Terna punta su un’Italia a zero emissioni e mette a punto la sua rete di dispacciamento per un futuro energetico caratterizzato dalle fonti rinnovabili. Investirà infatti oltre 21 miliardi di euro per adeguarla alla nuova realtà della generazione elettrica. Tutto questo con l’obiettivo anche di rispettare gli obiettivi europei del pacchetto “Fit-for-55” che fissano per l’Italia una quota del 65% di energia green già nel 2030, che dovrà essere alzata fino al 72%. Con il Piano di Sviluppo 2023-2032 della rete di trasmissione nazionale, presentato il 15 marzo dall’amministratore delegato Stefano Donnarumma, Terna integrerà nel sistema elettrico le fonti rinnovabili, svilupperà le interconnessioni con l’estero, aumenterà sicurezza e resilienza del sistema, darà alla rete intelligenza digitale. Dedicano attenzione alla notizia tutti i principali organi di stampa, fra cui il Corriere della Sera con un articolo a firma di Fausta Chiesa pubblicato lo scorso 16 marzo: Una rete «hi-tech», destinata ad accogliere la nuova capacità rinnovabile. Cinque dorsali che permetteranno di raddoppiare la capacità di scambio tra Sud e Nord, passando da 16 a oltre 30 GW. E 21 miliardi di investimenti in dieci anni, il 17% in più rispetto al piano precedente. Sono gli ingredienti salienti del piano di sviluppo presentato ieri da Terna, per permettere all’Italia di fare il salto nella transizione che richiederà sempre più energia elettrica green. In base agli obiettivi europei, le fonti rinnovabili dovranno coprire almeno il 65% dei consumi finali nel settore elettrico entro il 2030.
Come sottolineato nell’articolo, calcolando l’intera vita delle opere inserite in questo Piano di Sviluppo l’ammontare complessivo degli investimenti supererà i 30 miliardi di euro. Sono oltre 30 i progetti infrastrutturali, 5 dei quali, per un valore di 11 miliardi di euro, riguardano cinque nuove dorsali elettriche, tutti funzionali all’integrazione di capacità rinnovabile. Un’altra novità riguarda i nuovi progetti della rete Hypergrid che sfrutterà le tecnologie della trasmissione dell’energia in corrente continua (HVDC, High Voltage Direct Current). Così nell’articolo del Corriere: Sarà la rete a consentire ai «megawatt rinnovabili» di essere trasmessi dal Sud, dove sono prodotti, al Nord dove la domanda è maggiore. «Sole e vento sono i nostri “pozzi di petrolio”, se li sviluppiamo bene riusciremo a dipendere sempre meno da altre fonti», ha dichiarato il ceo Stefano Donnarumma. E qui entrerà in campo la nuova rete hi-tech, a cui Terna destinerà 11 dei 21 miliardi. Si chiama «Hypergrid» e sfrutterà le tecnologie della trasmissione dell’energia in corrente continua (HVDC, High Voltage Direct Current) con collegamenti marini e aerei. La rete hi-tech si svilupperà su cinque dorsali, che coinvolgeranno la maggior parte delle regioni. Le prime tre a entrare in funzione saranno la «Milano-Montalto» che servirà per bilanciare i transiti tra il Lazio e la Toscana e trasferire in sicurezza il surplus di energia del Centro verso le regioni del Nord; il «Central Link» tra Umbria e Toscana per il Centro Italia e la dorsale Adriatica «Fano-Foggia» che collegherà la Puglia fino all’Emilia Romagna. Poi saranno realizzate la «Dorsale Sarda» tra Fiumesanto (Sassari) e Montalto (Viterbo) e il «Sardinian Link» all’interno dell’isola. La Dorsale Ionica-Tirrenica collegherà la Sicilia al Lazio.
Da ricordare inoltre come secondo i dati di Terna, a gennaio 2023, le richieste di connessione alla rete di alta tensione di nuovi impianti di generazione da fonte rinnovabile hanno raggiunto circa 340 GW, di cui circa il 37% da fonte solare e circa il 54% da fonte eolica (on-shore e off-shore), un valore pari a circa 5 volte gli obiettivi che l’Italia si è data al 2030. Terna ha lanciato a fine febbraio la piattaforma Econnextion, che consente di monitorare in maniera costante e continuativa queste iniziative.
