In un’intervista raccolta dalla giornalista Giuliana Ferraino del Corriere della Sera, la nuova General Manager di Ibm Emea, Ana Paula Assis, presenta il suo pensiero su come le donne possono essere protagoniste a livello professionale della transizione digitale ed eco-digitale, nella logica che ogni cambiamento comporta delle sfide, ma anche molte opportunità. Ecco alcuni “passaggi” chiave dell’intervista. «In tempi complessi avere una donna alla guida di un’azienda è un plus, perché la leadership è più aperta. Ma anche perché noi donne siamo più empatiche: guardiamo sia all’aspetto umano che a quello del business», afferma Ana Paula Assis, 47 anni, brasiliana, da gennaio general manager di Ibm per Europa, Medio Oriente e Africa, dopo 25 anni nel gruppo americano dove ha cominciato a lavorare come stagista. Per Ibm ha lavorato a San Paolo, a New York e a Pechino. Ora ha sede a Madrid e per la prima volta è a Milano nel nuovo ruolo «per conoscere la squadra e incontrare alcuni clienti». E nel giorno della festa della donna dice: «Ragazze studiate le materie Stem». Perché è importante? «Entro il 2025 su 130 milioni di posti di lavoro 60 milioni resteranno vacanti. E poi perché dobbiamo sviluppare una tecnologia che non sia di parte. La domanda è: le donne vogliono aiutare a risolvere i più grandi problemi del mondo o no?».

Con la Pandemia Covid-19, uno dei temi di evoluzione fondamentali è stata l’accelerazione dello smart working, che porta in sé elementi positivi, ma anche non pochi rischi di “chiusura in casa” e riduzione di relazioni professionali valorizzanti, soprattutto per quanto riguarda le donne. La giornalista chiede quindi nell’intervista a Ana Paula Assis cosa pensa dello smart working. La risposta è sintetica, ma chiara: «Una delle cose che la pandemia ci ha insegnato è che si può lavorare in modo flessibile. Noi vogliamo continuare a promuovere la flessibilità per conciliare meglio il tempo per il lavoro e per la famiglia». L’intervista non può dimenticare quanto sta accadendo in questi giorni in Europa, con la guerra sul suolo ucraino. Considerando l’attività di Ibm, il focus si sposta sulla cyber security in scenario di belligeranza e forti tensioni internazionali. Oltre a sottolineare come «Ogni cambiamento porta cose negative ma anche opportunità. Le aziende devono aumentare la cyber-security per difendersi dal rischio di attacchi cibernetici, ma devono anche diventare più resilienti per adattarsi ai mutamenti, rivedere il loro modello.” la manager di Ibm dichiara: «Le aziende devono aumentare la cyber-security e diventare più resilienti per adattarsi ai mutamenti, questo comporta una revisione del modello. La gran parte degli attacchi deriva da semplici vulnerabilità, ad esempio una versione non aggiornata del sistema operativo. La prima regola è aggiornare il software. Poi dobbiamo educare i dipendenti a non cadere nelle trappole del phishing cliccando su link sospetti inviati per email. Terzo: adottare 2 o 3 fattori di identificazione per l’accesso al pc. Queste tre regole ci proteggono dal 70% degli attacchi, per il restante 30% usiamo strumenti attivati dall’intelligenza artificiale, utilizzati da società elettriche, banche, aziende e sanità».

Sale l’attesa in attesa per il prossimo CdA di TIM, chiamato a pronunciarsi sulla manifestazione di interesse inviata, a fine novembre, da Kkr a 0,505 euro per azione. Un percorso al quale guarda anche il Ministero del Tesoro che, tramite Cassa depositi & prestiti, controlla il 9,81% di Tim e il 60% di Open Fiber. Dedica attenzione al tema il Corriere della Sera con un articolo a firma di Federico De Rosa, pubblicato lo scorso 9 marzo: Tim si prepara a sciogliere il nodo Kkr. Domenica 13 è in programma un consiglio straordinario, non ancora convocato ma preallertato dal presidente Salvatore Rossi, per decidere se aprire alle richieste del fondo Usa, che a novembre ha presentato una manifestazione di interesse per il 100% di Tim, subordinando ad una delle due diligence l’offerta a 0,50 euro per azione. In tre mesi ci sono stati diversi contatti tra il fondo Usa e gli advisor del gruppo telefonico Goldman Sachs e Lion Tree, ma non è mai arrivata una risposta. Lo sblocco del dossier non dovrebbe passare di nuovo per il comitato ad hoc istituito da Tim per coadiuvare il lavoro degli advisor, che si è riunito lunedì, ma andare direttamente al consiglio.

