Ericsson si avvia verso una gestione centralizzata nel campo della manutenzione da remoto e lo dimostra con il nuovo centro di ricerca di Pagani, in provincia di Salerno. Ne parla Il Sole 24 Ore con un articolo a firma Andrea Biondi, pubblicato lo scorso 24 luglio: È qui dunque, a Pagani dove Ericsson ha uno dei suoi tre centri di ricerca italiani insieme con quelli di Genova e Pisa, che la multinazionale svedese delle infrastrutture per le TLC ha appena inaugurato un nuovo “Axe Lab”, intitolato ad Antonio Meucci, inventore del telefono. Ed è attraverso questa nuova struttura appena inaugurata che nel centro di ricerca di Pagani, attivo da 31 anni, Ericsson ha centralizzato un’attività che consente di gestire i sistemi che permettono a 1 miliardo di persone nel mondo di telefonarsi. Quindi è a Pagani che si sviluppano soluzioni e che ora si interviene in caso di problemi nei sistemi di tutto il mondo.

Nell’articolo si ricorda come il centro di ricerca e sviluppo di Ericsson a Pagani, in cui oggi lavorano 270 persone, nasce nel 1990 con l’obiettivo di sviluppare hardware, software e le complesse architetture delle centrali Axe. Le quali, installate nei nodi di rete degli operatori, rendono possibile effettuare una chiamata tra due numeri fissi o cellulari, da un numero fisso a uno mobile (e viceversa) o tra le diverse generazioni di telefonia mobile (2G/3G/4G e ora 5G). Con il nuovo “Axe Lab” si compie un passo importante nell’unire ricerca e servizio all’utenza, sottolinea Biondi: vengono effettuati anche tutti i possibili test e simulazioni di traffico telefonico per scovare eventuali criticità nelle configurazioni o mettere alla prova i sistemi nelle situazioni più complesse (ad esempio i picchi di traffico durante un evento sportivo o in situazioni di emergenza). Machine learning e intelligenza artificiale sono diventate armi insostituibili per l’analisi predittiva dei guasti. Attraverso il controllo automatico di una serie di parametri è in buona sostanza diventato possibile scovare anomalie nel funzionamento dei sistemi e, qualora di verificasse il superamento di alcuni valori critici, è possibile deviare il traffico su tratte alternative o suggerire all’operatore quali azioni fare per prevenire un potenziale guasto.

Agenda digitale per tutte Regioni entro 2021: è questo l’appello che arriva da Sebastiano Callari, assessore ai Sistemi Informativi del Friuli Venezia Giulia e coordinatore della Commissione speciale Agenda Digitale della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. Dedica attenzione al tema COR.COM – Il Corriere delle comunicazioni, in un articolo pubblicato lo scorso 20 luglio:

“Per riuscire a sfruttare l’occasione rappresentata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza tutte le Regioni devono dotarsi di un’Agenda Digitale entro il 2021 – ha spiegato nell’ultima seduta della Commissione per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione della Conferenza delle Regioni – È fondamentale che ogni Amministrazione regionale abbia un piano strategico sulla promozione dell’economia digitale del proprio territorio per utilizzare in modo adeguato le risorse provenienti dall’Unione europea. Al fine di non perdere questo treno è necessario accelerare e superare i tempi finora imposti da sistemi divenuti nel tempo eccessivamente burocratici”. Callari ha inoltre annunciato che il Friuli Venezia Giulia sarà una delle quattro amministrazioni, assieme a Emilia Romagna, Lombardia e Puglia che, su mandato della Conferenza delle Regioni, faranno parte del gruppo di lavoro in seno al Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione Digitale (Mitd) per lo sviluppo del Fascicolo sanitario elettronico.

