La Generative Artificial Intelligence sta dimostrando in modo sempre più evidente le sue potenzialità. In particolare il successo di ChatGPT 3 e 4 ha accelerato il passaggio verso il concetto di “Industrial automation of text production”. Un’automazione industriale di nuova generazione, supportata da strumenti capaci di combinare frammenti tratti da basi informative eterogenee in rappresentazioni linguistiche simili a quelle umane, testuali e grafiche, anche al servizio dell’industria e dell’economia. Dedica attenzione al tema il magazine Affari&Finanza con un articolo a firma di Giulia Cimpanelli pubblicato lo scorso 3 luglio: Fino a pochi anni fa si parlava dei dati come del nuovo oro. Oggi l’attenzione si è spostata sulla tecnologia che quei dati li processa e li utilizza, l’intelligenza artificiale. Negli ultimi mesi ci si è concentrati su quella generativa, che sembra essere in grado di portare una crescita esponenziale in qualsiasi settore dell’economia. Attraverso l’analisi di 63 casi concreti, la ricerca “The economic potential of generative AI” di McKinsey & Company stima il potenziale economico dell‘Ai generativa tra i 2.600 e i 4.400 miliardi di dollari l’anno, valore che potrebbe superare quello del Pil del Regno (3.100 miliardi nel 2021).
La combinazione di significativi risparmi sul costo del lavoro, creazione di nuovi posti di lavoro e maggiore produttività per i lavoratori aumenta la possibilità di un boom della produttività tramite apporto di AI che traina la crescita economica, pur in uno scenario incerto soprattutto nelle tempistiche. Studi accademici confermano che i lavoratori delle aziende che adottano per prime la tecnologia registrano una maggiore crescita della produttività del lavoro dopo l’adozione dell’Ai, con stime che generalmente implicano un aumento di 2-3 punti percentuali l’anno. L’Ai generativa potrebbe quindi determinare un aumento economicamente significativo della produttività. Gli analisti ritengono che la perdita di lavori legata all’automazione verrebbe compensata dalla creazione di nuove occupazioni proprio in seguito alle innovazioni tecnologiche. Per capire l’impatto degli strumenti basati sull’intelligenza artificiale generativa sulla produttività degli sviluppatori, la stessa McKinsey ha creato un laboratorio con oltre 40 sviluppatori dislocati negli Stati Uniti e in Asia e con diverse esperienze di sviluppo software. McKinsey rileva che gli strumenti basati sull’intelligenza artificiale generativa offrono guadagni di velocità impressionanti per molte attività comuni degli sviluppatori. La documentazione delle funzionalità del codice per la manutenibilità (che considera la facilità con cui il codice può essere migliorato) può essere completata in metà tempo, la scrittura di nuovo codice in quasi la metà del tempo e l’ottimizzazione del codice esistente (chiamata refactoring del codice) in quasi due terzi del tempo. Con le giuste competenze e gli strumenti aziendali, questi guadagni di velocità possono essere tradotti in un aumento della produttività che supera i precedenti progressi della produttività ingegneristica.
Nonostante incremento dei costi dell’energia, balzo dei tassi e dell’inflazione, crisi geopolitiche e rallentamento del commercio globale, per il comparto delle macchine utensili Made in Italy il 2023 sarà comunque un anno positivo. Dopo lo scatto a doppia cifra del 2021 confermato l’anno successivo, lo sviluppo non si arresta come confermano i dati presentati in settimana da Ucimu-Sistemi per Produrre, che indicano una crescita del + 15% fra 2021/2022 e un previsionale a +6,5% per il 2023, oltre un miliardo in più rispetto a quanto accadeva prima della crisi Covid, nel 2019. Dedicano attenzione al tema tutti i principali organi di stampa, tra cui il magazine Industria Italiana, con un articolo pubblicato lo scorso 5 luglio: Secondo i dati di consuntivo elaborati dal Centro Studi & Cultura di Impresa di Ucimu, nel 2022, la produzione italiana di macchine utensili, robot e automazione si è attestata a 7.280 milioni di euro, registrando un incremento del 15% rispetto al 2021. Il consumo è cresciuto, del 26%, a 6.311milioni, determinando l’incremento sia delle consegne sul mercato interno (3.812 milioni; +21,6%) sia delle importazioni (2.499 milioni; +33,3%). In aumento anche le esportazioni che, nel 2022, si sono attestate a 3.468 milioni di euro, l’8,5% in più rispetto all’anno precedente. Il rapporto export su produzione è sceso, dal 50,5% del 2021, al 47,6% del 2022. Nel 2022, principali mercati di sbocco dell’offerta italiana sono risultati: Stati Uniti (482 milioni, +43,5%), Germania (306 milioni, -13,3%), Cina (226 milioni, -0,7%), Francia (193 milioni, +9,6%), Polonia (188 milioni, +6,2%), Turchia (124 milioni, -3,9.
