A2A ha chiuso l’esercizio 2022 con un margine operativo lordo preliminare in crescita del 7% a 1,5 miliardi di euro, una posizione finanziaria netta a 4,26 miliardi e una capacità rinnovabile installata in crescita del 12% a 2,5 GW. L’energia verde venduta è stata pari a 6,6 TWh, il 32% in più rispetto al 2021. È proseguita poi la crescita della finanza sostenibile, con una quota di debito sostenibile pari al 58% sul totale del debito lordo di gruppo, contro il 44% del 2021. Questi risultati permettono al gruppo di accelerare sulla transizione energetica, sulle rinnovabili e sull’economia circolare. Lo ha sottolineato anche l’amministratore delegato Renato Mazzoncini: “Il 2023 – ha spiegato – ci vedrà ancora impegnati nell’attuazione degli obiettivi individuati nel nostro piano industriale, attraverso la realizzazione di infrastrutture strategiche per lo sviluppo delle rinnovabili, del recupero di materia e nel potenziamento delle reti”. Dedica attenzione alle dinamiche espansive di A2A il quotidiano La Stampa con un articolo pubblicato lo scorso 23 febbraio: Il Gruppo, nonostante le tensioni geopolitiche e le forti turbolenze che hanno caratterizzato i mercati energetici nell’anno in esame, ha conseguito una marginalità in crescita grazie alla diversificazione delle proprie attività: i risultati positivi della Business Unit Generazione & Trading e della Business Unit Ambiente hanno più che compensato la contrazione di marginalità registrata negli altri settori di attività.
Come ricordato nell’articolo, modello di business di A2A, basato sulla diversificazione delle attività, ha garantito la stabilità necessaria ad affrontare le turbolenze dei mercati, senza far venir meno il sostegno e la vicinanza ai clienti. Nel 2022 A2A ha proseguito nel suo percorso di sviluppo industriale, in linea con la strategia di lungo periodo focalizzata su transizione energetica ed economia circolare, incrementando ulteriormente gli investimenti e portando a compimento importanti operazioni di crescita per linee esterne. Gli Investimenti organici si sono attestati a 1,24 miliardi di euro, in incremento del 15% rispetto al 2021.
Lo scorso 24 febbraio il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla nascita di un nuovo “codice degli incentivi” al fine di bloccare l’estrema frammentazione delle attuali politiche di incentivazione e raggiungere la piena efficienza degli interventi per le imprese. “Il provvedimento – ha commentato il ministro Urso, titolare del dicastero delle Imprese e del Made in Italy – nasce dalla necessità di avere una riforma organica per fermare la giungla degli incentivi. L’obiettivo è semplificare e omogenizzare. Le sfide globali di oggi – continua il Ministro – hanno bisogno di risposte mirate e coerenti con un sistema degli incentivi compiuto e coordinato che possa rappresentare un corpus organico di regole che sia di riferimento tanto per i decisori pubblici che per le imprese”.
Secondo il governo, la revisione degli incentivi costituisce infatti un passaggio necessario anche per la promozione della politica industriale italiana che richiede sul piano nazionale un maggiore efficientamento degli interventi per le imprese nonché di orientamento verso le sfide globali come la transizione green e digitale. Da ricordare come nell’ultimo anno di rilevazione (il 2021), il sistema agevolativo nazionale ha fatto registrare un numero complessivo di 1.982 interventi agevolativi, di cui n. 229 delle amministrazioni centrali e n. 1.753 delle amministrazioni regionali.
Dedica attenzione al tema Cor.Com – Il Corriere delle telecomunicazioni con un articolo pubblicato lo stesso 24 febbraio: Il provvedimento nasce come strumento per aiutare le imprese a orientarsi tra le circa 2mila agevolazioni a disposizione delle imprese, con un duplice obiettivo: da una parte la “razionalizzazione dell’offerta di incentivi”, che avverrà con l’individuazione di un insieme limitato e definito di modelli per concedere le agevolazioni, e dall’altra la “codificazione” delle procedure. Si tratterà in questo caso di predisporre un insieme di regole per le incentivazioni alle imprese, che saranno contenute in un unico testo, il “codice degli incentivi”. Le nuove norme punteranno anche alla semplificazione delle procedure per la richiesta e la concessione delle agevolazioni, puntando al coordinamento di strumenti già in campo come il Registro Nazionale degli Aiuti di Stato e la piattaforma online “Incentivi.gov.it”. dopo questo passaggio il Ministero avrà ora 24 mesi di tempo per adottare i decreti delegati.
