Nonostante i finanziamenti pubblici raggiungano il 90% dei costi nelle aree 5G a fallimento di mercato, le società che operano nel settore non le considerano comunque appetibili. Infatti anche il 10% di spese, a carico a fronte di un Roi pari a zero, è giudicato incompatibile con la sostenibilità economica. Tanto è vero che Ministro Colao sta pensando a strategie di mercato alternative. Ne parla Cor.Com – Il Corriere delle Comunicazioni in un editoriale a firma di Mila Fiordalisi, pubblicato lo scorso 10 maggio: Non è bastata dunque la proroga di oltre 10 giorni – dal 27 aprile al 9 maggio – per i due bandi di gara dedicati alle reti di quinta generazione a convincere del tutto le telco: se al bando da 949 milioni per la rilegatura in fibra ottica di più di 10.000 siti radiomobili esistenti sono state presentate offerte per tutti e 6 i lotti (l’assegnazione ai vincitori è prevista entro il 30 giugno), a quello del valore di oltre 974 milioni dedicato alla realizzazione di nuovi siti radiomobili 5G in più di 2000 aree a fallimento di mercato non si è invece presentato nessuno. E c’era da aspettarselo: il 10% di costi a carico degli operatori- a cui si aggiungono i tempi stretti legati alla roadmap del Pnrr e quelli da rispettare per la realizzazione delle reti prevista dalla gara per l’assegnazione delle frequenze – è stato considerato non idoneo tenendo conto che si tratta di aree a totale fallimento di mercato ossia a Roi (ritorno di investimento) pari a zero.
Sempre nell’articolo, Mila Fiordalisi sottolinea come per l’ammontare relativo alla componente di gara più problematica, nelle prossime settimane si valuteranno diverse possibilità di impiego e i relativi tempi. L’annuncio giunge direttamente dal Ministro Colao, che comunque si è detto soddisfatto dell’andamento complessivo delle gare per la Banda ultralarga. Sempre nell’articolo: Riguardo al bando Italia a 1 giga sono state presentate offerte per 14 lotti su 15 (il lotto per le province autonome di Trento e Bolzano è quello ancora in fase di gara): Tim e Open Fiber le due aziende che hanno presentato offerte. I due bandi sui piani Scuola e Sanità hanno visto la partecipazione degli operatori su tutti i lotti (16 complessivi).
Le difficoltà rilevate nelle gare hanno suscitato vivaci reazioni nel mondo politico ed economico, nonché fra le parti sociali. A questo proposito l’articolo della Fiordalisi cita, fra le altre, la dichiarazione di Emilio Miceli, della Cgil: “È inaccettabile: il Governo trovi una modalità per connettere tutto il Paese”, commenta il segretario confederale della Cgil Emilio Miceli. “Questo a poche settimane dalla proroga subita dai bandi di gara per le reti 5G e dopo il rinvio dei termini per quelle legate ai piani Sanità e Scuola connessa, avvenuto per ben due volte. La sensazione, lo abbiamo già ribadito, è che ciò sia dovuto al fatto che si è scelto di trattare la rete di telecomunicazione, struttura portante dell’intero impianto contenuto nelle missioni del Pnrr, come fosse un’opera pubblica ‘inerte’, ignorando il fatto che per connettere il Paese, da nord a sud, dalle aree interne alle isole, non è sufficiente posare i cavi per poi metterli a disposizione del mercato”.
TIM, FiberCop e Open Fiber hanno siglato un accordo commerciale che consente il riutilizzo delle infrastrutture di rete nelle cosiddette aree bianche, in cui è stata finanziata con fondi pubblici la realizzazione in regime di concessione di una infrastruttura di TLC. Nelle aree bianche, dove Open Fiber si è aggiudicata i tre bandi pubblici indetti da Infratel, l’accordo prevede che Open Fiber acquisti da FiberCop, per un controvalore complessivo superiore ai 200 milioni di euro, il diritto d’uso per infrastrutture aeree e collegamenti d’accesso alla casa del cliente. Nel contempo, TIM si impegna a mettere a disposizione dei propri clienti nelle aree bianche la fibra ottica di Open Fiber. Questo, si prevede, consentirà di attivare su rete Open Fiber almeno 500mila clienti che possono domandare la possibilità di utilizzare la tecnologia FTTH (Fiber To The Home).
