del download che dell’upload). Sulla rete mobile la crescita è stata ancora più imponente, anche se in valore assoluto la quantità di dati transitata sulla rete mobile è inferiore. Come è stato ribadito anche nei più recenti convegni riguardanti il settore TLC, i cambiamenti più importanti stanno avvenendo però a livello qualitativo. La modifica del paradigma si chiama in particolare Network as a Service (NaaS), ovvero il modello flessibile di utilizzo dell’infrastruttura di rete che permette al mondo degli sviluppatori, dagli Hyperscaler alle startup, di realizzare nuovi servizi digitali da proporre sul mercato. Sull’argomento si è aperto un vivace dibattito anche a livello giornalistico, come dimostrano ad esempio i due articoli paralleli a firma di Marco Frojo pubblicati sul magazine Affari&Finanza del 24 luglio scorso, nel quale l’articolista riprende alcune significative dichiarazioni: Gabriele Di Piazza, product management director Google, ha per esempio parlato del NaaS come di “una scelta inevitabile per realizzare infrastrutture in comune”: “È necessario investire in infrastrutture distribuite e collaborare con gli operatori tlc, sviluppando accordi di networking e partenariato, soprattutto per la necessità del cosiddetto ‘ultimo miglio’ che assicura una maggiore vicinanza e e qualità nella relazione con i clienti finali”, ha detto.

Ulteriore tema al centro del dibattito quello dell’intelligenza artificiale, che non a caso è una componente fondamentale anche del modello Network as a Service, soprattutto nelle professionalità e nella ricerca. Un tipico esempio è il caso del lavoro degli sviluppatori software, che può essere agevolato da sistemi di intelligenza artificiale nelle mansioni più ripetitive, lasciando spazio alla creatività e alla funzionalità delle applicazioni.

Il “cambio di paradigma” delle telecomunicazioni non riguarda solo le capacità della rete, ma anche il diverso approccio nel rapporto con le aziende che la utilizzano. Se prima i clienti acquistavano solo traffico, adesso sono diventati partner delle compagnie telefoniche nello sviluppo delle soluzioni e dunque della rete. In un approfondimento al suo articolo, Frojo intervista sul tema Elisabetta Romano, chief network operations & wholesale officer di Time presidente di Sparkle: Il settore delle telecomunicazioni si appresta a cambiare pelle. Le caratteristiche tecniche delle reti che hanno supportato lo sviluppo della tecnologia fino ad oggi non sono più sufficienti per le soluzioni che stanno velocemente arrivando sul mercato. Auto a guida autonoma, telemedicina e realtà virtuale, solo per citare alcuni esempi, necessitano non solo di un’altissima velocità di trasmissione dei dati, ma anche di una bassissima latenza. Per realizzare tutto questo servono enormi investimenti da parte dei grandi operatori telefonici. Nell’intervista Elisabetta Romano ricorda che per mettere a un’auto di viaggiare senza l’intervento del conducente, il tempo di latenza deve essere praticamente azzerato tramite “edge cloud”, ovvero una rete capillare con centri di elaborazione dati più vicini possibile all’auto in movimento.

Il CEO di Enel Flavio Cattaneo ha effettuato lo scorso 26 luglio la sua prima conference call con gli analisti. Un incontro dedicato ai risultati del primo semestre, chiuso con un risultato netto ordinario a 3.279 milioni (+52%), un Ebitda ordinario a 10.739 milioni (+29,4) e ricavi a 47.095 milioni, in calo del 28,2% per la diminuzione dei prezzi di vendita delle commodity sui mercati finali. Fra le numerose testate che si occupano della notizia, approfondisce il tema Il Corriere della Sera, con un articolo a firma di Fausta Chiesa, pubblicato lo scorso 27 luglio: Gli investimenti del periodo salgono a 6.042 milioni (5.889 milioni di euro nel primo semestre 2022, +2,6%) e si sono concentrati in Enel Green Power per lo sviluppo della capacità rinnovabile e in Enel Grids per lo sviluppo e la resilienza delle reti di distribuzione. Il programma delle cessioni (che esclude Endesa, «totalmente infondata» la voce ha detto Cattaneo) è arrivato al 60% del totale previsto di circa 21 miliardi al 2025.

Come ricordato nell’articolo di Fausta Chiesa, c’è anche un altro aspetto che l’amministratore delegato ha tenuto a sottolineare: il lancio di un piano di efficientamento delle attività e processi del gruppo in tutte le geografie, che ha permesso di diminuire nel solo mese di giugno il cash cost (le spese operative) dell’8% rispetto al budget: «Il nuovo management — ha dichiarato Cattaneo — ha immediatamente avviato azioni per migliorare ulteriormente l’allocazione del capitale massimizzando il ritorno degli investimenti, aumentare le efficienze e semplificare la struttura del gruppo attraverso la focalizzazione geografica sui sei Paesi core. Queste azioni, insieme ai risultati ottenuti nel periodo, ci consentono di confermare la guidance per fine 2023, con la previsione di un dividendo complessivo di 0,43 euro per azione per l’esercizio corrente».

Nel 2023 si prevede un Ebitda ordinario compreso tra 20,4 e 21 miliardi, un utile netto ordinario compreso tra 6,1 e 6,3 miliardi e un livello di indebitamento finanziario netto a fine anno compreso tra 51 e 52 miliardi. Il piano strategico, ha poi annunciato l’AD, sarà aggiornato il prossimo novembre, con la presentazione delle priorità e il ritorno per gli azionisti. Le linee direttrici, ha spiegato Cattaneo, saranno execution, efficiency e una migliore capital allocation per spingere la crescita.

