Per il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti sono a rischio gli obiettivi del piano di sviluppo reti TLC messo a punto dal collega Vittorio Colao, Ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, in quanto lo scenario evolutivo del settore è caratterizzato da “Colli di bottiglia e mancanza di lavoratori”. Dedica attenzione al tema Cor.Com – Il Corriere delle Comunicazioni, con un articolo a firma di Antonello Salerno, pubblicato lo scorso 21 aprile: Il piano Colao “Italia digitale 2026“, quello che punta portare la banda ultralarga a 1gbps al 100% delle famiglie e delle imprese da qui a 4 anni, è una chimera. Ne è convinto il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti che ha lanciato l’allarme intervenendo in videoconferenza al congresso Fim-Cisl che è in corso al Lingotto di Torino. “Stiamo alimentando un grandissimo mercato per quanto riguarda il raggiungimento di tutte le famiglie e le imprese italiane con la fibraad alta velocità – afferma Giorgetti – È uno dei target più ambiziosi della rivoluzione digitale, ma sappiamo perfettamente che non abbiamo la capacità produttiva per poter posare nei tempi previsti tutta la fibra che abbiamo immaginato di posare, anche nel Pnrr entro il 2026”. A motivare l’irraggiungibilità degli obiettivi il ministro cita la “mancanza di lavoratori e di capacità produttiva”. Quello della banda ultralarga è, secondo Giorgetti, soltanto un esempio concreto del “problema del collo di bottiglia sull’offerta rispetto alla domanda”.
Come ricordato nell’articolo, alla questione sollevata da Giorgetti si aggiunge anche il problema dei rinvii dei bandi per la connettività, con una proroga subita dai bandi di gara per le reti 5G, il cui termine di chiusura è passato dal 27 aprile al 9 maggio. Sempre nell’articolo si sottolinea inoltre come anche per le due gare con le quali si punta a rilegare in fibra ottica più di 10.000 siti radiomobili esistenti e a realizzare nuovi impianti in oltre 2.000 aree entro il 2026 si registra un ritardo nell’aggiudicazione dei lotti: E questo avviene nonostante le condizioni per gli operatori siano molto meno stringenti rispetto a quelle presenti negli altri bandi, con il rimborso fino al 90% delle spese sostenute dagli operatori aggiudicatari, che manterranno la proprietà delle infrastrutture, e nessun tetto massimo di lotti aggiudicabili. Il rischio è quello di mettere in pericolo il raggiungimento entro la fine di giugno degli obiettivi legati allo sviluppo delle connessioni ultraveloci, come previsto dall’impegno preso con la Commissione UE. L’articolo si chiude considerando come frammentare quella è la più grande opera infrastrutturale del Paese forse risiede anche nella modalità con cui sono stati strutturati i bandi.
Luca Dal Fabbro è il nuovo presidente di Iren. Lo ha deciso il patto di sindacato, riunitosi a Torino, che ha confermato Gianni Vittorio Armani amministratore delegato e Moris Ferretti vicepresidente. Ad annunciare le nomine è stato il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, a margine del congresso della Fim Cisl al Lingotto di Torino. La proposta dei nuovi vertici Iren sarà presentata all’assemblea dei soci il 21 giugno. La notizia è stata ripresa da tutti i principali organi di stampa. Dedica un articolo alle nuove nomine anche Il Sole 24 Ore, con un articolo a firma di Cheo Condina, pubblicato lo scorso 21 aprile: Luca Dal Fabbro sarà il nuovo presidente di Iren e completa così il ricambio dei vertici dopo che quasi un anno fa, in anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato, il Ceo Massimiliano Bianco era stato sostituito con Gianni Vittorio Armani. Questa volta, invece, l’appuntamento è per l’assemblea del prossimo 21 giugno, quando verrà rinnovato il board della società e, dunque, sarà sostituito l’attuale presidente Renato Boero. «Abbiamo trovato una piena totale intesa con i sindaci sui vertice di Iren», ha dichiarato ieri il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, a margine del XX Congresso Fim-Cisl precisando che il Patto del sindacato, formato dai primi cittadini di Torino, Genova e Reggio Emilia, principali soci della multiutility, ha anche concordato di confermare come capo azienda Armani e come vicepresidente Moris Ferretti.
