Alcuni anni fa Il filosofo Luciano Floridi coniò il termine “onlife”, ancora attualissimo, a indicare la natura sempre più ibrida della vita quotidiana in cui tutto è ormai interconnesso in un abbraccio tra reale e virtuale. Quanto è avvenuto con la pandemia, che ha sollecitato sempre più persone e aziende ad aprirsi al digitale e all’uso delle nuove tecnologie, questo scenario è diventato la nuova normalità. A confermare lo scenario in atto ed approfondire il tema è il 5° Rapporto Auditel-Censis, intitolato “La transizione digitale degli italiani, dal boom degli schermi connessi (sono quasi 100 milioni) alla banda larga, il Paese grazie alla televisione, corre verso la modernità”, dal quale emerge che il digitale è ormai parte integrante della quotidianità della maggior parte degli italiani. Rivolge attenzione al tema il magazine di socio-economia Affari&finanza, con un ampio servizio a firma di Sibilla Di Palma, pubblicato lo scorso 9 gennaio: Non a caso l’indagine, basata sulla ricerca di base Auditel (sette wave l’anno, 20 mila abitazioni visitate, 41 mila interviste faccia a faccia), evidenzia che, se la spesa complessiva delle famiglie italiane si è ridotta lo scorso anno del 5,4% rispetto al 2017, quella per computer, smart Tv e smartphone è l’unica che ha continuato a crescere. Nel 2021 la spesa per telefonia, trainata dagli acquisti degli smartphone, è aumentata infatti del 92% rispetto al 2017, raggiungendo un valore complessivo di 7,86 miliardi di euro. Ad aumentare è stata anche la spesa per computer, tablet e smart Tv, per un valore che nel 2021 ha raggiunto i 10,63 miliardi di euro, in crescita del 49,4% rispetto al 2017.
Sempre nell’articolo si ricorda come nelle case degli italiani ci sono attualmente 120 milioni di schermi (erano 111 milioni nel 2017), con una media di cinque device a famiglia. In questi cinque anni non sono però solo aumentati gli schermi, ma sono cresciuti anche i device connessi. La rilevazione registra infatti 93 milioni e 200 mila dispositivi collegati a internet all’interno delle abitazioni, un numero in forte crescita dal 2017 quando erano poco meno di 74 milioni. Al primo posto ci sono 48 milioni di smartphone, aumentati di oltre sei milioni negli ultimi cinque anni. Seguono le televisioni che sono circa 43 milioni. Altrettanto interessanti i dati dell’indagine, riportati anche nell’articolo, riguardanti le reti TLC: Guardando ai dati, oggi 14 milioni e 700 mila famiglie, il 61,7% del totale, vivono in zone che sono coperte dalla banda larga (cinque anni fa erano 13 milioni e 200 mila). Restano però esclusi dalla copertura nove milioni di nuclei familiari, il 38,3% del totale, residenti perlopiù nelle regioni del Sud e delle Isole. A essere penalizzati sono, inoltre, gli abitanti dei centri minori.
L’articolo si conclude sottolineando quanto emerge dal rapporto di Anitec-Assinform intitolato “Il digitale in Italia 2022”, realizzato in collaborazione con NetConsulting cube. L’analisi stima che nell’anno appena iniziato il mercato digitale italiano dovrebbe raggiungere un ammontare complessivo di 79,13 miliardi di euro (più 3% rispetto al 2022). Per i successivi anni si ipotizza invece un incremento più sostenuto, ovvero più 4,8% nel 2024 e più 5,3% nel 2025, anno in cui questo settore dovrebbe superare gli 87 miliardi di euro.
