Il Consiglio di Amministrazione di Enel ha nominato Paolo Scaroni nuovo presidente e Flavio Cattaneo quale amministratore delegato e direttore generale della società. All’amministratore delegato sono stati conferiti, in linea con l’assetto precedente, tutti i poteri per l’amministrazione della società, ad eccezione di quelli diversamente attribuiti dalla normativa applicabile, dallo statuto sociale o mantenuti dal consiglio di amministrazione nell’ambito delle proprie competenze. Inoltre il CdA procederà a ricostituire al proprio interno i comitati con funzioni consultive e propositive in occasione di una prossima riunione. Secondo i commenti di tutti i principali organi di stampa, appare chiaro che la lista indicata dal Ministero dell’Economia ha vinto nel voto dell’assemblea degli azionisti per il rinnovo del consiglio. Non a caso il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha commentato subito dopo il voto: “È stato raggiunto un ottimo risultato, migliore rispetto a tre anni fa, non semplice e scontato, che premia la correttezza e non la scorrettezza”. È apparso chiaro agli osservatori di settore e agli organi di stampa come il Ministro si riferiva al tentativo dell’asset manager globale britannico Covalis, che voleva come “presidente indipendente” Marco Mazzucchelli. La lista non ha piazzato però alcuno dei sei candidati. Nell’articolo che il quotidiano La Repubblica dedica alla notizia, a firma di Giovanni Pons e pubblicato lo scorso 11 maggio, si fa infatti esplicito riferimento a questo tema: “Enel, ritorno di Scaroni. Non passa il blitz dei fondi.” Quindi nell’articolo si sottolinea: A conti fatti il Tesoro, grazie anche alla consulenza della società specializzata MorrowSodali che ha facilitato il dialogo con gli investitori, ha coagulato intorno alla sua lista più del 31% del capitale, partendo da un 23,58% proprio.

Paolo Scaroni ha conquistato la presidenza con il 97,24% dei voti dei soci. Per lui è un ritorno nel gruppo energetico, dove fu amministratore delegato per tre anni dal 2002. Nel board a 9 componenti entrano anche i tre candidati di Assogestioni. Lascia dopo 23 anni, di cui gli ultimi 9 come capo azienda, Francesco Starace, che ha ricordato gli ottimi risultati ottenuti dal gruppo che capitalizza in Borsa 67 miliardi di euro “a cui ho dato tanto e che mi ha dato tanto”, ha detto emozionato. Il governo ha però deciso di cambiare la governance. Nel board ci saranno quindi per il Mef Paolo Scaroni, Flavio Cattaneo, Olga Cuccurullo (tutti e tre indicati come ‘non indipendenti’) Alessandro Zehenter, Johanna Arbib Perugia, Fiammetta Salmoni. Per gli investitori istituzionali siederanno Dario Frigerio, Alessandra Stabilini e Mario Corsi. Oltre alle decisioni sul Cda l’assemblea ha approvato il bilancio 2022 chiuso con un utile netto di circa 7,15 miliardi di euro, il dividendo di 0,40 euro per azione, l’acquisto di azioni proprie fino a due miliardi di euro. Approvati anche il Piano di incentivazione di lungo termine per il 2023 destinato al management e la Relazione sulla politica in materia di remunerazione per il 2023 e sui compensi del 2022.