Laureato in Ingegneria Chimica a pieni voti all’Università di Roma, con un master in Politica e Relazioni Internazionali all’Université Libre de Bruxelles e un corso di management al Mit, Dal Fabbro è attualmente professore a contratto all’Università Luiss di Roma. Sposato e con tre figli, è stato membro del cda di Terna Spa e del board della Tamini Spa. Ha iniziato la sua carriera in Procter & Gamble ed ha maturato una significativa esperienza nel ramo energia come ceo in E.On Italia Spa, presidente della holding di Electro Power System, ceo in Enel Energia Spa. È stato presidente di Snam dall’aprile 2019 al giugno 2020, per poi dedicarsi a Xenon Fidec, fondo italiano per la decarbonizzazione e l’economia circolare.
Nell’articolo de Il Sole 24 Ore si puntualizza inoltre: Curiosamente Dal Fabbro rappresenta così un nuovo caso, in poche settimane, di vasi comunicanti – a livello di management – tra grandi società pubbliche e multiutility, forse a conferma che quest’ultime stanno ormai assumendo una rilevanza sempre più nazionale. A inizio aprile, infatti, Stefano Venier, storico amministratore delegato di Hera, era infatti stato candidato ufficialmente a Ceo di Snam. Per Dal Fabbro si concretizzerà il percorso inverso in una Iren che, in ogni caso, sotto la guida di Armani punta a un importante consolidamento a livello nazionale, con un focus sulle rinnovabili, in virtù del nuovo piano presentato in autunno.
Il primo, concreto risultato dell’intesa è la costituzione di un consorzio, Open Fiber Network Solution, per i lavori di posa della rete in fibra ottica che Open Fiber sta realizzando in Italia, in particolare quella nelle aree bianche oggetto di concessione con Infratel Italia Spa e quella nelle aree grigie di cui OF risulti aggiudicataria quando, a giugno, saranno assegnate le gare Pnrr per Italia a 1 Giga. Dedica spazio alla notizia il Corriere della Sera, con un articolo a firma di Federico De Rosa, pubblicato lo scorso 23 aprile: Le due società hanno siglato un Memorandum of Understanding (MoU) con l’obiettivo di “potenziare i progetti di digitalizzazione delle infrastrutture, viarie e di rete, attraverso la realizzazione di iniziative in ambito smart cities, sistemi ITS (Intelligent Transport System), smart roads, e-mobility, e più in generale mobilità sistenibile e innovativa”.
La stima delle attività prevede 20-25mila chilometri di infrastruttura. Alla società consortile partecipano OF con una quota dell’80%, la controllata di Aspi Amplia Infrastructures (ex Pavimental) con il 15% e Ciel, società specializzata nel settore degli impianti tecnologici, con il 5%. L’obiettivo dell’operazione è anzitutto rispondere all’appello del governo ad accelerare i cantieri della fibra e al tempo stesso creare le prime sinergie fra due gruppi controllati da Cdp. La prima criticità che il consorzio deve risolvere è quella della carenza di manodopera specializzata, problema che sta flagellando l’intero settore dei cantieri edili. È soprattutto su questo fronte della manodopera, oltre che della capacità realizzativa, che Aspi viene in aiuto di Open Fiber: è già prevista l’assunzione (e la formazione) di una prima tranche di mille tecnici, rispetto a un fabbisogno complessivo stimato da OF in cinquemila. Nell’articolo si sottolinea inoltre: L’obiettivo è «ricoprire un ruolo di primo piano nel Paese» in un business tutto da mettere a terra ma che nei piani di Aspi è già strategico, con le due controllate Movyon e Free To X. OF e Aspi si danno cinque anni per sfruttare al meglio questa partnership che punta a sfruttare al meglio le competenze di OF nella progettazione e realizzazione di reti e sistemi informativi «necessari per trasportare ed elaborare in tempo reale ingenti volumi di dati, anche video» e il know how di Aspi e delle sue controllate per lo sviluppo di «soluzioni tecnologiche per l’acquisizione e l’elaborazione dei dati sulla gestione del traffico, controllo degli accessi e algoritmi di video analytics».