Al via gli incontri tra il Governo e i principali operatori delle TLC. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, ha fissato nelle giornate di mercoledì 18 e 25 gennaio un primo ciclo di incontri. Le riunioni avvieranno un iniziale confronto con i rispettivi rappresentanti al fine di approfondire le esigenze e le problematiche del settore, nonché definire le possibili linee di intervento e semplificazione, anche in relazione all’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per i progetti di competenza del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio. Dedica attenzione al tema Cor.Com – Il Corriere delle telecomunicazioni, con articolo a firma di Federica Meta pubblicato lo scorso 12 gennaio: Ieri in audizione alla Camera, anche il ministro delle Imprese Adolfo Urso si è soffermato sull’importanza di avviare incontri di collaborazione per “disegnare insieme la rotta di un settore, quello delle TLC, tanto dinamico quanto indispensabile per la crescita anche nella fase di transazione digitale che stiamo vivendo. Un settore che – ha continuato – quando feci il mio primo ingresso in questa Commissione era un orgoglio del Sistema italiano nel mondo” (…) Tra i temi affrontati, quello sulla rete unica dove il Ministro ha confermato l’intenzione del Governo di realizzare una rete delle TLC a copertura nazionale che consenta al Paese di raggiungere gli obiettivi che si è prefisso in un sistema ad alta competitività internazionale, salvaguardando i livelli occupazionali. Urso ha inoltre comunicato l’avvio di un tavolo di confronto continuativo con le parti sociali e gli enti locali per l’intero settore delle tlc per inizio febbraio.
Sempre nell’articolo di Cor.Com si ricorda come si il ministro, parlando della banda larga, ha evidenziato come la copertura della fibra in tutte le aree del Paese viaggia ancora ad una velocità troppo bassa e che sul piano aree bianche è stato ereditato un grave ritardo nell’attuazione del progetto da parte del concessionario Open fiber. Così nell’articolo: “Il ritardo ci preoccupa, – ha commentato Urso – Ministero e Governo sono coinvolti poiché stavolta non si può fallire. Grazie alle azioni di stimolo in atto si ritiene realistica a giugno 2023 la fine dei lavori per i comuni cofinanziati con fondi Fesr, progressivamente, tra dicembre 2023 e settembre 2024, per i comuni finanziati con altri fondi”, ha concluso il ministro Urso.
Aldo Bisio è il nuovo Chief Commercial Officer del Gruppo Vodafone. La nomina, che di fatto lo porterà ad affiancare l’AD Margherita della Valle, è subito esecutiva e sancisce il ruolo di due italiani al vertice della multinazionale britannica. Il manager mantiene anche l’incarico attuale di Ceo Italia, che ricopre dal 2014.
Dedicano attenzione alla notizia tutti i principali organi di stampa, fra cui il Corriere della Sera con un articolo a firma di Diana Cavalcoli, pubblicato lo scorso 13 gennaio: Il manager, già AD di Ariston Thermo Group oltre che di Rcs quotidiani, assume così la seconda carica più importante all’interno della multinazionale e affiancherà Della Valle nella messa a terra del piano per la semplificazione della struttura organizzativa. Un passaggio delicato in vista anche della nomina del nuovo CEO, che succederà a Nick Read. (…) La sfida della crescita non sarà però semplice vista la crisi vissuta dal settore delle telecomunicazioni. Lo stesso Bisio ha recentemente lanciato un allarme sulla sostenibilità del comparto, ribadendo come negli ultimi dieci anni abbia perso 10 miliardi di euro di ricavi, a fronte di investimenti per l’ammodernamento delle reti.
Come sottolineato dagli organi di stampa, con questa nomina si conferma e si rafforza il peso dei manager italiani all’interno di uno dei colossi europei della telefonia mobile. Nell’ambito delle strategie di gruppo, Vodafone ha fatto inoltre sapere che Vodafone Spagna entra a far parte dell’Europe cluster, riferendo al ceo di Europe cluster, Serpil Timuray. Colman Deegan, ceo di Vodafone Spagna, ha deciso di dimettersi dalla carica di ceo a partire dal 31 marzo 2023 e supporterà Margherita Della Valle in iniziative strategiche dal primo aprile al 31 luglio prossimi. A questo tema pone particolare attenzione Radiocor-Il Sole 24 ore, con una nota pubblicata lo scorso 12 gennaio: Serpil è ceo dell’Europe cluster da ottobre 2018 e membro del Group executive committee da gennaio 2014. Prima del suo ruolo attuale è stata Group chief commercial operations and Strategy officer e precedentemente regional ceo per Amap (Africa, Middle East and Asia Pacific). “Voglio ringraziare Colman – ha detto Margherita Della Valle, ceo del gruppo Vodafone per il periodo ad interim – per la sua leadership in Vodafone Spagna e congratularmi con Aldo e Serpil per le loro nuove responsabilità mentre lavoriamo insieme per accelerare le nostre prestazioni commerciali e generare valore per gli azionisti”.
