La banda larga è sempre più al centro delle attenzioni, un argomento reso ancora più d’attualità grazie ai fondi PNRR in arrivo, dove le TLC sono fra gli aspetti chiave. In questo clima si parla di rete unica sia da parte governativa, sia da Cdp. Al recente forum di Bloomberg, il consigliere economico della Presidenza del Consiglio Francesco Giavazzi ha dichiarato: “È uno degli obiettivi del governo e succederà”. E l’Ad di Cassa Depositi e Prestiti Dario Scannapieco: “Non ha senso duplicare gli investimenti sulla rete”. Anche da parte sindacale sono stati espressi giudizi favorevoli ad una rete unica. Dedica attenzione al tema Mila Fiordalisi, Direttore di Cor-Com – Il Corriere della Comunicazioni, in un suo editoriale dello scorso 23 marzo: Secondo Fistel Cisl la rete unica nazionale – ossia il progetto di integrazione degli asset con Open Fiber – “resta la scelta industriale necessaria nel riassetto complessivo delle reti in fibra”. La partecipazione di Cdp come azionista di riferimento “garantisce gli interessi di sicurezza nazionale ed è aperta al co-investimento di tutti gli operatori del mercato. Questo modello, inoltre, di rete nazionale sarebbe caratterizzato dall’assenza di legami di integrazione verticale rispetto ai servizi di accesso alla rete, avrebbe una Governance indipendente e, un nuovo regime regolatorio, dovrebbe assicurare la parità di accesso e spingere il coinvestimento con un elevato standard qualitativo del servizio”. Sulla stessa linea Fabrizio Solari, segretario della Slc Cgil: “L’esigenza di mettere mano all’azienda era nota da tempo, noi da parte nostra siamo ancora favorevoli al memorandum tra Tim e Cdp sulla rete unica del 2020. La via maestra è quella di un intervento di Cdp che metta assieme la prospettiva di una grande azienda di sistema e di una rete unica.
Lo scorso 23 marzo Prysmian ha presentato al «Prysmian group submarine cable day» a Napoli un suo piano di investimento da 1 miliardo di euro con il quale, entro il 2024, si pone come obiettivo implementare il piano di sviluppo e consolidare la sua quota di mercato del 35-40% nel settore dei cavi alta tensione sottomarini e terrestri.Al piano di investimenti dedica attenzione il Corriere della sera con un articolo a firma Emily Capozucca, pubblicato lo scorso 24 marzo: L’obiettivo è sviluppare il business legato alla transizione energetica. «Lo sviluppo della rete elettrica transeuropea ricopre un ruolo strategico sia per la decarbonizzazione e transizione verso fonti rinnovabili sia per migliorare l’autonomia energetica Ue, un’urgenza tornata di attualità con il conflitto Russia-Ucraina – ha affermato Valerio Battista, amministratore delegato del gruppo, in occasione del Submarine Cable Day per la presentazione a Napoli della nuova nave posacavi Leonardo da Vinci -. Come leader mondiale nell’industria dei cavi, abbiamo preso la decisione di incrementare gli investimenti finalizzati in particolare a supportare i progetti di interconnessione energetica e i collegamenti da fonti rinnovabili». Grazie agli investimenti messi in campo, il gruppo mira, entro il 2024, a consolidare la sua quota di mercato del 35-40% nel mercato dei cavi alta tensione sottomarini e terrestri «destinato a crescere oltre 8 miliardi in progetti assegnati all’anno».
Solo nel 2021 il Gruppo ha acquisto un portafoglio progetti per un valore di 4,8 miliardi, ai quali si è aggiunto a inizio 2022 l’incarico per la realizzazione del Neu Connect, prima interconnessione elettrica tra Gran Bretagna e Germania, un progetto simbolico nella costruzione della rete paneuropea. Nell’articolo del Corriere si sottolinea inoltre come: Prysmian prevede inoltre la realizzazione di un nuovo stabilimento di cavi sottomarini negli Stati Uniti (200 milioni in Massachusetts) e l’ampliamento della capacità produttiva in quelli in Italia, Finlandia e Francia (Gron). In vista dell’interconnessione Tyrrhenian Link per lo stabilimento di Arco Felice, in provincia di Napoli, sono stati, infatti, stanziati 80 milioni, mentre 100 milioni sono destinati a progetti di cablaggio di parchi eolici offshore in Finlandia, a Pikkala, centro di eccellenza per il centro-nord Europa
Il nuovo piano industriale Terna prevede investimenti per oltre 10 miliardi con l’obiettivo di accelerare verso la transizione totalmente green. Ne parla il Corriere della Sera in un articolo a firma Andrea Ducci pubblicato lo scorso 25 marzo: La dote di 10 miliardi serve ad accelerare il percorso di Terna verso la «transizione ecologica, l’indipendenza energetica e la decarbonizzazione, rafforzando il proprio ruolo di regista del sistema elettrico italiano». Un’operazione destinata ad avvenire in contesto caratterizzato dai target internazionali del Green Deal: taglio delle emissioni di gas serra del 55% entro il 2030. Tanto che il piano predisposto sotto la regia Donnarumma è connotato da interventi, che in base «al criterio di eleggibilità introdotto dalla Tassonomia Europea sono considerati per loro natura sostenibili per il 99%».
