Atlantia, la holding di partecipazioni infrastrutturali controllata al 30% dalla famiglia Benetton, ha annunciato un impegno sempre maggiore nell’ambito della ricerca applicata nel settore delle nuove tecnologie per la mobilità smart. Dopo aver chiuso il capitolo Autostrade per l’Italia, Atlantia ora guarda alla mobilità hi-tech. Lo dimostra anche il fatto che la società dei Benetton ha rilevato da Siemens la società Yunex Traffic (per un costo di quasi un miliardo di euro), operazione che la candida ad essere fra i maggiori protagonisti dello sviluppo dell’infrastruttura tecnologica per le strade del futuro. Dedica attenzione al tema Il Corriere della sera, all’interno del suo magazine economico-finanziario l’Economia, con un articolo a firma di Daniela Polizzi: A fronte di un investimento di circa 950 milioni, Atlantia posa così la prima pietra della nuova architettura tecnologica della holding per le infrastrutture studiata dal CEO Carlo Bertazzo, in linea con l’indirizzo di mobilità e innovazione impresso da Alessandro Benetton, presidente di Edizione, la cassaforte che ha il 33,1% di Atlantia. «Pensare solo a ferro e cemento nelle infrastrutture significa viaggiare guardando nello specchio retrovisore», dice Bertazzo.

Nell’articolo viene ricordato come Yunex Traffic incorpora piattaforme per la gestione dei flussi di traffico e la sua attività è legata a telecamere, sensori e software. Si aggiunge ad altre aziende di Atlantia che fanno parte della galassia mobilità sotto diversi aspetti: Telepass, Urbanv (aeroporti per droni passeggeri a decollo verticale), Aeroporti di Roma. Sempre nell’articolo de “L’Economia“, si sottolinea come Yunex Traffic potrebbe diventare il perno tecnologico su cui ruotare tutte le attività di Atlantia. L’amministratore delegato Markus Schlitt è convinto che l’apporto hi-tech alla mobilità ridurrà le emissioni e decongestionerà le metropoli. Così nell’articolo: «I centri urbani devono ripensarsi con autobus elettrici, sistemi di trasporto via cavo che connettono, per esempio, gli aeroporti ai centri città, oltre a scooter e bike sharing. Ma non basta. È necessario un progetto complessivo. (…) In Yunex abbiamo sviluppato un algoritmo, basato sull’intelligenza artificiale, battezzato Fusion. Sarà in grado di prevedere e reindirizzare i flussi. In pratica, svolgerà il ruolo di direttore d’orchestra dei segnalamenti stradali in 2.000 incroci, inizialmente a Londra, per migliorare del 30% l’efficienza. Sarà la prima iniziativa al mondo di questo genere e noi ne saremo i co-sviluppatori. Il progetto di Londra è una partnership pubblico-privata, una sorta di joint venture che possiamo esportare in giro per il mondo. Con Atlantia potremo guardare a Francia, Spagna e Italia dove Yunex non è presente e che invece rappresentano i tre ecosistemi più forti della holding».

Come spiegato in conferenza stampa lo stesso premier Mario Draghi, i “progetti bandiera” mirano a premiare le capacità creative degli enti territoriali in ambito energetico, infrastrutturale, sanitario e digitale. Rafforzando al contempo la coesione sociale e territoriale. A ogni Regione è stato chiesto dal Dipartimento per gli Affari Regionali di individuare iniziative di particolare rilevanza strategica per il proprio territorio, da sviluppare ad hoc e con accordi bilaterali. Draghi ha dichiarato: “Gli enti locali sono protagonisti, così si stimolano sviluppo e occupazione”. Si occupa dell’argomento il Corriere della Sera, con un articolo a firma di Enrico Marro pubblicato lo scorso 9 giugno: «Gli accordi di oggi sono un passaggio importante nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza». Così il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ieri a Palazzo Chigi, dove ha firmato con le Regioni Liguria, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Basilicata e Puglia, i primi due protocolli d’intesa per la realizzazione dei cosiddetti «progetti bandiera». Il Pnrr, ha aggiunto, «è un piano che parte dal basso e che ha bisogno del vostro contributo per avere successo». Il primo protocollo riguarda la Liguria, per un «Centro di medicina computazionale e tecnologica» nella zona di Erzelli.

