Mercato del lavoro: mancano 4 lavoratori su 10

Sono oltre due milioni i posti di lavoro attualmente disponibili che non riescono ad essere coperti. Soffrono anche i settori tecnologici più innovativi. Così l’Italia perde circa 15 miliardi di PIL.

In Italia non si trovano i lavoratori che le aziende cercano. Il fenomeno si chiama “mismatch”. Non è nuovo, riguarda tutte le economie avanzate. Ma da noi, dopo la pandemia, registra un cambio di passo, un balzo inatteso. Certificato dal record dello scorso anno: oltre due milioni di offerte di posti di lavoro presenti sul mercato, che coinvolgono anche i settori più hi-tech. Sembra passato molto tempo dalla forte crisi occupazionale registrata tra 2008 e 2010, in cui mancavano tanti posti di lavoro e la disoccupazione era un problema primario. Oggi assistiamo ad un fenomeno opposto. Apparentemente ci sono opportunità lavorative che non vengono accolte da potenziali lavoratori. Quali sono le leve possedute dalle Aziende che possono essere toccate per ridurre il mismatch? Dedica attenzione al tema il settimanale Affari&Finanza, con un articolo a firma di Valentina Conte pubblicato lo scorso 6 marzo: Già Bankitalia, in uno studio pubblicato a febbraio, lancia l’allarme: il potenziale bacino occupazionale da 375 mila posti extra che quei soldi possono creare con un picco nel 2024, soprattutto nelle costruzioni e nel digitale, può essere messo in crisi dall’incapacità di coprirli. Tra le ragioni, Via Nazionale ne indica due: la scarsità di profili adeguati con competenze analitiche e le tendenze demografiche in atto sulla popolazione attiva. Entro il 2026 l’Italia avrà 630 mila persone in meno in età di lavoro. La torta in cui cercare talenti si sta rimpicciolendo, dunque. L’inverno demografico, l’Italia che fa meno figli e invecchia – calcola l’Ufficio parlamentare di bilancio – può portare il debito pubblico al 166,5% rispetto al Pil in vent’anni, perché gonfia i costi previdenziali, sanitari e di assistenza sociale. Nel decennio 2012-2022 i giovani occupati italiani (15-34 anni) sono calati del 7,6% mentre i senior (50-64 anni) lievitati del 40,8%, dice il Censis. La stretta sulle politiche migratorie di questi anni – che non a caso il governo Meloni vuole rivedere ampliando i flussi in entrata non ha aiutato. Con il risultato che Bankitalia invoca il ricorso agli stranieri per coprire anche le vacancy qualificate. Non solo quindi per la raccolta dei pomodori e la bassa manovalanza.
Come viene sottolineato nell’articolo, per certi mestieri – in particolare quelli nuovi, legati alla transizione digitale, ricercatissimi: data scientist, data architect, cloud architect, cyber expert, etc, – la competizione è tutta al rialzo e crea bolle negli stipendi perché le aziende se li contendono e il bacino è ristretto. Molto spesso vince l’estero. Sempre nell’articolo si cita una riflessione di Claudio Gagliardi, vicesegretario generale di Unioncamere, sulla crescita delle difficoltà delle imprese italiane a trovare personale qualificato: «Dopo la pandemia, il fenomeno si è impennato. Prima solo un quarto della domanda di lavoro (26%) aveva difficoltà. Siamo passati al 30% nel 2020, 32% nel 2021 e al 40% nel 2022. La forte accelerazione impressa dalla transizione digitale ha reso ancora più difficile il passaggio tra scuola e università, tra università e mondo del lavoro e anche tra lavoro e lavoro. Se prima le imprese non trovavano competenze giuste, ora un quarto non trova per mancanza di candidati. Così si perde un pezzo di Pil, noi stimiamo più di 15 miliardi all’anno».

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