Partecipando all’Assemblea di UCIMU, – Associazione dei produttori di macchine utensili – il Ministro Adolfo Urso ha confermato che il Ministero per le Imprese e il Made in Italy intende supportare gli investimenti nel settore ed in particolare nella cosiddetta Transizione 5.0. “Sul primo punto il lavoro è stato avviato con il taglio del cuneo fiscale in legge di bilancio e poi nel decreto del 1 maggio, ha spiegato Urso. Quanto al rilancio degli investimenti, il governo si sta confrontando con la Commissione Europea e propone come prima misura rilanciare con le risorse del RePowerEU un finanziamento, per almeno 4 miliardi di euro, del Piano Transizione 5.0 per supportare investimenti in tecnologie green e digitali delle imprese. Sostanzialmente le risorse previste nelle proposte di revisione del PNRR e RepowerEU presentate dal Mimit alla Cabina di regia intendono sostenere le imprese negli investimenti necessari a realizzare progetti di transizione ecologica e digitale. Rivolge attenzione al tema Cor.Com – Il Corriere delle Telecomunicazioni, con un articolo a firma di Federica Meta pubblicato lo scorso 28 luglio: Per il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, le nuove misure sono una bella notizia per le imprese italiane. “Le risorse che abbiamo chiesto in merito al RepowerEu e alla rivisitazione del Pnrr sono state accolte e ora sono all’esame del Parlamento – spiega il ministro – Parliamo di Transizione 5.0, di Sabatini Green, di sostegno alle piccole medie imprese per la produzione energetica ai fini dell’autoconsumo. Mettiamo il turbo all’imprese italiane per investire in innovazione, nella transizione ecologica e quindi industriale. È un buon segno”.

Come ricorda Federica Meta nel suo articolo, l’industria 5.0, o Transizione 5.0, è una Collaborative Industry, ossia un modello di impresa caratterizzato dalla cooperazione uomo-macchina, con l’obiettivo di guardare ancora meglio alle aspettative dei consumatori e anche dell’ambiente. Si tratta di un’evoluzione naturale dell’Industria 4.0 e si basa sullo sviluppo, in particolare nei settori dell’ICT, AI e robotica, che stanno portando alla realizzazione di Cyber Physical System (CPS) e dispositivi IoT sempre più potenti: Rispetto a Industria 4.0, l’industria 5.0 sarà però una Collaborative Industry, ossia un modello di impresa caratterizzato dalla cooperazione tra macchine ed esseri umani, con il fine ultimo di dare un valore aggiunto alla produzione creando prodotti personalizzati che rispettino le esigenze dei consumatori.

Marco Patuano lascia la presidenza di A2A per concentrarsi sulla guida di Cellnex, realtà che ha presentato recentemente nuove strategie di sviluppo. La decisione, infatti, anche secondo l’amministratore delegato di A2A Renato Mazzoncini sarebbe dovuta a problemi di agenda di Patuano. A questo proposito diversi organi di stampa hanno ripreso la seguente dichiarazione dell’AD della multiutility: «L’azienda – spiega – ha una governance molto ordinata. Siamo tranquilli, perché lo statuto prevede tutti i passaggi per garantire la stabilità». Sempre le indiscrezioni della stampa hanno indicato tra i possibili successori di Patuano alla Presidenza il nome di Roberto Tasca, anche se una decisione non è stata ancora presa. Ricordiamo che dallo scorso 28 aprile Marco Patuano è amministratore delegato di Cellnex, il gestore spagnolo delle torri telefoniche presente anche in Italia. Fra le testate giornalistiche che hanno dedicato spazio alla notizia delle dimissioni, sintetizza il contenuto dell’evento La Repubblica, con un articolo/intervista a Patuano a cura di Sara Bennewitz: Marco Patuano lascia la presidenza di A2A nel giorno di una semestrale record, chiusa con un margine operativo lordo di 880 milioni (+26%), che la porta ad alzare i target del 2023da cui si aspetta un mol compreso tra 1,74 e 1,78 miliardi, e utili in progresso tra 450 e 470 milioni. Il manager si dedicherà a tempo pieno alla guida di Cellnex, il leader europeo delle torri che cresce e rifinanzia il debito a tassi più convenienti.

Patuano cessa conseguentemente anche dalla carica di presidente del Comitato Esg e Rapporti con i Territori. Il Consiglio di amministrazione e il Collegio sindacale di A2A hanno ringraziano Patuano “per il fondamentale contributo assicurato alla società”.

Intervistato dalla Bennewitz in merito al suo impegno sempre più rivolto a Cellnex, Patuano risponde: Abbiamo ampi margini di crescita organica e faremo investimenti mirati, coinvolgendo nuovi soci di maggioranza con le tasche profonde, per rafforzare la nostra leadership.

Sempre nell’intervista, sul tema degli investimenti 5G in Europa che vanno a rilento, Patuano afferma: L’Europa non è stata capace di mantenere viva la concorrenza a vantaggio dei clienti, non ha avuto una regolamentazione orientata a favorire gli investimenti. Ora dovrà ripensarla, come succede già in asia e in Nord America. Se no la Ue, che è sempre stata pioniera nel mobile, rischia di restare indietro rispetto al resto del mondo.

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