Come sottolinea lo stesso De Rosa nel suo articolo, l’orientamento non è ancora definito. I cinque consiglieri indipendenti in quota Assogestioni sarebbero favorevoli ad aprire il confronto con Kkr mentre Vivendi, che può contare a sua volta su altri cinque consiglieri, sostiene il piano appena varato dal Ceo Pietro Labriola. Così nell’articolo: La decisione su Kkr al momento è in bilico e non si può escludere che si arrivi alla conta in consiglio, dove i voti del presidente Rossi e del numero uno della Cdp, Giovanni Gorno Tempini, potrebbero rivelarsi decisivi. La Cdp non ha mai commentato la vicenda Kkr, in consiglio ha approvato il piano di Labriola e sta seguendo l’evoluzione della situazione. La Cassa, a cui fa capo il 10% di Tim e il 60% di Open Fiber, sostiene il progetto della rete unica, che potrebbe prendere forma a breve con la firma del memorandum tra gli azionisti per verificare le possibili combinazioni tra le due società. Labriola ha abbozzato il percorso per scorporare l’infrastruttura da Tim e conferirla in una NetCo ed entro il primo semestre chiarirà i dettagli. Potrebbe anche presentare domenica in consiglio il memorandum, accelerando così il percorso per la rete unica.

“Abbiamo stanziato 2 miliardi, che andranno a gara la settimana prossima, per ‘Italia 5G’. Prevediamo di concludere l’aggiudicazione dei bandi entro la fine di giugno, nel rispetto dei milestones europei”. Queste due delle dichiarazioni più significative del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, Vittorio Colao, pronunciate in audizione nelle commissioni Affari costituzionali, Bilancio, Lavori pubblici e Politiche Ue del Senato sullo stato di attuazione del PNRR. Dedica all’argomento un articolo Cor.Com – Il Corriere delle Comunicazioni, pubblicato lo scorso 10 marzo: “Il lancio della gara Italia 5G, previsto appunto a metà marzo, di sostenere e stimolare lo sviluppo di infrastrutture per i servizi wireless – ha spiegato in audizione al Senato sullo stato di attuazione del Pnrr – Questo bando prevederà sostanziosi incentivi per finanziare il rilegamento in fibra di siti e l’investimento per densificare aree che, al 2026, non sarebbero altrimenti coperte”. Per quanto riguarda il Piano Italia a 1 Giga “sono già stati impegnati 3,8 miliardi destinati alle connessioni delle scuole e dei plessi sanitari”, ha ricordato. “Con il piano Italia a 1 Giga pubblicato a gennaio, sul quale abbiamo avuto l’autorizzazione della Commissione europea sotto il profilo della compatibilità con il regime europeo degli aiuti di Stato si prevedono incentivi diretti alle imprese per i costi dell’infrastruttura per la copertura a banda larga di circa 7 milioni di civici in Italia – ha sottolineato – Ovviamente c’è la gara, quindi non conosco il risultato di quello che verrà proposto, ma ci aspettiamo che l’importante maggioranza di questi sia con copertura a fibra e la parte più remota o a minore densità abitativa abbia delle connessioni wireless comunque a banda ultralarga”.