A2A ha formalizzato un’offerta non vincolante per il 50,1% della piemontese Egea, multiutility con sede ad Alba (Cuneo), attraverso un aumento di capitale basato su un valore d’impresa compreso tra i 560 e i 605 milioni di euro. Lo si legge in una nota ripresa dai principali organi di stampa e diffusa anche da Ansa, in cui viene indicato che la scadenza per un’offerta vincolante è fissata per il prossimo 15 maggio. L’esame dei conti (due diligence) sarà avviato “nei prossimi giorni” e si concluderà con l’eventuale offerta definitiva. L’annuncio del Gruppo Lombardo è giunto dopo il CdA dedicato al bilancio 2022, che ha evidenziato una crescita dei ricavi (a 23,16 miliardi) e un calo degli utili netti. Rivolge attenzione alla notizia anche La Repubblica in un articolo pubblicato lo scorso 17 marzo: Egea “opera in territori contigui, fa le stesse cose nostre e ha caratteristiche industriali simili – ha detto l’Ad di A2A, Renato Mazzoncini – Ha importanti reti di teleriscaldamento, è tra i più importanti player italiani nel settore, forse il primo per i Comuni serviti e tra primi cinque per quantità di calore distribuito. Ha reti di acqua, di illuminazione pubblica, del gas e clienti”.
Come ricordato nell’articolo, l’annuncio sull’operazione Egea è giunto all’interno di un CdA di A2A che ha visto la presentazione dei risultati 2022, sintetizzabili in questo focus: crescono i ricavi, si assottigliano gli utili per effetto delle spinte inflazionistiche sul mercato energetico causate dal conflitto ucraino, tiene tuttavia la redditività degli stakeholder. Per la chiusura dell’esercizio del 2022, infatti, A2A ha proposto all’assemblea degli azionisti un dividendo di 0,0904 euro per azione, in pratica la stessa cifra della cedola staccata lo scorso anno. Più nel dettaglio: utile netto di 401 milioni di euro in contrazione del 20% (anche se escluse le partite straordinarie l’utile ordinario si attesterebbe a 380 milioni di euro, +2%), ricavi a 23,16 miliardi (+101%), margine operativo lordo a 1,502 miliardi (+8%) investimenti pari a 1,240 miliardi (+15%) e posizione finanziaria netta a 4,258 miliardi, in miglioramento.
Agcom ha proceduto con la notifica alla Commissione Ue a indicare il suo parere sulle nuove tariffe wholesale per l’accesso alla rete in rame. La previsione è di un aumento nel 2023. Secondo quanto risulta da indiscrezioni riprese da diversi organi di stampa, i prezzi aumenteranno per quest’anno ma non quanto si poteva ipotizzare. Inoltre per il 2022 non è stata indicata alcuna variazione. La parola finale spetta ora a Bruxelles. Dedica attenzione al tema Cor.Com – Il Corriere delle Telecomunicazioni con un articolo del suo Direttore Mila Fiordalisi, pubblicato lo scorso 17 marzo: Secondo quanto risulta a CorCom l’aumento delle tariffe è stato ridotto al 60% rispetto alla proposta in consultazione ma i prezzi aumenteranno nel 2023 nonostante le proteste degli operatori alternativi all’incumbent. Riguardo al 2022 saliranno solo le tariffe di accesso al Vulah con un impatto marginale considerata la quantità di linee attive sul totale. A pesare l’inflazione e il parametro che incide di più è il Wacc (costo medio ponderato del capitale). E la proposta avallata degli uffici dal Consiglio dell’Authority procede sull’onda delle misure attuate in Spagna e Germania. L’aumento delle tariffe per l’accesso in rame fa il paio con l’abbattimento di quelle per la fibra: l’obiettivo è favorire la realizzazione e la migrazione alle infrastrutture di nuova generazione e accelerare sulla dismissione del rame. Non concordano però sulla linea gli operatori alternativi a Tim secondo i quali l’aumento delle tariffe del rame genererebbe cassa per Tim con esborsi a carico degli Olo senza favorire la migrazione: sul 60% del territorio nazionale non esiste la doppia infrastruttura rame-fibra.