Come ricordato nell’articolo, la performance positiva dell’industria italiana del settore si è riflessa sul livello di utilizzo della capacità produttiva, la cui media annua è decisamente aumentata, passando dall’80,2% del 2021 all’86,6% del 2022. In crescita anche il carnet ordini, che si è attestato a 8 mesi di produzione assicurata, contro i 7,3 mesi dell’anno precedente. Il fatturato di settore ha raggiunto la cifra di 10.482 milioni di euro. A questo proposito Barbara Colombo, presidente Ucimu-Sistemi per Produrre, ha affermato: «Se analizziamo l’andamento dell’ultimo triennio 2021-2023, appare evidente che l’Italia della macchina utensile esce rafforzata dalla crisi sanitaria a cui ha fatto fronte in modo più efficace ed energico di molti competitors, a partire dalla Germania. Questi risultati dimostrano le nostre capacità e il valore del nostro modello di imprese agili e fortemente orientate all’innovazione».
Come emerge dalle previsioni elaborate da Ucimu anche il 2023 chiuderà con segno positivo, pur dovendo registrare un rallentamento di ordini nel primo semestre. La produzione si attesterà a 7.750 milioni di euro, il 6,5% in più rispetto all’anno precedente, segnando così un nuovo record assoluto nella storia dell’industria italiana di settore. Il consumo crescerà fino a raggiungere il nuovo valore record di 6.835 milioni di euro (+8,3%), trainando le consegne dei costruttori sul mercato domestico che otterranno un nuovo primato, attestandosi a 4.155 milioni di euro (+9%). Anche le importazioni saliranno ancora fino a toccare il valore di 2.680 milioni di euro (+7,3%). L’export crescerà a 3.595 milioni (+3,7%), così da tornare sui livelli pre-covid.
Il ministro delle Imprese e Made in Italy Adolfo Urso ha dichiarato che il Governo stanzierà almeno 4 miliardi di euro, che provengono dalla revisione dei capitoli di bilancio del Pnrr e del RepowerEu, per il piano transizione 5.0. L’annuncio è stato dato dal ministro intervenendo in collegamento col il Family business forum. Industria 5.0 completa il paradigma dell’Industria 4.0 esistente evidenziando la ricerca e l’innovazione come fattori abilitantiper la transizione verso un’industria europea sostenibile, incentrata sull’uomo e resiliente. Rivolge attenzione al tema Cor.Com – Il Corriere delle Telecomunicazioni con un articolo a firma di Federica Meta pubblicato lo scorso 7 luglio: Il ministro ha garantito che il piano “avrà una certezza sulle risorse stiamo facendo decreti affinché non ci siano contestazioni sull’uso delle risorse, certezza su come e chi ha diritto a queste agevolazioni coi crediti di imposta. Saranno misure automatiche come per Transizione 4.0. Pensiamo di finire il tutto entro la fine dell’anno ma dipende dai tempi del confronto del governo con la Commissione”. “Servirà – ha concluso – a mettere ulteriore carburante a questo processo di transizione ecologica e digitale in cui sono impegnate le nostre imprese”.
Due i principi sui quali si basa il progetto di transizione: l’industria 5.0 sposta l’attenzione dal valore per gli azionisti a quello per gli stakeholder, con vantaggi per tutti gli interessati; l’industria 5.0 cerca di catturare il valore delle nuove tecnologie, fornendo prosperità al di là dell’occupazione e della crescita, rispettando i confini planetari e ponendo il benessere dei lavoratori dell’industria al centro del processo produttivo. Come sottolinea nel suo articolo Federica Meta, in una recente intervista il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, aveva evidenziato la necessità di accelerare sul Piano 5.0, in quanto leva per gli investimenti privati. “Bisogna stimolare gli investimenti privati con un grande piano che ho chiamato Industria 5.0, o Transizione 5.0, perché dobbiamo agganciare le transizioni digitale, ambientale, energetica – sottolineava – La Commissione Ue ha detto che per la sola transizione green servono in Europa 3.500 miliardi, di cui 650 in Italia. Il Pnrr ne prevede fra 60 e 70. Vuol dire che 580 miliardi devono venire da famiglie e imprese, una dimensione impensabile. L’ultimo punto sono le riforme. Questo paese ha necessità di fare quelle di cui tutti sentiamo parlare da 35 o 40 anni. Ci veniva detto che le risorse non c’erano, col Pnrr adesso ci sono”.