La robotica come nuova frontiera sia per attenuare la fatica nei lavori pesanti e ripetitivi, sia nella riabilitazione. Robot e realtà virtuale possono infatti consentire agli umani di superare i rischi fisici dei lavori più faticosi come il sollevamento dei carichi, sia ai pazienti con problemi di disabilità di conquistare una qualità di vita migliore. Negli ultimi anni, i grandi centri di ricerca italiani hanno iniziato ad aprire i primi laboratori di robotica, ad assumere bioingegneri, a collaborare sempre più spesso con le università. Da qui arrivano i primi incoraggianti risultati sulle ricerche, che dimostrano i benefici dell’uso della realtà virtuale e dei robot affiancati ai trattamenti tradizionali. Dedica attenzione al tema il quotidiano Il Sole 24 Ore, con un articolo a firma di Alessia Maccaferri, pubblicato lo scorso 24 aprile: Gli esseri umani non si limitano ad abitare il corpo, ma pensano anche con il corpo che ha una sua intelligenza. Un’intuizione, sperimentata da danzatori e ginnasti, è stata confermata negli anni dagli studi sulle neuroscienze. Eppure la tecnologia sinora ha principalmente potenziato la mente e le sue abilità cognitive, dai semplici smartphone ai chip impiantati nel cervello che funzionerebbero come interfaccia del computer, secondo il disegno di Elon Musk. E il corpo? «Rischia di essere un collo di bottiglia, il potenziamento cognitivo rischia di accentuare lo sbilanciamento tra mente e corpo» spiega Domenico Prattichizzo, docente di Robotica all’Università di Siena e senior scientist all’Istituto Italiano di Tecnologia.
A questo proposito l’articolista ricorda che in queste realtà di ricerca e universitarie ci si occupa di interfacce uomo-macchina e oggi vuole contribuire a spostare la frontiera nella robotica aumentativa, attraverso arti robotici soprannumerari, vale a dire dispositivi robotici indossabili progettati per l’aumento delle capacità senso-motorie. In particolare in merito al Prof. Prattichizzo: È lui ad aver progettato il “sesto dito robotico”, un wearable in grado di potenziare le capacità di presa a supporto di persone con emiparesi agli arti superiori (causato da ictus o incidente). Il dispositivo promuove l’indipendenza nelle attività quotidiane grazie alla compensazione, da parte del dito robotico, della perdita delle capacità di presa dell’arto stesso. Il prototipo Sixto è diventata una startup, Existo, fondata da Prattichizzo e detenuta da E-Novia.
Da ricerche come queste nascono macchine di nuova generazione, che consentono a pazienti costretti in carrozzina di stare in posizione verticale e simulare situazioni di vita reale con benefici tanto fisici quanto psicologici. Questi macchinari permettono una riabilitazione più veloce ed efficace raggiungendo un 10-15% di benefici in più nel trattamento dello stroke (ictus, emorragia cerebrale) e dei traumi cranici o spinali, come pure nella chirurgia ortopedica. In conclusione del suo articolo Alessia Maccaferri sottolinea: Cambia anche l’esperienza dell’utente che percepisce il robot, lo sente su di sè: così quando il robot tocca un oggetto e la forza che ci mette nell’interazione viene percepita dall’utente sulla spalla o sul braccio. Le applicazioni potrebbero essere tante, nell’ambito delle disabilità, nell’industria per la movimentazione merci nella medicina, per le operazioni chirurgiche.