Politica industriale 4.0: prospettive 2023

Si torna a parlare anche di costituire le cosiddette “case dell’innovazione” e di come pianificare il trasferimento tecnologico.

Come hanno evidenziato tutti i principali organi di stampa, sembra che nelle ultime settimane la politica industriale del 4.0 stia tornando all’attenzione della politica. Il motivo contingente riguarda le scelte fatte dal governo Meloni in materia di manovra finanziaria, che hanno alimentato il dibattito, in particolare da parte Confindustriale. Da qui una fitta rete di contatti e l’idea di affrontare alcune di queste partite legate alle agevolazioni fiscali per favorire gli investimenti con dei tavoli ministeriali convocati ad hoc, già forse nella prima decade di dicembre. Dedica attenzione al tema il magazine Affari&Finanza con un articolo a firma di Dario Di Vico pubblicato lo scorso 5 dicembre: Con una procedura inedita in Italia, la premier Giorgia Meloni ha ricevuto uno dei leader delle opposizioni parlamentari, Carlo Calenda, proprio in merito a possibili miglioramenti del testo della manovra. Ebbene come tutti sanno Calenda è stato il ministro del governo Renzi che diede il via all’esperienza di Industria 4.0 fino a farne quasi un brand del suo successivo ingresso in politica. Ed era pressoché scontato che il leader di Azione nei suoi colloqui con Meloni e i ministri competenti tirasse fuori i temi del finanziamento dell’innovazione e quindi del 4.0.

Sempre nell’articolo si cita il significativo commento di Stefano Firpo, oggi direttore generale di Assonime e primo estensore del Piano 4.0, che ha ricordato come la manovra varata con Calenda è stata sicuramente un’esperienza di politica industriale che ha funzionato, perché è riuscita a concentrare sull’obiettivo risorse significative e ha utilizzato il tradizionale canale di ammodernamento tecnologico degli imprenditori italiani (il rinnovo del parco macchine). Così l’articolo: Più Pmi ne hanno usufruito, ma in misura (finanziaria) minore. È una fase che è stata scandita dai due governi presieduti da Giuseppe Conte e che hanno visto come responsabili del Mise prima Luigi Di Maio e poi Stefano Patuanelli. «Al di là però dell’avvicendarsi di ministri, che magari avevano una visione differente del 4.0 e delle platee di riferimento, un limite che non si è riusciti a valicare è stato quello di non aver creato — come era nelle ambizioni di partenza — quella infrastruttura di politica industriale che è la forza dei nostri partner europei e che alle nostre Pmi sarebbe servita come il pane», spiega Firpo. La parola d’ordine iniziale era «costruiamo i Fraunhofer italiani» con riferimento a quelle “case” dell’innovazione e del trasferimento tecnologico vanto del sistema tedesco, ma onestamente non è andata così.
L’articolo si chiude con la considerazione che bisognerà incominciare a concretizzare un nuovo dialogo tra governo Meloni e Confindustria, che può che orientarsi alla ricerca di soluzioni costruttive e non conflittuali. Come ha ribadito anche Alfredo Mariotti, direttore di Ucimu, il presupposto è quello di rendere «strutturale» il finanziamento del 4.0.

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