Tim apre all’offerta del fondo Kkr, dopo una riunione-fiume del Cda che lo scorso 13 marzo ha discusso della proposta del fondo Usa, decidendo infine di avviare un confronto con lo stesso.

Dedica attenzione al tema Il Corriere della Sera, con un articolo a firma Federico De Rosa pubblicato il 14 marzo: Il board ha ascoltato le analisi degli advisor e discusso a lungo su quali paletti fissare, in modo da superare gli ultimi dubbi e arrivare a una posizione comune, dando all’unanimità mandato al presidente Rossi e all’amministratore delegato Pietro Labriola di verificare la concretezza della proposta. A questo punto la parla passa a Kkr.

Secondo varie fonti giornalistiche, il dibattito in Cda si è acceso soprattutto sulle modalità di attivare due diligence, sul cambio del controllo e sui nodi regolatori del processo di transizione. Sembra però che, alla fine, Tim si sia aperta all’ipotesi di un’offerta più favorevole; tutte le posizioni hanno infatti convenuto all’unanimità di dare mandato a presidente e ad di giudicare attrattività e concretezza del piano. Nel dettaglio, il mandato rientra nella prospettiva di conseguire la massima valorizzazione di TIM, anche con riferimento ad eventuali altri soggetti interessati, di avviare un’interlocuzione con Kkr, formale e ulteriore rispetto a quelle già intraprese informalmente nei mesi scorsi dai consulenti. La proposta di Kkr prevedeva un’offerta di 0,505 euro per azione ma, anche se superiore a 0,33 euro di quotazione di quel momento, questa veniva considerata inferiore al potenziale del gruppo. Dopo un calo continuo arrivato nei mesi successivi, la nuova apertura del Cda nei confronti di Kkr riportava in crescita il prezzo delle azioni, il 13 marzo arrivato a 0,31 euro con un balzo iniziale del 9% dopo circa un’ora di contrattazioni. Volatilità sul titolo TIM che potrebbe continuare, hanno avvisato gli analisti di Banca Akros, nonostante le notizie giunte dal mercato siano considerate positive per il titolo, al pari delle indiscrezioni diffuse a più riprese in questo mese di marzo.

Per l’anno 2021 i ricavi totali per Snam sono stati pari a 2,986 miliardi, aumentano perciò di 276 milioni di euro (+10,2%) per effetto dei maggiori ricavi regolati e dei maggiori ricavi dei nuovi business con riferimento, in particolare, all’efficienza energetica. Specificatamente per quanto riguarda la guerra in Ucraina il Gruppo ha precisato che “in merito alla gestione operativa delle attività ricorrenti e alla realizzazione del programma investimenti 2022, non si registrano al momento criticità riconducibili agli eventi bellici in corso”. Dello scenario del Gruppo parla il Corriere della Sera dello scorso 16 Marzo con un articolo a firma di Giuliana Ferraino: Dopo aver registrato nel 2021 conti migliori delle stime, con 1,2 miliardi di utile (+4,6%) e ricavi in crescita del 10% a 2,98 miliardi (esclusi i costi energetici), ora Snam guarda alla Spagna per superare l’emergenza energetica provocata dall’invasione dell’Ucraina. Per contribuire a ridurre la dipendenza dell’Italia dal gas russo, che oggi rappresenta circa il 43% del totale, il ceo Marco Alverà ha riportato d’attualità il Midcat, il progetto di un gasdotto attraverso i Pirenei per far arrivare il gas dalla Spagna al resto d’Europa, passando dalla Francia. Lanciato nel 2013 come progetto dell’Unione europea per poter utilizzare la grande capacità di rigassificazione della penisola iberica (ha 9 rigassificatori), il progetto è stato accantonato nel 2019. Bisogna rimuovere i colli di bottiglia in Europa e uno di questi è il Midcat, ha affermato il top manager, anticipando che «in assenza di progressi su questo fronte, stiamo anche conducendo uno studio di prefattibilità per un nuovo gasdotto offshore tra Spagna e Italia». Si tratta di un gasdotto sottomarino che collegherebbe direttamente il nostro Paese alla Spagna. Nel breve termine, però, Snam ha già pronta una soluzione temporanea per ridurre l’import dalla Russia. «Organizzeremo una pipeline virtuale con un sistema di navi per trasportare Lng dalla Spagna all’impianto di Panigaglia», in provincia di La Spezia, dove c’è uno dei tre rigassificatori italiani.

Sempre nell’articolo si ricorda come l’AD di Snam, Marco Alverà, ha dichiarato che le scorte in Italia e nella Ue sono «sufficienti per le necessità dell’inverno». Ha inoltre segnalato un’accelerazione degli investimenti sulla diversificazione delle fonti energetiche, per garantire sicurezza degli approvvigionamenti di gas, come deciso dalla Ue. Nel 2021 gli investimenti sono cresciuti del 6,8 a 1,3 miliardi.