Dedicano attenzione all’accordo tutti i principali organi di stampa, fra i quali La Repubblica, con un articolo a firma di Sara Bennewitz, pubblicato lo scorso 13 maggio: Gli astri per dare vita alla rete unica delle telecomunicazioni, ovvero all’infrastruttura che nascerebbe dall’incrocio delle reti di Tim e Open Fiber, si stanno allineando. Ieri il fondo Usa Kkr – che ha investito 1,8 miliardi in Fibercop a cui è stata conferita la rete secondaria di Telecom – ha votato a favore dell’accordo commerciale che permetterà alla concorrente Open Fiber di utilizzare pali, canaline e altre infrastrutture che Tim ha già costruito nelle aree bianche, quelle scarsamente popolate.
L’accordo commerciale tra Tim e Open Fiber è una notizia strategica verso la copertura in fibra delle aree bianche nelle quali Open Fiber ha vinto otto gare e Tim altre sei. Ma non è l’unica, perché, grazie anche all’attività di relazione di Cassa depositi e prestiti, che è azionista di controllo di Open Fiber e secondo azionista di Tim, a breve si dovrebbe arrivare a un vero e proprio “matrimonio” tra Tim e Open Fiber per quanto concerne le reti. Secondo le indiscrezioni finora circolate, riportate anche nell’articolo di Sara Bennewitz Tim dovrebbe conferire a una società separata, chiamata Telecom Italia, la rete primaria, quella secondaria (che è in Fibercop) e i cavi sottomarini di Sparkle, mentre il cosiddetto backbone (la dorsale in fibra che collega tutte le centrali per il fisso e per il mobile) dovrebbe per ora restare in capo a Tim. Una volta realizzato lo scorporo dell’intera rete, dovrebbe essere un consorzio guidato da Cdp a prenderne il controllo attraverso un’offerta per arrivare finalmente alla fusione con Open Fiber. I passaggi procedurali per arrivare all’atteso matrimonio sono complicati e richiederanno tempo, ma finalmente si comincia a vedere la luce in fondo al tunnel e la rete unica non è più una chimera.
Secondo il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, è necessario accelerare sui progetti rivolti a rendere l’Italia sempre meno dipendente da forniture di gas naturale potenzialmente a rischio di interruzioni per cause geopolitiche. La corsa all’indipendenza vedrà aumentare l’acquisto di Gnl (gas naturale liquefatto). Si guarda quindi con crescente interesse ai rigassificatori. Al momento, ha ricordato il Ministro, ne abbiamo tre che vanno al 60% della loro capacità di esercizio, e possono essere a breve portati a una efficienza superiore quindi produrre più gas. La corsa all’indipendenza del gas vedrà quindi sicuramente dare più slancio anche alla flotta di navi metaniere battenti bandiera tricolore. Dedica attenzione al tema il Corriere della Sera, nell’edizione online del 12 maggio (con replica sull’edizione in carta del 13 maggio), con un articolo a firma di Fausta Chiesa: Snam sta lavorando per due rigassificatori galleggianti per sostituire il gas russo e la prima nave Frsu dovrebbe essere operativa nel 2023. Lo ha annunciato il ceo Stefano Venier durante la conference call con gli analisti a commento della trimestrale pubblicata la mattina del 12 maggio. «Come noto – ha detto Venier – il governo ha chiesto a Snam di procurare due rigassificatori su nave», e per uno «siamo in un avanzato stato di negoziazione» mentre «a breve andremo verso una negoziazione esclusiva per la seconda nave. Contiamo di averne una l’anno prossimo e l’altra nel 2024», ha detto Venier. Il ceo ha sottolineato come Snam stia «rifocalizzando le priorità» per gli investimenti alla luce del nuovo scenario del gas.
Sempre nell’articolo pubblicato su Il Corriere della Sera si ricordano i dati principali ottenuti da Snam da inizio 2022, evidenziando il rapporto tra risultati e crescente impegno per la transizione energetica orientata alla sostenibilità: I ricavi totali del primo trimestre 2022, al netto dei corrispettivi a copertura degli energy costs, ammontano a 808 milioni, in aumento di 104 milioni (+14,8%). «L’incremento – si legge nella nota – è attribuibile alla crescita dei business della transizione energetica (+63 milioni di euro), in particolare all’efficienza energetica, e dei business regolati (+41 milioni di euro), anche grazie a proventi one-off connessi alla cessione di rimanenze a magazzino di gas di proprietà, nonostante l’effetto negativo dovuto alla riduzione del WACC. I ricavi regolati, al netto dei corrispettivi a copertura degli energy costs, ammontano a 631 milioni di euro, in lieve riduzione (-3 milioni di euro, pari allo 0,5%) rispetto al primo trimestre 2021 per gli effetti della revisione del WACC a partire dal 1 gennaio 2022».
