Scrive Riccardo Bruno sul Corriere della Sera del 30 dicembre 2020:
“Mina canta sulle note di un musical: «Questa è la storia di un’idea e di chi trovò la strada per farne una realtà. Seppure noi siamo lontani ci fa sentire più vicini e meno soli noi».
È molto di più di uno spot il video che la Tim manderà in onda da domani – debutto prima del messaggio di fine anno del capo dello Stato -. È la narrazione di 100 anni di progressi, da quando i telefoni sono entrati prepotentemente nelle nostre vite, l’innovazione che più ha cambiato la società.
Il Gruppo Tim ha una fondazione recente, ma è la diretta prosecuzione di una vicenda industriale lunga, che risale a Telecom, e prima alla Sip, e prima ancora alle società nate nei primi anni Venti del secolo scorso…”
Nell’articolo si ricorda che il telefono fu inventato alla fine dell’800. La sua diffusione prese corpo negli anni Venti tanto da portare a mettere ordine nel mercato di allora dividendo l’Italia in cinque grandi zone e affidandole a cinque società, che per impedire che le compagnie straniere controllassero il mercato: Stipel, Telve, Teti, Timo e Set. Questo era anche lo scenario nel quale decise di scendere in campo nel 1937 Cesare Valtellina, fondatore della nostra azienda. Il nuovo spot di TIM “racconta”, in un veloce viaggio nel tempo, caratterizzato da un ritmo narrativo incalzante, le evoluzioni delle telecomunicazioni, settore al quale Valtellina ha sempre dato un apporto importante in termini di lavoro al servizio delle reti. Lo spot TIM è stato ideato da Luca Josi, direttore Brand Strategy, Media & Multimedia Entertainment di Tim, che ha diretto il video di tre minuti e 49 secondi che scorre sulla voce di Mina che reinterpreta This is me (tra l’altro Tim ne è l’acronimo) del musical «The Greatest Showman» , Golden Globe nel 2018.
Sempre nell’articolo del Corriere della Sera del 30 dicembre si può leggere: «È il racconto di una rivoluzione che si è affacciata nel Novecento e di cui siamo protagonisti – afferma Josi -. La possibilità di connettersi a distanza, che adesso diamo per scontata, ha cambiato l’esistenza delle persone. E noi vogliamo celebrarla in modo leggero, nelle parole e nei toni, per aiutare ad ammorbidire la ruvidità del presente». La pandemia ha reso plastico quanto sia vitale restare uniti a distanza, per non perdere gli affetti o il lavoro. Smartphone e webinar sono solo l’ultimo anello di una catena, a partire da quelle centraliniste e dai laboratori di Torino che permisero le prime conversazioni telefoniche da cui prende le mosse lo spot. Quello legato al telefono è un universo popolato da oggetti a cui siamo legati, molti ormai scomparsi. Dai primi telefoni neri in bachelite a quelli bianchi delle case più agiate (che diedero il nome al filone di film sentimentali a cavallo tra le due Guerre). Oppure le cabine telefoniche, la prima in metallo e vetro vista nel febbraio 1952 in Piazza San Babila a Milano, ormai rese superflue dai cellulari. E ancora il telefono a disco, con quello scorrere della rotella quando si componevano i numeri che rendeva febbrile l’attesa. O i gettoni e poi le più evolute carte telefoniche ormai archeologia per noi…”.