Secondo l’agenzia Finanziaria Bloomberg l’amministratore delegato di Tim, Luigi Gubitosi, sarebbe pronto a rinunciare al controllo della rete di Telecom Italia, un asset che vale miliardi di euro, per rilanciare l’accordo con Open Fiber sulla creazione di una società per la rete unica. La nuova versione del piano messo a punto da Tim ha anche lo scopo di affrontare preoccupazioni della Commissione Ue sul fatto che l’integrazione con Open Fiber potrebbe ostacolare la concorrenza. Dedica attenzione al tema La Repubblica in uno specifico articolo a firma Sara Bennewitz, pubblicato lo scorso 5 novembre: Le indiscrezioni rilanciate da Bloomberg circa la possibilità di dar vita a una rete unica con l’infrastruttura di Open Fiber — con un assetto tale da portare Telecom in minoranza — hanno fatto volare le azioni in Borsa. Salvo correggere di poco dopo la precisazione della società secondo cui nessun progetto di questo tipo è mai stato discusso in cda. Il prossimo consiglio straordinario di Tim è convocato per giovedì 11, a valle dell’atteso via libera della Ue (in agenda per il 10) al consolidamento da parte di Cdp del 60% di Open Fiber, la rete in fibra concorrente a quella dell’ex monopolista. Il consiglio della prossima settimana ha all’ordine del giorno questioni di governance, ed è stato convocato su istanza dei due esponenti di Vivendi (primo azionista con il 23,9%), avallato anche da tre amministratori indipendenti.
Come si ricorda nell’articolo, la società francese che in principio non aveva votato a favore della nomina di Luigi Gubitosi, in un secondo momento ha appoggiato l’ad, tanto da supportare la lista del management, votata dal 99% dei soci presenti in assemblea lo scorso marzo. Così nell’articolo: Tuttavia, dopo due allarmi utili in tre mesi — e data la persistente debolezza del titolo — Gubitosi non avrebbe più la fiducia del suo maggior azionista. Cassa Depositi e Prestiti (secondo socio di Tim con il 9,9%) non si sarebbe ancora espressa ufficialmente al riguardo. È infatti ancora in corso l’analisi dell’Antitrust Ue, che deve stabilire se sia di ostacolo alla concorrenza il fatto che Cdp salga dal 50 al 60% di Open Fiber, in seguito all’operazione che ha portato all’uscita di Enel e all’ingresso del fondo australiano Macquarie, la cui conclusione è prevista per fine anno. Fonti finanziarie si aspettano che al cda dell’11, Cdp palesi la sua opinione al riguardo.
Secondo gli analisti finanziari, Tim dovrebbe conservare una partecipazione di minoranza nella nuova società che nascerebbe dal matrimonio tra FiberCop (rete secondaria) e Open Fiber.