Come evidenziato nell’articolo, il secondo protocollo interessa 5 regioni, per la precisione Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Basilicata e Puglia, per realizzare siti di produzione di idrogeno verde in aree industriali dismesse, le cosiddette «Hydrogen valleys». È previsto un finanziamento integrativo di 50 milioni, 10 per ciascuna Regione. Il ministro della Transizione, Roberto Cingolani, ha dichiarato a questo proposito: “Ci mette in linea con i migliori Paesi d’Europa, in un settore che è strategico per il futuro”. L’articolo prosegue sottolineando come: Alle due intese di ieri ne seguiranno altre. Il governo ha chiesto a tutte le Regioni di individuare un progetto di rilevanza strategica, che sarà realizzato sulla base di accordi che fanno riferimento alle missioni del Pnrr, per un valore complessivo di 9 miliardi. «Siamo qui per i primi sei progetti bandiera, ma ci auguriamo di completare gli accordi con tutte le Regioni nell’arco di qualche mese», ha detto la ministra per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini. Il premier ha chiesto alle stesse Regioni la massima collaborazione. «Un continuo colloquio quotidiano che permette alle istituzioni di lavorare insieme. Quando manca questo finisce il dialogo e si perde tempo», ha ammonito Draghi.  I protocolli rientrano nell’ambito del Pnrr, dove, ha assicurato Cingolani, «siamo puntualissimi» sul rispetto degli obiettivi da conseguire entro il 30 giugno per ottenere la seconda rata di finanziamenti europei, pari a 19 miliardi. Si tratta di 45 interventi, di cui 15 riforme e 30 investimenti.

La discussione sulla Rete Unica è in corso e sembra che ora ci siamo le condizioni per arrivare a realizzarla. Lo ha sottolineato l’AD di Open Fiber Mario Rossetti incontrando la stampa in merito al tema. Rossetti non si è dichiarato preoccupato per un accordo industriale tecnico, a suo giudizio il problema riguarda più raggiungere un accordo tra gli azionisti che devono valorizzare gli asset e decidere la governance. Dedica attenzione al tema Cor.Com- Il Corriere delle comunicazioni con un editoriale del suo Direttore Mila Fiordalisi pubblicato lo scorso 10 giugno: Rossetti ci ha tenuto a sottolineare che il piano industriale di Open Fiber è pensato “stand alone” ossia al netto dell’eventuale integrazione degli asset di rete con Fibercop, la wholesale company di Tim con cui si lavora per dare vita alla rete unica. Riguardo alla questione delle tempistiche – la deadline per arrivare ad un accordo vincolata è fissata al 31 ottobre – Rossetti evidenzia che sul cammino ci sono anche quelle relative ai via libera da parte delle autorità, a partire dalla Commissione europea, stimate in 8/12 mesi ma che potrebbero dilatarsi in caso di rilievi su progetto. Come ricordato nell’articolo, nell’incontro con la stampa Rossetti ha fatto il punto anche sui suoi primi 180 giorni alla guida dell’azienda. In tal senso Mila Fiordalisi cita questo passaggio delle dichiarazioni dell’AD di Open Fiber: “Abbiamo finanziato un nuovo piano da oltre 15 miliardi, riorganizzazione la squadra manageriale, tenuto il focus sulle aree bianche che sono un tema sociale. Open Fiber aveva un ritardo significativo nelle aree bianche, c’è un’attenzione particolare per ridurlo il più possibile e l’accordo commerciale con Tim va nella direzione di accelerare la copertura”.

Sull’importanza della questione aree bianche Rossetti ha puntualizzato che sono state spostate risorse dalle aree nere quelle dove ci sono più margini e concorrenza a quelle bianche e che Open Fiber sta cercando tutte le misure per avere un incremento delle risorse sui cantieri. Del resto il tema del personale mancante per completare la rete è fondamentale. Così nell’articolo di Cor.Com: Sui cantieri delle tlc che sono fermi per mancanza di manodopera, Rossetti spiega che “c’è una difficoltà di sistema a realizzare i lavori anche se avere alle spalle un gruppo come Cdp ci dà un respiro più ampio ma la capacità produttiva della filiera è limitata”. “Abbiamo da dare lavoro a 1.500 persone solo nelle aree bianche, su tutto il perimetro di Open Fiber diventano 3.400, una cifra che andrà al raddoppio – spiega Rossetti – Quello che ci sta frenando non sono i soldi o la capacità manageriale ma la mano d’opera”. “Useremo modalità straordinarie: l’azienda si sta dotando di risorse proprie, stiamo guardando ad altri operatori internazionali che possono entrare su questo mercato e abbiamo spostato risorse dalle aree nere a quelle bianche”. “Con il Governo stiamo discutendo anche per inserire nel nuovo decreto flussi i lavoratori tlc e ci sono contatti con il DAP per usare i detenuti come manodopera nei cantieri”.