Sempre nell’articolo si sottolinea come nei prossimi anni Terna ha previsto di realizzare nuovi collegamenti con Francia, Austria, Tunisia e Grecia, che andranno ad aggiungersi a 26 linee transfrontaliere già esistenti, consentendo all’Italia di rafforzare il suo un ruolo di hub elettrico dell’Europa e dell’area mediterranea: «L’aumento significativo degli investimenti per lo sviluppo, l’ammodernamento della rete elettrica e un’azione tesa a favorire una maggiore autonomia energetica del Paese sono gli obiettivi che ci siamo dati e che sono alla base dell’aggiornamento del piano», spiega Donnarumma. Nel piano pluriennale di Terna le attività in Italia si confermano centrali con 5.900 assunzioni e 9,5 miliardi (su un totale di 10) di investimenti sulla rete di trasmissione elettrica nazionale. In dettaglio, il piano prevede interventi per 5,6 miliardi per lo sviluppo della rete con linee ad alta tensione in corrente continua e con la costruzione di collegamenti sottomarini in cavo. Il progetto principale è il Tyrrhenian Link, l’elettrodotto che unirà Sardegna, Sicilia e Campania. Sul versante degli interventi per rinnovo e manutenzione gli investimenti ammontano a 2,6 miliardi. Al capitolo sicurezza sono, infine, destinati 1,3 miliardi per rafforzare «le funzionalità tecniche e tecnologiche del sistema elettrico».
CVC Capital Partners avrebbe presentato un’offerta non vincolante per l’area Enterprise di ServCo, la newco dei servizi del gruppo Tim che nascerà dopo la separazione da Netco (rete e Sparkle), secondo lo scorporo previsto dall’Ad Labriola. Lo scrivono Bloomberg e Reuters, dopo che negli ultimi giorni si erano rincorsi specifici rumors. L’unità Enterprise di ServCo comprenderà le attività commerciali nel mercato Enterprise del gruppo. Dedica attenzione al tema il quotidiano Il sole 24 ore con un articolo a firma di Andrea Biondi e Carlo Festa, pubblicato lo scorso 27 marzo: Cvc scende ufficialmente in campo sul riassetto di Tim. Come anticipato sul Il Sole 24 Ore del 25 marzo il fondo britannico guidato in Italia da Giampiero Mazza si è fatto avanti con una manifestazione di interesse non vincolante, indirizzata ai vertici dell’ex monopolista delle TLC, per il 49% dell’area Enterprise di ServCo, la newco dei servizi in predicato di costituire una delle due gambe della nuova Tim discendente dal piano dell’ad Pietro Labriola. L’interesse del fondo è quindi sulla parte “business” (le attività di Noovle, Olivetti e Telsy). Il tutto per una mossa che spariglia le tessere di un mosaico molto composito, ma che finisce per combaciare con il piano dell’ad Tim Labriola ponendosi dall’altra parte in antitesi con l’altro dossier ufficialmente aperto: quello della possibile Opa di Kkr sull’intera Tim.
Sempre nell’articolo de Il Sole 24 Ore, il fondo inglese, supportato da Nomura con l’ex ad Tim Marco Patuano come senior advisor, da Barclays e dall’avvocato Sergio Erede avrebbe ha chiesto 10 settimane di esclusiva. Prosegue infatti l’articolo: In questo lasso di tempo, che per partire necessita dell’ok del cda Tim, otto sono le settimane previste per la due diligence e due per finalizzare l’offerta. La due diligence, peraltro, sarebbe portata avanti da un gruppo misto Tim-Cvc, in vista di una possibile quadratura del cerchio che contempla l’impegno da parte di Cvc di garantire i 6.500 dipendenti occupati al momento in quelle attività che, conti alla mano, valevano il 27% (2,7 miliardi) dei 9,9 miliardi di ricavi riferibili a ServCo nel 2021. A garantire gli equilibri di governance sono previsti patti parasociali ma lo spirito appare quello della partnership. Ora sarà però da capire l’atteggiamento del cda Tim convocato, con altro all’ordine del giorno, per il 29 marzo. A garantire gli equilibri di governance sono previsti patti parasociali ma lo spirito appare quello della partnership. Ora sarà però da capire l’atteggiamento del cda Tim convocato, con altro all’ordine del giorno, per il 29 marzo.