L’AD di TIM Pietro Labriola ha fatto il punto delle strategie del Gruppo nel corso della Conference Call tenutasi l’11 maggio nella quale sono stati presentati alla comunità finanziaria i risultati del primo trimestre del 2023. Particolarmente importante l’annuncio che entro il termine del prossimo 9 giugno sarà definita l’offerta per la Netco, che dovrà essere finale anche se ancora non vincolante. “Per noi è importante il tempo, – ha detto Labriola – per questo ho chiesto un’offerta definita. Tuttavia, tutti stanno cercando di abbreviare i tempi”. Labriola con gli analisti che, in conference call, lo hanno giustamente incalzato con domande sul futuro della rete, ha cercato di stemperare i toni ricordando la possibilità di mettere sul mercato, oltre alla rete, anche la divisione Enterprise. Quello che emerge è comunque l’incertezza per quanto riguarda le future strategie della società in quanto manca l’accordo sul prezzo offerto dai possibili acquirenti. Dedica attenzione al tema Cor.Com – Il Corriere delle Telecomunicazioni, con un articolo a firma di Patrizia Licata pubblicato lo stesso 11 maggio: Commentando con gli analisti i risultati finanziari di Tim, Labriola ha detto che, sulla possibilità di un’offerta combinata tra i due soggetti che hanno avanzato proposte per la rete di Tim, cioè Kkr e Cdp-Macquarie, “per noi le cose importanti sono l’execution e tempi. È importante procedere rapidamente con un basso rischio in termini di execution per valutare la validità dell’offerta…Se vogliamo fondere o combinare le cose, questo per il momento non lo possiamo dire”. Quanto all’ipotesi per Tim di tenere una quota di minoranza nella rete, “Dipende – ha risposto l’Ad in conference call con la comunità finanziaria. – Oggi non vogliamo avere diritti di veto perché altrimenti non saremmo in grado di sfruttare la disintegrazione verticale per ServiceCo e per Netco. Evitare di avere una integrazione verticale ci consentirebbe di avere più libertà nella definizione dei prezzi e ritorno sugli investimenti”.

Come sottolineato nell’articolo di Patrizia Licata, sulla rete di Tim il processo va avanti. L’offerta per la rete di Tim con il nuovo termine del 9 giugno “come reso noto da comunicato, sarà finale, ma ancora non vincolante, dipenderà anche dalla controparte, per noi è importante la velocità del processo” di cessione della Netco, “per questo abbiamo chiesto offerte definitive”, ha ribadito Labriola. “È anche importante avere un’offerta senza condizioni particolari, come sull’antitrust”. Come riportato nell’articolo di Cor.Com, Labriola ha tenuto a ribadire la solidità complessiva di TIM: Tolta la rete (Netco) Tim resta un’azienda solida, ha proseguito Labriola: “ServiceCo è un portafoglio di tre attività distinte ben bilanciate in termini di generazione di cassa, maturità del mercato e propensione al rischio” di cui fanno parte non solo Tim Consumer, ma anche Tim Enterprise e Tim Brasile. “Il modo giusto di guardare a ServiceCo è di considerare la combinazione di queste tre entità” e così “vediamo che ServiceCo è già sostenibile, con un Ebitda Al pro-forma combinato previsto significativamente superiore a 3 miliardi di euro e con Fcf operativo positivo superiore a 1 miliardo di euro nel 2023. Inoltre, la generazione di cassa è impostata su un forte traiettoria di crescita, sulla scia dell’aumento dell’Ebitda e della riduzione del Capex”, ha affermato Labriola.

L’Eurocamera ha votato i primi paletti alle possibili azioni in luoghi pubblici dell’IA, diventando la prima istituzione al mondo ad occuparsi di questo dossier in maniera legislativa. L’intelligenza artificiale non potrà identificare le nostre facce e interpretare le nostre emozioni in tempo reale mentre camminiamo o sostiamo in luoghi pubblici. Un chiaro no all’uso del riconoscimento facciale nei luoghi pubblici è arrivato quindi dalle commissioni per il Mercato interno e per le Libertà civili del Parlamento europeo. Con 84 voti a favore, 7 contrari e 12 astensioni, l’11 maggio 2023, gli eurodeputati hanno approvato il testo della proposta di legge che delinea le prime regole sull’uso dell’intelligenza artificiale, l’Ai Act, vietando la sorveglianza biometrica, i sistemi di polizia predittiva, di riconoscimento delle emozioni e l’uso di database per il riconoscimento facciale. L’obiettivo dell’Unione europea è di costruire la prima normativa di riferimento a livello mondiale in tema di intelligenza artificiale, per garantire che questi sistemi siano supervisionati dalle persone, sicuri, trasparenti, tracciabili e non discriminatori. Pertanto i legislatori hanno deciso di vietare ogni strumento in grado di porre un livello di rischio inaccettabile per la sicurezza e la libertà delle persone. Uno stop che è stato molto dibattito all’Europarlamento. Dedicano attenzione all’argomento e alla decisione europea tutti i principali organi di stampa, a partire dall’agenzia ANSA, con un articolo redazionale pubblicato lo scorso 12 maggio su ansa.it: Le norme seguono un approccio basato su categorie di rischio e stabiliscono obblighi per i produttori a seconda del livello di pericolosità che l’IA può generare. Attenzione speciale viene rivolta a quelle tecnologie che verranno usate nell’ambito sociale, educativo o di amministrazione pubblica. Vietati invece i sistemi di punteggio sociale, ovvero la classificazione delle persone in base al loro comportamento sociale, religioso, sessuale e socio-economico. “L’Europa tutelerà i diritti senza fermare l’innovazione, stop alla video sorveglianza invasiva e stop all’uso della tecnologia senza regole. (…) Un accordo trasversale è stato trovato su quello che sarà un pilastro della lotta alla disinformazione ed alla manipolazione, ovvero l’articolo 52 del testo, che chiede che ai sistemi ad IA che interagiscono con le persone, inclusi quelli generativi come ChatGpt, “di rivelare sempre la loro natura” e che “il materiale creativo generato da IA sia sempre contrassegnato come tale”. Tra i punti cardine anche la definizione dei cosiddetti foundation models dell’IA, blocchi di sapere primario alla base del funzionamento degli algoritmi che d’ora in avanti “dovranno garantire una solida protezione dei diritti fondamentali, della salute e della sicurezza e dell’ambiente, della democrazia e dello stato di diritto”.

