Fase di grandi cambiamenti e di evoluzione in Open Fiber: con Enel che ha deciso di uscire di scena e che nell’azionariato ha passato il testimone al fondo infrastrutturale australiano Macquarie. Alla vigilia di Ferragosto è arrivato anche il cambio nella governance: il nuovo CEO è Francesca Romana Napolitano (la manager era a capo degli Affari Legali di Enel Global Infrastructure Network e precedentemente nel Cda di Enel Green Power).Ha immediatamente presentato una nuova struttura organizzativa al consiglio con la nomina di Mario Rossetti quale direttore generale. Anche in questo caso la scelta è ricaduta su un consigliere di amministrazione: come hanno ricordato anche gli osservatori economico-finanziari, si tratta di due soluzioni interne che indicano una volontà di proseguire, almeno per questa fase, nel segno della continuità. Sempre su questo piano, da ricordare che Franco Bassanini resta alla presidenza.
Dedica attenzione ai nuovi scenari di Open Fiber il magazine L’Economia, settimanale allegato a Il Corriere della Sera, tramite un articolo a firma di Alessandra Puato pubblicato lo scorso 23 agosto:Finora Cdp ed Enel hanno avuto il 50% ciascuno. Enel Incassa dalla vendita 2,65 miliardi, sostanzialmente quanto chiesto dal CEO Francesco Starace. Cdp paga 530 milioni. Macquire 2,12 miliardi. Entrerà nel board Jiri Zrust, il senior manager director del fondo infrastrutturale (…) Il pallino resta in mano a Cdp, che potrebbe anche decidere di rafforzare Open Fiber. Ma un socio privato significa oggettivamente più attenzione alla redditività. E soprattutto alle nuove gare, in arrivo per portare il web ultraveloce in tutte le case. Andranno vinte per aggiudicarsi parte dei 3,8 miliardi del piano “Italia a 1 giga” destinati alle aree grigie (dove investe un operatore privato per la banda ultralarga) e nere (almeno due reti) del Paese. È il piano con in dote i fondi del Pnrr, annunciato la scorsa settimana dal ministro per l’innovazione, Vittorio Colao, per completare la copertura della banda ultralarga nel Paese entro il 2026, raggiungendo 6,2 milioni di case.
Fra i principali compiti del nuovo board di Open Fiber quello di conciliare le necessità infrastrutturali diffuse in buona parte del Paese con la reddittività. A questo proposito si sottolinea nell’articolo: Il piano industriale attuale prevede il pareggio nel 2023 (l’azienda ha chiuso il 2019 con 117 milioni di perdite su 186 milioni di ricavi, saliti a 261 milioni nel 2020); calcola 7,1 miliardi di investimenti (4,1 vengono delle banche), ne sono stati usati solo 2,5 finora. Ha l’obiettivo di connettere 1,1 milioni di unità nelle aree grigie, soprattutto aziende.