Sempre nell’articolo si ricorda inoltre come il margine operativo lordo del primo trimestre 2022 ammonta a 588 milioni di euro, in aumento di 29 milioni (+5,2%)
L’aveva annunciato ad inizio anno l’Ad di Enel Francesco Starace: la nuova società chiamata Gridspertise cerca un partner industriale e punta a oltre 1,5 miliardi di ricavi annui al 2030, con una marketshare di almeno il 10% a livello mondiale. Obiettivi ambiziosi, perseguibili grazie ad un principio base: innovazione tecnologica a vocazione smart. Lo stesso Starace aveva anticipato che la newco per la digitalizzazione delle reti elettriche si sarebbe chiamata “Gridspertise”, caratterizzata anche da un significativo partner industriale. A questi temi dedica attenzione il quotidiano Il Sole 24 Ore, con un articolo a firma di Laura Serafini, pubblicato lo scorso 15 maggio: Il gruppo elettrico guidato da Francesco Starace ha avviato da qualche settimana la procedura per aprire il capitale a un partner privato: sono stati nominati gli advisor, mandati gli inviti a operatori internazionali perché presentino una manifestazione di interesse. Ma rispetto a quanto immaginato qualche mese fa, il gruppo ha corretto il tiro sul percorso da seguire in questa forma di privatizzazione: non ci sarà una quotazione in Borsa, ma la ricerca di un partner, tecnologico o finanziario, per sostenere l’importante piano di investimenti a supporto del fabbisogno di innovazione tecnologica che la trasformazione delle reti. L’obiettivo è cedere una quota fino al 50% del capitale e dare vita a una joint venture paritetica.
Come viene ricordato nell’articolo, il portafoglio di prodotti e servizi di Gridspertise evidenzia l’impegno della società a fornire soluzioni innovative, circolari, solide e testate sul campo su larga scala, concepite per creare valore: Ora la nuova frontiera per rendere intelligenti le reti di distribuzione si chiama QEd, quantum edge device, una soluzione innovativa messa a punto da Enel assieme a partner come Qualcomm (uno dei principali sviluppatori di semiconduttori) che sfrutta l’edge computing per digitalizzare e virtualizzare i componenti fisici delle cabine secondarie. Nei fatti viene creato un “gemello digitale” attraverso applicazioni virtuali che possono essere gestite e aggiornate in remoto: la rete riesce quindi ad individuare i guasti, a prendere decisioni isolando tratti di rete per limitare i clienti coinvolti, e a ripararsi da sola, riducendo inoltre l’esposizione ai rischi dei cyberattacchi. Il gruppo elettrico installerà tra 15 e 30 mila QEd in un anno; il primo device è stato da poco installato in Calabria.
L’interesse è molto alto proprio per il livello di innovazione tecnologica e la vasta gamma di servizi di Gridspertise. Tra gli invitati alla partnership potrebbero esserci proprio Qualcomm, ma anche Adi (Analog devices non analogic). Al momento sarebbero almeno una decina i potenziali partner che stanno valutando la presentazione di una manifestazione di interesse. Il mercato dei servizi in cui opera Gridspertise già oggi vale 20 miliardi ed entro il 2030 arriverà a valere 30 miliardi. Nell’articolo de Il Sole 24 ore si sottolinea:«La nostra idea non è quella di vendere Gridspertise, ma di valorizzarla prendendo a bordo un partner che ci consenta di accelerare lo sviluppo – spiega Antonio Cammisecra, responsabile Infrastrutture e Reti di Enel a livello globale – Vogliamo creare le condizioni perché questa società resti leader di mercato a livello globale. Abbiamo invitato operatori internazionali: istituzionali finanziari, società tecnologiche, anche grandi fornitori di componentistica elettrica. Contiamo di completare la vendita entro l’anno.