Rete unica: il prezzo nodo dell’accordo

La caduta del Governo potrebbe portare ad un rallentamento di tempi per la rete unica, dinamiche alle quali si aggiunge anche il dibattuto tema del prezzo di vendita.

In uno scenario così politicamente sensibile come quello seguito alla caduta del governo Draghi, il progetto di varare una rete unica in fibra risulta di difficile attuazione. Essendo uno sviluppo di interesse nazionale, buona parte degli asset di Tim sono protetti dal Golden Power e dunque il governo non può non avere voce in capitolo. Cassa depositi e prestiti e Tim intanto continuano a lavorare alla definizione della cornice dell’operazione, con l’obiettivo di rispettare la scadenza del 31 ottobre per un accordo vincolante. Non solo. Sembra che Vivendi abbia alzato le sue richieste sulla rete, collocando il prezzo dell’infrastruttura in un range compreso tra 31 e 34 miliardi di euro, superiore alla stima di 31 miliardi che era in precedenza trapelata da Parigi. La valutazione è stata riportata in un articolo a firma Sara Bennewitz pubblicato dal quotidiano La Repubblica lo scorso 22 luglio: In ambienti vicini alla Cdp regna la calma, gli advisor stanno studiando l’operazione e, governo o meno, si lavora per presentare un’offerta non vincolante a fine agosto, con l’obiettivo che questa riceva il gradimento del Cda di Tim, per poi negoziare i dettagli di quella vincolante entro il 31 ottobre. In proposito, fonti finanziarie riferiscono che, attraverso il suo advisor Rothschild, Vivendi avrebbe fatto arrivare all’attenzione del Cda guidato da Pietro Labriola una nuova valutazione della rete. Interpellate, Tim e Vivendi, hanno preferito non commentare.

Come hanno commentato diversi altri organi di stampa, quella dei francesi potrebbe essere solo una posizione negoziale. Ma bisognerà vedere che cosa ne pensano gli altri attori al tavolo, cioè Cdp, Macquarie e Kkr. Come “extrema ratio” non esclude che Cdp, assieme a Macquarie e Kkr, o Vivendi, con un altro fondo, possano lanciare un’opa su Tim. Sempre le indiscrezioni di stampa, unte a voci in ambito finanziario, parlano anche di dell’esistenza di un “piano B” per la rete, da destinare a un altro acquirente nel caso in cui l’operazione con Open Fiber dovesse naufragare. A chiusura del suo articolo, Sara Bennewitz commenta: Senza una guida politica, tuttavia, mettere intorno al tavolo da un lato Cdp, Open Fiber e Macquire e dall’altro Tim, Kkr e Vivendi si fa sempre più complicato.

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