Come ricordato nell’articolo di ANSA, il voto finale del Pe è previsto nella Plenaria di giugno, poi il testo dovrà affrontare il negoziato con le capitali dei 27, dove sono previste fortissime pressioni per rivedere la messa al bando totale delle tecnologie a riconoscimento facciale in tempo reale. Il testo elaborato dal Consiglio Ue infatti prevede eccezioni legate proprio alla sicurezza nazionale e alla difesa dei confini.

Eqt Infrastructure ha siglato un accordo per acquisire una partecipazione del 60% nella società di nuova costituzione che possiederà e gestirà la rete mobile e fissa dell’operatore italiano di telecomunicazioni Wind Tre. Lo ha reso noto un comunicato dell’acquirente, nel quale si precisa che la transazione avviene sulla base di un “entreprise value” di 3,4 miliardi. La nuova società fornirà servizi di connettività wholesale a Wind Tre e ad altri operatori di telefonia mobile italiani, “diventando il principale player per copertura e capacità di rete mobile del Paese, gestendo così una parte essenziale dell’infrastruttura digitale nazionale”, aggiunge la nota. La notizia è stata ripresa da parte di tutti i principali organi di stampa, fra cui il Corriere della Sera con un articolo a firma di Marco Sabella pubblicato lo scorso 13 maggio: L’attuale proprietario di WindTre, Ck Hutchson, rimarrà investitore insieme a Eqt infrastructure e deterrà una quota del 40% della nuova società. A seguito dello scorporo la società controllerà e gestirà la più grande rete mobile del Paese e un portafoglio di asset tra cui antenne radio, stazioni base, rete di trasporto e contratti associati. Sarà dunque la prima rete di accesso indipendente in Europa focalizzata principalmente sulla telefonia mobile e dedicata alla fornitura di servizi wholease agli operatori mobili attraverso la sua rete, che alla fine del 2022 copriva circa il 67% del territorio nazionale con una ricezione 5G.

Come ricordato negli articoli dedicati alla notizia, il fondo svedese Eqt Infrastructure “investirà nella rete della società e perseguirà opportunità di crescita innovative per accompagnare lo sviluppo dell’ecosistema digitale italiano, implementando contemporaneamente un programma di sostenibilità”. L’intero gruppo Eqt nel 2022 aveva 210 miliardi di euro di asset under management. Il fondo fa parte, attraverso la holding Investor AB, dell’impero della potente famiglia svedese Wallenberg (banchieri, industriali, politici, diplomatici), che include nella propria orbita giganti come ABB, AstraZeneca, Ericsson, Electrolux. La nuova società, che non ha ancora un nome, fornirà servizi all’ex casa madre e ad altri operatori di telefonia mobile, come già accade con Fastweb e Iliad.

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