In base a quanto ha comunicato l’agenzia di stampa tedesca Reuters, WindTre e Iliad si starebbero preparano ad un’alleanza sulla rete mobile. L’accordo prevederebbe la creazione di una joint venture finalizzata a condividere i costi di implementazione delle reti 5G nelle aree remote. Dedica attenzione all’argomento Cor.Com – Il Corriere delle Comunicazioni, in un articolo pubblicato lo scorso 18 marzo: WindTre porterebbe in dote alla jv circa 7mila siti mobili esistenti che servono circa il 27% della popolazione italiana. Iliad, che attualmente possiede 9mila siti mobili, acquisterebbe una quota del 50% della società congiunta, il cui valore è stimati tra 600 e 900 milioni di euro. La compagnia guidata da Benedetto Levi ha attualmente un accordo di roaming per utilizzare i siti Wind Tre nelle aree remote italiane. L’accordo, se finalizzato, potrebbe consentire ai due operatori di presentarsi insieme ai bandi del Piano Italia 5G che dovrebbe essere presentata in questi giorni, come annunciato dal ministro per la transizione digitale, Vittorio Colao.

Sempre nell’articolo di Cor.Com, viene ricordato come tramite il Piano di intervento pubblico Italia 5G, il Governo vuole incentivare la realizzazione delle infrastrutture di rete per lo sviluppo e la diffusione di reti mobili 5G nelle aree a fallimento di mercato su tutto il territorio nazionale. Si tratta del primo Piano di investimenti pubblici, con una dotazione di 2,02 miliardi di euro, approvato a sostegno dello sviluppo del mercato mobile in Italia. Così specificatamente nell’articolo: Il Piano ha infatti l’obiettivo di incentivare la diffusione di reti mobili 5G in grado di assicurare un significativo salto di qualità della connettività radiomobile mediante rilegamenti in fibra ottica delle stazioni radio base (SRB) e la densificazione delle infrastrutture di rete, al fine di garantire la velocità ad almeno 150 Mbit/s in downlink e 30 Mbit/s in uplink, in aree in cui non è presente, né lo sarà nei prossimi cinque anni, alcuna rete idonea a fornire connettività a 30 Mbit/s in tipiche condizioni di punta del traffico.

Sempre nell’articolo vengono evidenziate le tappe del piano, sottolineando che lo scorso 1 febbraio, in base al riscontro ottenuto dagli operatori nell’ambito della consultazione pubblica effettuata, il piano italiano è stato notificato alla Commissione europea per la richiesta di aiuto di stato. Nei prossimi giorni prenderà il via la gara con un importo di circa due miliardi.

Si stringono le maglie di controllo governative sulle tecnologie strategiche che interessano le Tlc. Una nuova norma impone infatti agli operatori del settore di presentare un piano annuale dei contratti applicata anche a operazioni con fornitori Ue e retroattivamente ai procedimenti già in corso. In pratica, agli operatori di Tlc si chiede di redarre un piano annuale relativo a contratti o accordi di beni o servizi che riguardano progettazione, realizzazione, manutenzione e gestione delle tecnologie vigilate. Di questi sviluppi normativi parla il quotidiano Il Sole 24 Ore, in un articolo a firma Carmine Fotina, pubblicato lo scorso 20 marzo: Per i contratti di fornitura di apparati e tecnologie 5G e cloud Palazzo Chigi alza il livello di attenzione e chiede agli operatori un piano annuale. E se le nuove indicazioni, contenute nel nuovo decreto legge con le misure di aiuto per la crisi ucraina, non saranno rispettate scatterà una sanzione che può arrivare al 3% del fatturato. Nel caso del 5G si tratta di un inasprimento dell’attuale disciplina dei poteri speciali in materia di asset strategici (golden power) mentre per l’inclusione del cloud si tratta di una novità. Sarà un decreto del presidente del consiglio (Dpcm) a dettagliare la nuova lista delle tecnologie “critiche”. L’articolo 28 della bozza del Dl contiene numerose modifiche rispetto all’attuale quadro regolamentare. Ad esempio l’estensione degli obblighi di notifica anche a contratti siglati con fornitori Ue, sebbene si possa presumere che le attenzioni maggiori dell’esecutivo siano ancora rivolte a soggetti extra Ue, in particolare cinesi per il 5G e statunitensi per il cloud.

Sempre nell’articolo si ricorda come negli anni 2020 e 2021 sul 5G ci sono state una ventina di notifiche all’anno cui è costantemente seguita l’applicazione di condizioni o prescrizioni e in un caso l’esercizio del veto all’operazione, e Fotina aggiunge: Entro 30 giorni dalla notifica, con Dpcm, il governo può approvare il piano, imponendo prescrizioni o condizioni, può esercitare il potere di veto a tutela della difesa e sicurezza nazionale oppure può dare un via libera parziale e temporale indicando un termine per la sostituzione degli apparati. Se l’operatore non rispetta i nuovi obblighi di notifica è soggetto a una sanzione amministrativa fino al 3% del fatturato e i contratti stipulati in violazione vengono annullati.

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