Ricordiamo che l’annuncio di Urso arriva a poche settimane dal lancio del progetto europeo Sure5.0, finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma Horizon Programme Europe, che mira a sostenere le Pmi europeeche lavorano con ecosistemi industriali, favorendole nell’avanzamento all’interno del processo di trasformazione digitale e nel diventare contemporaneamente più centrate sull’uomo, sostenibili e resilienti. Le Pmi potranno beneficiare di rapporti di valutazione 5.0, webinar aperti, roadmap individuali, servizi su misura, eventi di networking e di apprendimento tra pari, supporto finanziario per i loro progetti 5.0.
Il governo ha ribadito su quali percorsi intende rilanciare i settore delle Tlc, in uno scenario di mercato che rimane complesso. Lo ha fatto presentando un documento specifico. Un testo di 38 pagine, esaminato il 6 luglio dal Comitato interministeriale per la transizione digitale in una riunione presieduta dal sottosegretario all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti. Ora il documento deve passare al vaglio del Consiglio dei ministri. Ne anticipa i contenuti il quotidiano il Sole 24 ore, con un articolo a firma di Carmine Fotina, pubblicato lo scorso 9 luglio: «Gli obiettivi – si legge nel documento visionato dal Sole-24 Ore – possono essere raggiunti indipendentemente dalla realizzazione o meno della rete unica o rete nazionale, il cui punto di approdo non è al momento prevedibile». (…) Gli interventi e le gare del Pnrr evidentemente non sono ritenuti sufficienti e vengono delineati 25 interventi per un fabbisogno complessivo di 2,8 miliardi in un arco triennale. Di questi, secondo le stime del Dipartimento per la trasformazione digitale, circa 2,4 sono potenzialmente disponibili tra gli stessi fondi Pnrr da riorientare, avanzi delle gare precedenti, Piano nazionale complementare, Fondo sviluppo e coesione. Al ministero delle Imprese e del made in Italy, insieme al Tesoro, spetterebbe invece la copertura del decreto legge sugli incentivi alle tlc (ulteriori 1-1,5 miliardi) preparato ormai già da diverse settimane.
Nel suo articolo Fotina sottolinea che nel documento si parla dei problemi nel calendario della realizzazione dell’infrastruttura di fibra ottica nelle aree bianche a fallimento di mercato e più recentemente nelle aree grigie finanziate dal PNRR. Per completare i piani vengono prospettate correzioni e modifiche anche sul piano della governance (potrebbe essere nominato un Commissario dedicato) per intensificare gli interventi con un obiettivo primario: completare la rete entro il 2026. Sempre nell’articolo di Fotina vengono puntualizzati i gruppi di interventi e gli importi previsti: la proposta fissa quattro gruppi di interventi organizzati in 12 temi, per un fabbisogno di 1,15 miliardi. Di questi, circa 300 milioni per realizzare un’infrastruttura di backhauling in fibra (collegamento tra accesso finale e rete centrale) di proprietà pubblica lungo il sedime ferroviario di Fs. Previsti anche sostegni al venture capital per le startup (250 milioni per la transizione green in ambito tlc con un fondo gestito da Cdp e 30 milioni per le tecnologie emergenti). Sei azioni (455 milioni) sono destinate alla rete fissa. Occorrerebbero, tra gli altri interventi, 250 milioni per garantire la gratuità dei servizi fino al 2035 a tutte le scuole interessate dal piano “Scuola connessa” e 70 milioni per potenziare il progetto Polis del Pnrr per l’accesso ai servizi digitali tramite sportelli di Poste Italiane. Il terzo capitolo riguarda le reti mobili, che prevede 5 azioni strategiche per un importo di 1,1 miliardi. Qui spiccano 400 milioni per progetti specifici sul 5G e altrettanti per lo sviluppo di servizi basati sull’uso della tecnologia edge cloud computing.