Fra i segnali “forti” che ha indicato la pandemia, si colloca la necessità di fare evolvere alcuni modelli di cura e forse ancora di più scelte organizzative all’interno degli ospedali. Le potenzialità della telemedicina possono in questo senso fare molto. La riconversione dei posti letto negli ospedali con reparti di urgenza nati quasi da zero ha costituito un grande sforzo, ma restano aperti temi come l’impossibilità di accedere agli ospedali o ritardare diagnosi e interventi causa Covid.
Dedica attenzione al tema il Corriere della Sera in un articolo a firma Fabio Savelli, pubblicato lo scorso 25 ottobre: Il corollario è uno e uno solo: la pandemia ha determinato la necessità di cercare nuove strategie di assistenza. Le cure a distanza, su cui tanto punta il Pnrr al capitolo Salute, inevitabilmente stanno conoscendo un cambio di passo. Visite mediche ed esami diagnostici a domicilio, video-consulti online, psicoterapia da remoto: il futuro della medicina è indiscutibilmente digitale. Il Covid 19 ha accelerato dunque la digitalizzazione delle strutture sanitarie, con un boom di investimenti in Europa: un recente studio di Frost&Sullivan stima un giro d’affari di 17 miliardi entro il 2026 per il mercato della salute digitale.
Il settore è visto come strategico da diversi gruppi del settore TLC, che stanno cercando sinergie con realtà altrettanto importanti nei loro specifici ambiti di competenza e di mercato. Un esempio viene da un colosso della connettività come Vodafone e una delle aziende di vertice nel campo della consulenza strategica come Deloitte. Insieme hanno creato un centro virtuale che dovrebbe unire nelle intenzioni le soluzioni per la sanità connessa di Vodafone con l’esperienza d’innovazione di Deloitte nel settore della sanità per consentire a molte più persone di accedere all’assistenza sanitaria quando e dove ne abbiano bisogno. Esperti digitali, tecnologici e sanitari delle due organizzazioni lavoreranno per semplificare l’accesso alla sanità digitale e alle soluzioni, sia per i pazienti sia per il personale sanitario. Dice Aldo Bisio, alla guida di Vodafone Italia, che l’azienda sta diventando un abilitatore di servizi digitali: «Vogliamo mettere a disposizione la tecnologia e le piattaforme di Vodafone per sostenere la digitalizzazione degli ospedali, la telemedicina, visite mediche virtuali al servizio dell’esperienza dei pazienti. La remotizzazione dei servizi sanitari riesce a riportare a casa le persone, a curarle e a farlo con maggiore continuità».
Come si sottolinea nell’articolo, servirebbe però un cambio di passo nell’organizzazione interna dei nosocomi, nel rapporto tra le strutture e i pazienti. Una ricalibratura dei processi amministrativi, di prenotazione degli esami, del monitoraggio da remoto dei pazienti con cronicità.
È uno dei grandi capitoli del Pnrr, la cosiddetta missione 6, dedicata a più sofisticasti presidi territoriali: spingere su una «maggiore decentralizzazione dell’assistenza». Lo «schiaffo» del Covid ha scosso dal profondo il nostro modo di assistere i malati. Abbiamo un’eredità storica che concepisce il sistema sanitario in termini di silos. Ragiona cioè per compartimenti stagni, a livello tecnologico. Le banche dati sanitarie sono raramente in comunicazione tra loro, anche per alcuni nodi relativi alla privacy, però il diritto alla salute dovrebbe godere di maggiore spazio di intervento. La necessità è quella di gestire i grandi processi di trasformazione digitale, — dal cloud, all’IoT all’intelligenza artificiale e alla chirurgia robotica — rendendoli funzionali e in collegamento tra loro. Il nostro sistema sanitario presenta un grande fabbisogno infrastrutturale e tecnologico. Oltre che di personale, sotto-dimensionato.