Su Pnrr e Transizione digitale, le considerazioni delle Regioni sono puntate in particolare a mettere in luce i rischi della centralizzazione. Sempre nell’articolo: Le Regioni mettono in evidenza come l’impianto complessivo del Pnrr sia fondato su una visione fortemente centralizzata che, pur rispondendo, in linea teorica, a un generale principio di economie di scala e di rete, difficilmente potrà corrispondere positivamente alla necessità di implementare nei tempi dati e nei volumi prospettati gli obiettivi di transizione digitale del Paese. “A tal proposito le Regioni e Province Autonome propongono di inserire nel testo, quale modalità attuativa opzionale ma esplicita, il ricorso ad Accordi Quadro e Intese in ambito di Conferenza Stato-Regioni nei quali siano definiti obiettivi e tempi di realizzazione, qualora necessario, differenziati su scala regionale e in funzione delle caratteristiche dei territori e dei contesti esistenti unitamente al riparto delle risorse disponibili- si legge nel documento – Sarà così compito delle Regioni e Province Autonome creare le condizioni e gli assetti territoriali (in alcuni casi già esistenti) per garantire l’attuazione nei tempi e con i risultati concordati”.

Il Corriere della Sera, tramite Federico De Rosa, ha intervistato Luigi Gubitosi, Amministratore Delegato di Telecom Italia. Da quanto affermato del numero uno dell’azienda, viene confermato che il Gruppo avrebbe avviato una profonda trasformazione per ampliare i suoi comparti di attività.
«Oggi Tim è sia un incumbent sia una startup —, spiega l’amministratore delegato, Luigi Gubitosi. Il manager che da tre anni guida il gruppo di TLC ha avviato un profondo piano di trasformazione e il nuovo profilo dell’ex monopolista dei telefoni si inizia già a vedere —. Restiamo leader nella connettività e nell’infrastruttura ma abbiamo avviato e stiamo sviluppando attività per il mercato business e per la Pubblica Amministrazione nel Cloud, nell’hedge computing, nella cybersecurity, nell’Internet of things e nell’Intelligenza artificiale. Per il mercato consumer stiamo investendo su Tim Vision, con l’ultima novità del Campionato di Serie A in seguito all’acquisto dei diritti da parte di Dazn».
Particolarmente interessante anche domanda e risposta sul Cloud come Polo strategico nazionale? Così Gubitosi nell’intervista: «Siamo promotori in Italia della tecnologia Cloud. Noovle, nata dalla partnership tecnologica tra Tim e Google, è il primo centro di eccellenza per edge e cloud computing grazie alla più avanzata rete italiana di data center con cui offriamo servizi alle imprese, piccole e grandi, e alla Pubblica amministrazione. Tutto in massima sicurezza, localizzato in Italia e regolato da leggi italiane. Stiamo inoltre lavorando con CDP e altri partner per elaborare un progetto per il PSN che riteniamo soddisferà le esigenze di modernizzazione, sicurezza, semplificazione e innovazione della Pubblica amministrazione».
L’arrivo dei primi fondi del PNRR hanno tra le priorità la transizione digitale. L’articolista chiede quindi a Gubitosi cosa ne pensa al riguardo: «Tim ha tutte le tecnologie e le competenze dunque può fare, e farà, molto per accelerare la transizione digitale. Abbiamo la rete 5G più veloce, secondo le ultime rilevazioni di Ookla, e continuiamo a investire sulla rete Ftth ampliando il divario con la concorrenza. Continueremo a investire anche sulla rete Fwa e siamo tra i primi operatori in Europa, unico in Italia, ad aver avviato un programma di sviluppo Open Ran in collaborazione con altri operatori europei per l’innovazione della rete mobile».

