Prysmian: dubbi sulla fibra cinese low cost

Il maggiore produttore europeo di fibra ottica ribadisce di non sottovalutare i rischi della fibra a basso costo proveniente dalla Cina

La fibra cinese «rischia di essere di qualità insufficiente e troppo sensibile alla piegatura», denuncia Valerio Battista, ai vertici di Prysmian. Il tema è particolarmente importante considerando le strategie di sviluppo della rete che saranno implementate nei prossimi mesi, derivanti anche dai fondi del Pnrr. Ne parla il Corriere della Sera in un articolo a firma di Fabio Savelli, pubblicato lo scorso 30 novembre: Meno di quattro dollari a chilometro è il prezzo all’ingrosso della fibra ottica da parte degli operatori cinesi, «i cui prodotti ormai invaso i mercati mondiali e non è un mistero che siano sussidiate dal governo di Pechino». È un prezzo inferiore al costo di produzione dell’italiana Prysmian, che la fibra la produce nell’impianto di Battipaglia — 500 addetti, considerato l’indotto — ad un costo più alto per le spese per il personale e il conto energetico che incidono per il 40%. I maggiori committenti sono Tim ed Open Fiber che hanno il compito (e l’ambizione) di coprire l’ultimo miglio della rete Internet, quello dagli «armadietti» alle case. Una volta piegata «il segnale rischia di tracimare, di essere captato da un recettore», di convertirsi in una possibile finestra d’accesso per le comunicazioni Internet estremamente sensibili anche se non a livello del pericolo rappresentato dei software come quelle della rete primaria di Tim.

Come ricordato nell’articolo di Savelli, ammontano a ben i 3,6 miliardi agganciati ai fondi europei del Pnrr per lo sviluppo della banda ultra-larga fino al 2026. E per metterli a terra ci sono da stendere i bandi di gara Infratel. Puntualizza ancora l’articolista: Parigi — sensibile alla propria sovranità digitale — però è già intervenuta prima dei bandi di gara tramite l’Agcom francese imponendo requisiti specifici per la fibra ottica da utilizzare. Scegliendola di qualità A2, insensibile alla piegatura quindi sicura perché protegge dalle incursioni esterne. È la fibra che produce anche Prysmian, che ha ereditato la storica tradizione europea anche grazie all’acquisizione dell’olandese Draka e ad un variegato portafoglio di brevetti. Nel settore dei cavi per l’energia e appunto le telecomunicazioni Prysmian è leader mondiale.

La Commissione Ue da tempo ha sostenuto la necessità di applicare dazi anti-dumping alle forniture cinesi in Europa. Perché hanno economie di scala inarrivabili per chiunque altro. Inoltre la Cina ha imposto da anni forti dazi ai produttori europei, mentre una misura analoga da parte della Ue è arrivata solo quest’anno e solo per i cavi e non per le fibre. Ancora nell’articolo: Il mercato italiano, che finora ha avuto un valore di 70 milioni di euro ma che è destinato ad esplodere con l’avvio del piano ad 1 giga con i milioni di chilometri di fibra ancora da stendere visti i ritardi. «Non ci sentiamo di investire sul Paese senza avere la sicurezza che si tratta di risorse che non producono ulteriori perdite», spiega Battista, al timone di una public company quotata e con una pletora di investitori istituzionali nel suo capitale. È un grido d’allarme che inevitabilmente investe anche il ministero dello Sviluppo economico guidato da Giancarlo Giorgetti e dell’innovazione digitale diretto da Vittorio Colao. E riguarda anche le politiche industriali. Stendere fibra di bassa qualità è anche una politica di corto respiro. perché va incontro ad obsolescenza, necessita di maggiori manutenzioni e pone interrogativi sulla cybersecurity. Col rischio di dover essere re-installata a distanza di pochi anni.

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