Il 2023 potrebbe essere l’anno in cui l’Intelligenza artificiale entrerà in una nuova era, caratterizzata dalla capacità dei computer e dei motori di ricerca di imparare i sistemi cognitivi dell’uomo. Lo ha ribadito recentemente anche Bradford Lee Smith, Presidente di Microsoft in Italia, che ha incontrato il Papa, la premier Meloni e il capo della Cybersicurezza Baldoni. Proprio Microsoft ha appena investito grandi capitali in OpenAI, una delle più promettenti piattaforme di intelligenza artificiale. Rivolge attenzione alle dinamiche di Microsoft e delle altre big tech il quotidiano Il Sole 24 Ore, con un articolo a firma di Barbara Carfagna pubblicato lo scorso 15 gennaio. Realizzato in forma di intervista al presidente di Microsoft, il servizio giornalistico pone all’attenzione alcuni dei nodi chiave dell’argomento: State investendo 10 miliardi in OpenAI, l’azienda di intelligenza artificiale che con la chat GPT, in grado di rispondere ad ogni domanda con una risposta che attinge a una mole immensa di dati, avrà un impatto che probabilmente neanche Microsoft può prevedere. Come pensate di gestire il modo in cui trasformerà il lavoro, la società, la politica, l’economia? “Crediamo fermamente nei benefici che questa nuova generazione di AI può creare. Questi modelli di linguaggio sono l’evoluzione dell’AI. Favoriranno la trasformazione dell’economia, aumenteranno la produttività, aiuteranno intere nazioni a crescere e creare nuovi lavori. Naturalmente questa sarà anche una sfida per la società. La buona notizia è che abbiamo pensato e lavorato su questo per un certo numero di anni. Non sto dicendo che abbiamo tutte le risposte. La prima sfida è come creare dei principi etici e implementarli così da poter riporre fiducia nel fatto che l’AI lavorerà per servire i valori umani. Abbiamo fatto progressi nel cercare di evitare che abbia pregiudizi, che preservi una governance umana con decisioni umane”.
Nell’intervista si ricorda come la tecnologia ha impattato negli ultimi decenni ogni settore della società. Ora si stanno aprendo le porte a nuove sfide, che hanno le persone e il loro benessere al centro dell’impegno. Questa non è una questione di opportunità ma di responsabilità. L’articolista sottolinea come fra i temi più dibattuti vi è quello di creare un’alleanza transatlantica basata sui dati e sulla condivisione di questi tra Europa e Usa magari includendo anche Giappone India Australia Nuova Zelanda e Corea del sud. Significativa la risposta di Bradford Lee Smith: “Prima dobbiamo capire quanto importante sia creare consenso tra le Nazioni. Dobbiamo riconoscere un comune interesse economico e di valori: pensi alle aziende, anche quelle europee e italiane: il loro futuro verrà illuminato dall’accesso all’AI e dal cloud computing. Potranno restare innovative e competitive. Hanno bisogno delle migliori tecnologie che il mondo gli possa fornire. L’altra cosa di cui hanno bisogno è muovere i dati oltre le frontiere. Non si possono più avere clienti fuori dalla propria Nazione senza muovere i dati da una Nazione all’altra. Quindi dobbiamo avere un approccio comune al regolatorio. Dobbiamo creare dei guardrails alla tecnologia, pubblici: delle leggi che ci rispecchino tutti. Sarà complicato ma avverrà”.