Sul tema della rete unica con Open Fiber invece, l’articolista chiede direttamente a Gubitosi se ha parlato con il nuovo amministratore delegato della Cassa depositi: «I contatti con i nuovi vertici della Cdp sono ripresi, in un’ottica pragmatica e orientata a trovare la migliore soluzione per le aziende e per il Paese. È un fatto che la rete comune sia una grande opportunità per risparmiare ed è indiscutibile che l’utilizzo ottimale di strutture già esistenti darebbe certezze sul raggiungimento degli obiettivi di copertura al 2026 indicati dal ministro Colao». E il governo che ne pensa?
«Credo che apprezzerà soluzioni che portano benefici. Immagino che il governo lascerà autonomia a Cdp come azionista di Open Fiber. Noi condividiamo pienamente la visione del governo di accelerare la digitalizzazione per trasformare il Paese. Collaboreremo in ogni modo per far sì che la transizione digitale si completi nel più breve tempo possibile».

Il principio è ormai chiaro a tutti: ogni ritardo nell’accesso alla banda larga determina esclusioni, quindi disuguaglianza sociale ed economica. Covid-129 ha evidenziato sempre più questo scenario. Le autostrade della Rete però sono il frutto di ingenti investimenti da parte delle compagnie telefoniche che negli anni sono diventate piattaforme di servizi. L’avvento del 5G sta modificando alcuni approcci consolidati. Ne parla L’Economia, magazine finanziario de il Corriere della Sera, in un articolo a firma Fabio Savelli, pubblicato lo scorso 19 luglio: Nelle mappe che gli operatori comunicano sulla base degli investimenti previsti (in fibra ed antenne) rimangono dei vuoti. Cioè delle aree in cui non è conveniente mettere soldi per la mancanza di una domanda di clienti sufficiente. Diventano quindi «a fallimento di mercato». Entro fine luglio è prevista la ricognizione di queste aree al ministero dello Sviluppo per il nuovo standard 5G di cui sono già disponibili alcune frequenze. L’Italia però ha ancora una velocità di connessione dimezzata rispetto alla media europea nonostante i progressi di questi ultimi due anni. Il Paese – segnala un recente report di Ambrosetti in collaborazione con Wind3 – potrebbe ottenere grandi benefici da ulteriori potenziamenti delle infrastrutture. Ottenibili, per esempio, dall’armonizzazione dei limiti sulle emissioni elettromagnetiche alla media europea.

Sempre nell’articolo si ricorda come un emendamento al decreto Semplificazioni in via di conversione alza il limite sulle emissioni in modo da permettere agli operatori di installare meno antenne 5G nel rispetto delle prescrizioni sulla salute. C’è però un fronte compatto di diffidenti. Tra loro alcuni sindaci. A questo proposito l’articolista sottolinea: Il report di Ambrosetti-WindTre, la società guidata da Jeffrey Hedberg, segnala il punto di vista dell’utente: il 60,4% degli intervistati si dice favorevole al 5G. Lo chiede subito e capillare sul territorio. Solo il 14% si mostra refrattario, condizionato dall’ideologia Nimby, «non nel mio giardino», che però non ha evidenze scientifiche. Tra i tecno-entusiasti soprattutto giovani e laureati. Consapevoli che le autostrade digitali sono un fattore determinante di sviluppo. E ogni ritardo nell’accesso alla banda ultra-larga impoverisce il territorio e le sue competenze, viste le potenzialità che abilita nel lavoro da remoto che apre scenari inediti anche nelle scelte di vita individuali. A tendere però potrebbe aprirsi un nuovo filone. Cioè la segmentazione dell’offerta da parte delle Telco in base alla velocità di connessione. È una tendenza non ancora messa a terra per il principio di neutralità della Rete che non può produrre steccati e tipologie diversificate di consumatori. Ma nel momento in cui tutti avremo un livello minimo adeguato di connettività allora non è un fanta-scenario immaginare di avere oltre un gigabit al secondo al riconoscimento di un prezzo aggiuntivo. Un mercato, appunto, segmentato a seconda delle esigenze. Ripagherebbe gli investimenti degli operatori. Li spingerebbe a maggiori slanci senza attendere le risorse, già previste, contenute nel PNRR.

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