Come ricordato nell’articolo, il disegno di legge introduce alcuni principi guida per gli interventi di incentivazione, a partire dal fatto che ogni amministrazione sarà chiamata a una “programmazione degli interventi e indicazione della loro estensione temporale, anche pluriennale, in modo da assicurare un sostegno tendenzialmente continuativo e adeguato alle finalità stabilite”. Prosegue l’articolo: Il secondo principio è quello della misurabilità dell’impatto “nell’ambito economico oggetto degli incentivi, sulla base della valutazione in itinere ed ex post degli effetti ottenuti”. Poi il rafforzamento della coesione sociale, economica e territoriale “per uno sviluppo economico armonico ed equilibrato della Nazione, con particolare riferimento alle politiche d’incentivazione della base produttiva del Mezzogiorno”. Attenzione puntata anche sulla “valorizzazione del contributo delle donne alla crescita economica e sociale della Nazione”.
Il consiglio di amministrazione di Tim si è riunito lo scorso 24 febbraio, sotto la presidenza di Salvatore Rossi per esaminare l’offerta non vincolante presentata da Kkr in data 1° febbraio 2023 per l’acquisto di una partecipazione in una costituenda società cui farebbe sostanzialmente capo il perimetro gestionale e infrastrutturale della rete fissa, inclusi gli asset e le attività di FiberCop, nonché la partecipazione in Sparkle. Tim è impegnata da tempo a perseguire gli obiettivi strategici definiti in occasione del Consiglio di amministrazione del 6 luglio 2022 ed enunciati in occasione del Capital Market Day del 7 luglio 2022, che hanno la rete fissa come uno degli elementi strategici di evoluzione futura. Un nuovo tassello, presumibilmente molto importante, in questo scenario è arrivato proprio con la valutazione di Tim dell’offerta del fondo statunitense. Dedicano attenzione alla notizia tutti i principali organi di stampa, fra cui il Corriere della Sera, con un articolo a firma di Federico De Rosa, pubblicato lo scorso 25 febbraio. Nell’articolo si citano direttamente le significative dichiarazioni di Tim, fra cui il fatto che il Cda ha molto apprezzato l’interesse espresso, ma con riserva. Così esattamente la dichiarazione riportata nell’articolo e riferita alla proposta economica ricevuta: …la stessa non riflette pienamente il valore dell’asset e le aspettative di Tim, anche in termini di sostenibilità della società risultante dall’operazione ivi contemplata. Pertanto, per favorire l’allineamento delle condizioni dell’operazione proposta rispetto al quadro strategico rilevante per Tim, il consiglio ha deliberato di mettere a disposizione di Kkr – non in esclusiva – alcuni specifici elementi informativi e di richiedere le ulteriori indicazioni necessarie per comprendere a pieno gli assunti e gli economics della proposta.
Da parte di Kkr è stata repentinamente fatta pervenire agli organi di stampa una risposta, “Accogliamo con favore il comunicato del Consiglio di Amministrazione di Tim in relazione alla nostra offerta non vincolante presentata il 1° febbraio 2023 per l’acquisto di una partecipazione nella società denominata “Netco” e siamo pronti a dialogare con il board per cooperare nel rispetto degli obiettivi strategici di Tim”. Lo dichiara un portavoce del Fondo Kkr.
