Affascinante, contraddittorio e, per diversi aspetti, sempre difficile da inquadrare e forse anche da comprendere. Elon Musk ha spiazzato nuovamente tutti dando l’assalto a Twitter, social che soprattutto in USA resta uno dei canali di comunicazione più utilizzati e potenti. Nel 2021 il patrimonio di Musk è salito di 114 miliardi di dollari, raggiungendo i 270 miliardi, una ricchezza raggiunta prima di lui, in era moderna, soltanto da John D. Rockfeller. Un balzo che l’ha portato al sorpasso su Bezos, fondatore di Amazon, altro supermiliardario grazie alla tecnologia. Con l’operazione Twitter certamente ha compiuto un passo deciso verso il mondo della comunicazione. Dedica al tema un ampio servizio Affari&Finanza, nel quale Mario Platero cerca di tracciare un identikit del personaggio più complesso della scena economica mondiale: Con Elon Musk non c’è mai un confine netto fra realtà e finzione. Vuole davvero acquistare e rivoluzionare Twitter? O sta bluffando? Allo scetticismo di molti ha risposto rilanciando l’offerta e precisando le fonti di finanziamento. E, comunque vada, il suo alone di leggenda cresce, alimentato da provocazioni, da riferimenti speciali. A una canzone, a un personaggio, a un semplice numero, come il 420. Riferimenti che fanno impazzire i suoi follower suTwitter, 82 milioni di persone. Li guida, li istiga, annuncia le sue intenzioni di business in rete, è favorevole alle criptovalute ed è contro le istituzioni. È sempre stato così. Sappiamo che le sue ambizioni – anche quelle realmente tangibili – sono illimitate.

Nel suo articolo Platero ricorda come Tesla ha recentemente comunicato un aumento inatteso del fatturato e del 60% della produzione, con profitti record. Il titolo ha superato i 1.000 dollari in Borsa. Considerando l’operazione Twitter, Platero aggiunge:La sua offerta ha scatenato polemiche, illazioni, scenari, proiezioni di una rivoluzione mediatica, di un’alleanza con Trump perché promette appunto di eliminare ogni censura. Possibile che dietro l’operazione finanziaria ci sia davvero un mega disegno politico, un obiettivo che punta rafforzare i repubblicani? Difficile pensarlo. Musk è un ribelle, un sognatore, non necessariamente un trumpiano o un repubblicano, deciso a spostare il baricentro politico di Big Tech.

Per rispondere allo scetticismo di molti sul suo interesse per Twitter, Musk ha precisato di avere già ottenuto finanziamenti per quasi 47 miliardi di dollari. Con questo credito l’operazione è diventata fattibile. Platero aggiunge: È certamente un artista dello spin: ha occupato le prime pagine dei giornali quando ha annunciato che avrebbe spostato dalla California al Texas i quartieri generali Tesla per protestare contro l’eccessiva intrusione dello Stato. E lo ha fatto davvero. Ma solo gli uffici: le fabbriche, che sono il grosso, restano in California dove la sua tecnologia è nata, grazie a un indotto non riproducibile in Texas. Tutto per Musk è simbolico e provocatorio.

Fibercop, la società della rete secondaria di Tim, ha in esame per la seconda volta l’accordo commerciale tra il gruppo guidato da Pietro Labriola e Open Fiber sulle aree bianche, cioè quelle zone dove non è conveniente investire per il mercato. Secondo gli organi di stampa, alcune perplessità sono state sollevate dal socio Kkr, fondo che aveva presentato una manifestazione di interesse per tutta Tim bloccata dal cda della stessa Tim che non ha concesso la due diligence. Considerando l’importanza delle dinamiche in atto, dedica nuovamente attenzione all’argomento Cor.Com – Il Corriere delle Comunicazioni, con un editoriale del suo Direttore Mila Fiordalisi, pubblicato lo scorso 28 aprile: Nessuno stop da parte di Kkr. Né tantomeno un rinvio delle tempistiche di là da venire per valutare il dossier rete unica. Fra Tim e Open Fiber l’accordo commerciale si farà e secondo quanto risulta a Cor.Com l’intesa dovrebbe essere finalizzata già la prossima settimana.

Sempre secondo l’analisi di Mila Fiordalisi, l’accordo determinerà significative evoluzioni a livello societario e di mercato: Quel che risulta è che si procede sull’intesa di natura commerciale che consentirà a Open Fiber di accedere alle infrastrutture di Fibercop (la wholesale company di Tim in cui Kkr detiene una quota del 37,5%) anche tenendo conto del fatto che l’uscita di scena di Enel in qualità di azionista (il 50% è stato ceduto con la discesa in campo di Macquaire con una quota del 40% al fianco di Cdp salita al 60%) comporta inevitabilmente il mancato accesso alle infrastrutture della energy company – palificazioni e servizi immobiliari e di edificio – per la realizzazione delle reti in fibra nelle aree bianche.

Nell’articolo viene specificato inoltre come: Né ci sarebbero collegamenti di sorta con il dossier rete unica anche perché la newco Tim-Open Fiber necessiterebbe comunque di tempi lunghi per la finalizzazione. Ed inoltre:“Tim, su richiesta della Consob, precisa di aver firmato un accordo di riservatezza con Cdp Equity al fine di avviare interlocuzioni preliminari riguardanti l’eventuale integrazione della rete di Tim con la rete di Open Fiber, di cui Cdp Equity detiene il 60% del capitale sociale – comunicava la telco in una nota datata 2 aprile.