Il Ministro ha ricordato ancora che “il termine per la presentazione delle offerte è stato prorogato al 30 marzo per Scuole e Sanità e al 31 marzo per Italia 1Giga”. Mentre la ri-pubblicazione del bando di gara per la progettazione, la fornitura, la posa in opera e la manutenzione dei cavi sottomarini in fibra ottica per le Isole minori prevede che “il termine per presentare le offerte scade il 18 marzo”. Sempre sul tema dello sviluppo della digitalizzazione e delle reti, nell’articolo di Cor.Com si sottolinea un’ulteriore dichiarazione di Colao: “Abbiamo una dotazione finanziaria importante, la dotazione complessiva che ci è stata affidata è di poco meno di 20 miliardi includendo lo spazio, e poco più di 15 escludendo lo spazio. Di questa cifra ad oggi ne abbiamo già impegnata circa la metà: quindi circa 9,8 miliardi sono impegnati – ha voluto evidenziare il ministro – Questo è un dato rassicurante della capacità del Paese di spendere i fondi che all’inizio qualcuno metteva in dubbio”. Ma secondo Colao per continuare su questa strada virtuosa serve rafforzare la collaborazione pubblico-privato. “L’investimento collettivo pubblico-privato e scelte più coraggiose sono ingredienti che ci permetteranno di realizzare il percorso intrapreso della transizione digitale e dei progetti legati ai fondi per la digitalizzazione del Pnrr”, ha concluso il ministro.

Digital Innovation Hub Lombardia ha presentato i risultati di un proprio studio realizzato su un campione di 250 aziende lombarde di piccole, medie e grandi dimensioni appartenenti alle filiere alimentare, automotive, tessile carta e plastica, chimica, energy, edilizia, industria pesante, meccatronica, life sciences, altra industria manifatturiera e industria non manifatturiera. Il report prende in esame le capacità delle aziende lombarde di implementare soluzioni di intelligenza artificiale e il grado di maturità digitale delle pmi. I risultati dello studio sono stati presentati lo scorso 10 marzo durante un evento organizzato da Dih Lombardia (in collaborazione con le Antenne Territoriali, Confindustria Lombardia e Regione Lombardia) dal titolo “Il grado di maturità digitale delle pmi: quanto è diffusa l’Intelligenza artificiale nelle imprese lombarde?” al quale hanno partecipato l’assessore regionale allo sviluppo economico Guido Guidesi, il segretario generale di Confindustria Lombardia Dario Voltattorni, il direttore del Dih Lombardia Pierluigi Petrali e il presidente del Digital Innovation Hub Lombardia Gianluigi Viscardi.

Dedica attenzione allo studio e ai suoi risultati anche Il Sole 24 Ore, in un articolo pubblicato sul quotidiano lo scorso 11 marzo: L’obiettivo dello studio è indagare la diffusione di metodiche di Intelligenza Artificiale, area definibile come quell’insieme di tecnologie che interagiscono per consentire alle macchine di percepire, comprendere, agire e apprendere con livelli di intelligenza simili a quelli umani. Cinque le dimensioni analizzate per comprendere la portata del fenomeno: la flessibilità organizzativa, l’ecosistema dell’Ia in termini di filiera, la personalizzazione del prodotto, la centralità del modello B2B, più in generale la digital capability dell’impresa. Il campione analizzato, 250 aziende di 11 diversi settori, è stato quindi valutato lungo queste dimensioni, misurandone la maturità in una scala da uno a cinque. I risultati sono in media positivi, con personalizzazione di prodotto e flessibilità organizzativa a raggiungere i risultati più alti, rispettivamente 3,39 e 3,30. Come nelle attese, al crescere della dimensione aziendale il livello di maturità digitale aumenta, anche se il “distacco” di medie aziende e Pmi è contenuto. Le grandi imprese, ad ogni modo, risultano maggiormente “pronte” per l’adozione di soluzioni di Intelligenza Artificiale. Tutti e cinque gli elementi d’analisi ottengono infatti un valore superiore al 3, indice di aziende che, in generale, si stanno orientando sempre più verso tali soluzioni tecnologiche. Le grandi imprese stanno quindi affrontando un cammino strutturato lungo le cinque direttrici individuate.

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