Di fatto il consiglio presieduto da Salvatore Rossi e guidato da Pietro Labriola ha voluto prendere tempo ma non rifiutare l’offerta, (probabilmente anche in attesa di segnali da Palazzo Chigi). La comunicazione è esplicita: una richiesta a Kkr di migliorare la sua offerta. Sotto il profilo economico, naturalmente. Appare evidente come la scelta sia stata di procedere con prudenza nei confronti del fondo Usa, al quale però viene concessa la possibilità di accedere ad alcuni “elementi informativi” sulla situazione di Telecom in cambio di ulteriori indicazioni per comprendere meglio la parte economica della proposta. L’avvio formale di una trattativa tra Telecom e Kkr non esclude che si possa arrivare ad una soluzione allargata a un ruolo dello stato-Cdp nella gestione dell’asset rete fermo restando i vincoli europei e di Antitrust. In ogni caso, come è stato sottolineato da più parti, qualcosa si è mosso e per il dossier Telecom è l’inizio di una nuova fase.
In base ai dati presenti nella quarta edizione del rapporto “Le infrastrutture di ricarica a uso pubblico in Italia”, le colonnine per le auto elettriche in Italia crescono a un ritmo sostenuto. Nel 2022 sono stati installati 10.748 nuovi punti di ricarica. Si tratta del miglior risultato mai registrato nella Penisola, che può contare così al 31 dicembre 2022 su una rete di 36.772 punti di ricarica, più densa in rapporto al parco elettrico circolante rispetto a molti Paesi considerati tra i più avanzati sulla e-mobility. Rivolge attenzione all’argomento il quotidiano Il Sole 24 Ore con un articolo a firma di Simonluca Pini, pubblicato lo scorso 26 febbraio: Entrando nel dettaglio dei punti di ricarica presenti in Italia, grazie ai dati forniti da Motus-E con la quarta edizione del report “Le infrastrutture di ricarica a uso pubblico in Italia”, si è arrivati a quota 36.772 unità con l’installazione nel 2022 di ben 10.748 nuovi punti. In termini percentuali, nel 2022 i punti di ricarica installati sul territorio nazionale sono aumentati del 41%, dopo il +36% messo a segno nel 2021. Percentuali ancora maggiori se si torna indietro di due anni, quando a dicembre 2020 il contatore dei punti di ricarica si fermava a 16.704. Tornando all’attualità, oltre al numero delle installazioni è aumentata la disponibilità di infrastrutture ad alta potenza sul totale. In aggiunta al raddoppio della quota dei punti in corrente continua DC, passati dal 6% del 2021 al 12% del 2022, è triplicata quella dei punti ultraveloci con potenza oltre i 150 kW, passata dall’1% del 2021 al 3,1% del 2022 grazie alle 1.136 prese HPC.
Come sottolineato nell’articolo de Il Sole 24 Ore, aumentano anche per i punti di ricarica in autostrada: il 31 dicembre 2022 avevano raggiunto quota 496 (di cui l’85% in DC con potenza oltre i 43 kW) dai 118 di fine 2021. Sempre nell’articolo si fa notare però che si tratta di un incremento fortemente limitato dalla mancata pubblicazione dei bandi previsti per legge per consentire agli operatori l’installazione massiva delle colonnine sulla grande viabilità. Con 5.971 punti di ricarica, e il 16% del totale nazionale, la Lombardia si conferma la regione migliore dove utilizzare un’auto elettrica. Seguono in ordine Piemonte e Veneto (con l’11% del totale ciascuna), Lazio ed Emilia-Romagna (con il 10% a testa) e infine la Toscana (8%). Queste Regioni coprono complessivamente il 66% del totale dei punti di ricarica a uso pubblico in Italia.
Concludendo il suo articolo Pini ricorda: Facendo invece un confronto con i principali paesi europei, ogni 100 veicoli elettrici circolanti in Italia si contano 21,5 punti di ricarica a uso pubblico, a fronte degli 11,5 della Francia, degli 8,2 della Germania e degli 8,9 del Regno Unito. Sempre l’articolista commenta: Certamente il numero di punti di ricarica dovrà continuare a crescere per diventare una vera alternativa ai distributori di benzina, ma molto probabilmente le vendite delle vetture a zero emissioni non decollano a causa dei maggiori costi di acquisto e di una maggiore complessità d’utilizzo rispetto alle rivali termiche.