Il rebranding di Facebook in “Meta” ha posto all’attenzione mondiale il concetto di metaverso, sollevando la domanda se esistano specifici modelli economici legati allo sviluppo di questo percorso avanzato della digitalizzazione. Come noto, il termine “metaverso” può avere significati diversi. È stato creato da Neal Stephenson nel suo romanzo di fantascienza del 1992 “Snow Crash”, dove ha immaginato avatar realistici che si incontrano in edifici 3D e altri ambienti di realtà virtuale. Di base parliamo di metaverso quando utilizziamo combinazioni di più elementi tecnologici, tra cui la realtà virtuale, la realtà aumentata e video, in cui gli utenti “vivono” all’interno di un universo digitale. Sul fatto che il metaverso vada ben oltre il gaming delineando nuove economie, superando anche i confini della virtual e della augmented reality, si concentra l’attenzione dell’articolo a firma di Gianpaolo Colletti pubblicato lo scorso 28 aprile su il quotidiano Il Sole 24 ore: …il metaverso è già qui tra noi, anche se non è ancora distribuito uniformemente. Ma un’economia aperta potrebbe arrivare presto e diventare rivoluzionaria». Così ha scritto l’Economist, con un titolo che è una risposta alla campagna islandese: «Non ci prendiamo gioco del metaverso». In fondo questa economia potrebbe raggiungere i 13 trilioni di dollari per il 2030. A metterlo nero su bianco è la nuova ricerca promossa da Citi e che parla di piattaforme, token, criptovalute. Ma ciò che emerge dal rapporto intitolato “Metaverse and money, decrypting the future” è il nuovo valore dato al denaro in questa nuova generazione di Internet: «L’interoperabilità e lo scambio continuo grazie alla blockchain saranno fondamentali per garantire un’esperienza utente senza attriti», si legge nel rapporto.

Come si sottolinea nell’articolo, la questione pone come stringenti le dinamiche legate alla progettazione, alla remunerazione e al possesso delle chiavi di accesso al metaverso. Sarebbe utile che le aziende comincino a comprendere che il metaverso è un percorso significativo della transizione digitale. Sempre nell’articolo viene ricordato un passaggio culturale essenziale: bisognerebbe interrogarsi fin d’ora sulle possibili strategie e costruire un catalogo prodotti dedicato e arrivare per tempo a digitalizzare quello che occorre. Così nell’articolo: È una questione di tempo. Nel breve il metaverso è perfetto per settori come intrattenimento, moda e lusso, dove si creano anche modelli di business misti, ma diventerà anche luogo per settori più tradizionali. Quello che lo contraddistingue è la partecipazione, la presenza di sé ma anche di altre persone. Dimentichiamoci dell’aspetto gaming e immaginiamo una serie di ambienti differenti: da quelli lavorativi come gli uffici a quelli retail, da quelli industriali a quelli sanitari. Ambienti in cui le persone vanno oltre la videoconferenza e il rapporto con gli oggetti diventa reale, superando la pura logica dell’e-commerce, primordiale strumento di contatto tra prodotto e target. Il tutto senza interazione fisica.

Vittorio Colao, ministro per l’Innovazione tecnologica ritiene che per formazione digitale di base unita alla tecnologia rappresentino “un turbo per qualunque lavoro”. Da qui l’annuncio di uno specifico stanziamento di 500 milioni di euro all’interno della gestione dei fondi del PNRR. Dedica attenzione al tema il quotidiano La Repubblica, con un articolo a firma di Andrea De Nicola, pubblicato lo scorso 30 aprile. Il ministro è intervenuto alla presentazione della Italian Tech Academy, la scuola dell’innovazione dell’hub Gedi sulla tecnologia ed ha dialogato con direttore di Repubblica Maurizio Molinari, spiegando perché il digitale riguarda tutti. Così Colao: “Abbiamo bisogno di tecnici ma anche chi farà lavori con contenuto non tecnico dovrà avere competenze digitali. Per questo iniziative come queste di oggi sono importanti. Tutti dovrebbero acquisire le competenze digitali che saranno necessarie in ogni lavoro”.

Alla domanda se per chi studierà digitale ci saranno retribuzioni migliori, risponde: “Mi raccontavano che i ragazzi e le ragazze che escono da corsi digitali, in particolare per le infrastrutture, neolaureati senza esperienza prendono 50-55 mila euro, uno stipendio molto più alto della media”.Quindi più lavoro e remunerato meglio” – chiede Molinari – Sì, ma quella è la punta dell’iceberg. Anche chi dovrà lavorare ad esempio nel retail dovrà usare dei tool di supporto e fra un candidato che li sa usare ed uno che non li sa usare scelgo il primo”.

Dopodiché Molinari chiede: Veniamo al Pnrr: quali sono le opportunità che crea per la digitalizzazione. “Ci sono fondi su università e scuole. Poi abbiamo circa 500 milioni di euro per le competenze di base, per corsi brevi che possono rivitalizzare alcuni milioni di persone molto in fretta. Abbiamo la tendenza a dire che l’Italia è indietro, però abbiamo anche cose sorprendenti: in un mese abbiamo avuto il 20% dei Comuni che hanno aderito alla piattaforma di digitalizzazione“. Sul tema della formazione digitale, il Ministro ritiene che “Si deve sempre continuare a imparare e grazie alla grande democratizzazione che l’accesso a internet dà, tutti possono imparare continuamente. Dobbiamo insegnare a farlo bene, con intelligenza. Anche a distinguere il buono dal cattivo”.
Al termine del dialogo intervista un suggerimento diretto per i giovani:
“Segui le tue passioni e metti digitale e tecnologia nelle tue passioni. Perché questo dà la possibilità di fare meglio qualunque lavoro”.

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