L’Italia ha sicuramente bisogno di interventi innovativi per quanto riguarda infrastrutture che interessano strade, ferrovie, edifici pubblici e molti altri campi di intervento. Ma abbiamo altrettanto bisogno di infrastrutture sociali, capaci di rafforzare i valori umani che formano il cuore della società civile. Ne è convinto Giovanni Fosti, Presidente di Fondazione Cariplo, che ha espresso le sue tesi durante il primo degli incontri denominati “Looking4”, organizzati per il trentennale dalla fondazione e dedicati ai quattro temi chiave per l’impegno dell’ente: l’ambiente, la cultura, la ricerca e i servizi alla persona (di cui si è parlato appunto nella prima tappa tenutasi a Novara l’8 giugno). Rivolge attenzione al pensiero di Fosti il quotidiano Il Sole 24 ore, con un articolo a firma di Luca Davi e Marco Ferrando, pubblicato lo scorso 12 giugno: Per Fosti, 55 anni ben portati, la dimensione della comunità è stata prima terreno di studio (è docente di Innovazione sociale in Sda Bocconi) e poi di applicazione pratica in Cariplo, una delle principali fondazioni italiane (con oltre 8 miliardi di patrimonio a fine 2021), realtà che guida dal 2019. Sulla materia le sue idee sono chiare da sempre. Oggi, in un post-pandemia contraddistinto da disuguaglianze crescenti, anche la declinazione pratica suona immediata e urgente: «Viviamo in un momento di grande disorientamento per le vite delle persone, e di paura per una componente sempre più ampia. Il Covid, e la situazione socio-economica che ne ha fatto seguito, ha messo in evidenza tutte le vulnerabilità delle biografie individuali delle persone». La salute in pericolo, materie prime che non bastano per tutti, l’invecchiamento, la guerra, le fratture sociali: è «come se in questo momento stessero venendo al pettine questioni epocali, tutte insieme». Una nuova domanda di senso che finisce per rilegittimare e rilanciare nella sua imprescindibilità un’offerta che c’è da quando esiste l’uomo: la comunità, appunto. Depurata, finalmente, «da edulcorazioni e buonismi. Oggi servono comunità vere e vive, luoghi che possono dare forza nella misura in cui, ciascuno, dà la propria forza. Pragmaticamente».

Come viene sottolineato nell’articolo de Il Sole 24 ore, un elemento centrale del pensiero di Fosti è il rischio crescente della parcellizzazione anche dell’impegno sociale, sia esso pubblico ho finanziato da aziende. Ci stiamo “clusterizzando” troppo. La nostra società è sempre più segmentata e frammentata in tante piccole bolle: se sei in quella giusta e fortunata continuerai a essere sempre più fortunato. Ma se al contrario ti trovi in quella sbagliata, allora il percorso sarà inevitabilmente al ribasso». Un processo nei fatti degenerativo, che suona come un dilaniante paradosso per uno studioso (e attivista), di percorsi generativi. Di qui la necessità, declina Fosti, di intervenire con misure radicali. Perché l’emergenza disuguaglianza crea ingiustizia e la amplifica e deprime le occasioni di sviluppo. «È una disuguaglianza che si incunea nel reddito delle persone, tra i generi, sul fronte della salute, e pure della cultura». Inevitabile e corretto un affondo riflessivo sulle risorse messe a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza: una enorme dote di cui, come sottolineano gli articolisti del “Sole”, Fosti rimarca opportunità e rischi. Il valore è «assolutamente fuori dall’ordinario». A patto però, è il monito, che l’intera potenza di fuoco «sia utilizzata per creare valore e fare investimenti sul futuro» del Paese e «non per risolvere partite del passato: la partita, dunque, alla fine si gioca più sulle nostre competenze che non sui soldi».

Il fattore decisivo per creare valore per il futuro? Per Fosti sono le persone, i legami, la fiducia: il cosiddetto “capitale sociale”: Il capitale sociale come base fertile per «creare connessioni in cui c’è bisogno di fiducia reciproca». Il capitale sociale come «facilitatore di transazione e transizioni», spiega il presidente di Cariplo.

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