Ricordiamo che i servizi della rete in rame collegano ancora circa il sessanta per cento del territorio nazionale, e solo attraverso la rete Tim. La misura può sortire quindi un effetto “migrazione” solo nelle porzioni di territorio in cui la rete in rame è affiancata da quella in fibra: in quel caso la migrazione verso la fibra da parte dei competitor di Tim sarebbe immediata, e la rete Tim accelererebbe lo switch off della rete in rame, evoluzione da tempo dibattuta. Secondo alcuni osservatori di mercato, la valorizzazione del rame potrebbe essere anche causa di un rallentamento degli investimenti sulle reti in fibra ottica. L’effetto dei rialzi dei prezzi, come scrive Mila Fiordalisi, potrebbe avere un impatto significativo anche nella partita della rete nazionale, con benefici sugli azionisti TIM. In particolare Vivendi potrebbe rincarare la dose delle proprie richieste per la cessione dell’asset: se i prezzi del rame aumentano vuol dire che la rete ha un elevato valore – questo potrebbe essere il ragionamento dei francesi per alzare la posta – dunque va adeguatamente monetizzata da parte degli offerenti, nel caso specifico Kkr da una parte e Cdp- Macquarie dall’altra. L’offerta di Kkr vale circa 20 miliardi, quella appena presentata da Cdp Macquarie circa 18 miliardi ma si consideri che Vivendi aveva a suo tempo indicato in 30 miliardi il valore dell’operazione.
Il programma di efficientamento dell’illuminazione nelle gallerie sulla rete autostradale gestita da Aspi (Autostrade per l’Italia) nasce da uno studio del 2020, da cui è emersa l’opportunità di convertire gli apparecchi di illuminazione a tecnologia al sodio, già installati nei circuiti di rinforzo delle gallerie, con innovativi impianti a Led. Questa evoluta soluzione è già impiegata in alcune gallerie come la Santa Lucia (autostrada del Sole nel tratto Barberino del Mugello-Firenze Nord), il tunnel a 3 corsie più lungo mai costruito in Europa e uno dei 5 più grandi al mondo per dimensione complessiva. Un’opera alla cui realizzazione esecutiva ha partecipato attivamente anche Valtellina. Il nuovo piano di Aspi prevede un’evoluzione nella regolazione del flusso luminoso emesso dal singolo apparecchio. La soluzione tecnologica oltre a garantire un monitoraggio in tempo reale dei consumi energetici, supera l’attuale logica di regolazione su base di orologio astronomico del flusso luminoso, grazie all’ausilio di sonde di luminanza esterne. Dedica attenzione all’argomento il quotidiano Il Sole 24 Ore, con un articolo a firma di Marco Morino pubblicato lo scorso 17 marzo: Risparmiare energia è un obiettivo strategico per una grande azienda come Autostrade per l’Italia (Aspi), che ha in concessione circa il 50% della rete nazionale a pedaggio (oltre 3mila chilometri). Lo conferma il piano Aspi per le luci in galleria, partito in sordina in queste settimane e che Il Sole 24 Ore è in grado di illustrare. Si tratta di un programma di efficientamento energetico che andrà a coprire 450 gallerie della rete autostradale gestita da Aspi (su un totale di 574).
Nei tunnel saranno installati oltre 32mila punti luce a Led dotati di una tecnologia in grado di regolare l’intensità luminosa in funzione di alcune variabili. Con questa innovazione Aspi punta a ottenere un risparmio energetico di circa 10 Gigawattora l’anno e riuscirà a migliorare il comfort alla guida per i circa 4,5 milioni di utenti che ogni giorno percorrono i 3mila chilometri di rete. Come si ricorda nell’articolo, grazie a un investimento di oltre 20 milioni di euro Aspi prevede di completare il piano di efficientamento delle gallerie con luci a Led entro il 2026. Al momento, le nuove tecnologie di illuminazione risultano installate in 39 gallerie: 19 in Liguria (nodo di Genova), 12 nel Lazio (Cassino), sei in Toscana (Firenze) e due in Abruzzo (Pescara). Sempre nell’articolo pubblicato su Il Sole 24 ore si sottolinea come Aspi ha motivato la propria scelta tecnologica: «Questi sensori, che rilevano in tempo reale il livello di luminosità del sole all’esterno della galleria, dialogano con il quadro di regolazione del circuito di illuminazione, offrendo sensibili benefici per il comfort visivo dei viaggiatori. Infatti, grazie a questa tecnologia, l’intensità del flusso luminoso degli apparecchi installati all’ingresso della galleria si modula in base alle reali condizioni atmosferiche, variando il flusso rispetto al livello di luminosità della luce solare. Questo sistema riduce lo stress visivo degli utenti, incrementando la sicurezza complessiva dell’infrastruttura».