Infrastrutture sociali, oltre che tecniche

Il presidente di Fondazione Cariplo, Giovanni Fosti, è convinto che in questo momento storico è indispensabile unire gli investimenti infrastrutturali di ordine tecnologico e sociale.

L’Italia ha sicuramente bisogno di interventi innovativi per quanto riguarda infrastrutture che interessano strade, ferrovie, edifici pubblici e molti altri campi di intervento. Ma abbiamo altrettanto bisogno di infrastrutture sociali, capaci di rafforzare i valori umani che formano il cuore della società civile. Ne è convinto Giovanni Fosti, Presidente di Fondazione Cariplo, che ha espresso le sue tesi durante il primo degli incontri denominati “Looking4”, organizzati per il trentennale dalla fondazione e dedicati ai quattro temi chiave per l’impegno dell’ente: l’ambiente, la cultura, la ricerca e i servizi alla persona (di cui si è parlato appunto nella prima tappa tenutasi a Novara l’8 giugno). Rivolge attenzione al pensiero di Fosti il quotidiano Il Sole 24 ore, con un articolo a firma di Luca Davi e Marco Ferrando, pubblicato lo scorso 12 giugno: Per Fosti, 55 anni ben portati, la dimensione della comunità è stata prima terreno di studio (è docente di Innovazione sociale in Sda Bocconi) e poi di applicazione pratica in Cariplo, una delle principali fondazioni italiane (con oltre 8 miliardi di patrimonio a fine 2021), realtà che guida dal 2019. Sulla materia le sue idee sono chiare da sempre. Oggi, in un post-pandemia contraddistinto da disuguaglianze crescenti, anche la declinazione pratica suona immediata e urgente: «Viviamo in un momento di grande disorientamento per le vite delle persone, e di paura per una componente sempre più ampia. Il Covid, e la situazione socio-economica che ne ha fatto seguito, ha messo in evidenza tutte le vulnerabilità delle biografie individuali delle persone». La salute in pericolo, materie prime che non bastano per tutti, l’invecchiamento, la guerra, le fratture sociali: è «come se in questo momento stessero venendo al pettine questioni epocali, tutte insieme». Una nuova domanda di senso che finisce per rilegittimare e rilanciare nella sua imprescindibilità un’offerta che c’è da quando esiste l’uomo: la comunità, appunto. Depurata, finalmente, «da edulcorazioni e buonismi. Oggi servono comunità vere e vive, luoghi che possono dare forza nella misura in cui, ciascuno, dà la propria forza. Pragmaticamente».

Come viene sottolineato nell’articolo de Il Sole 24 ore, un elemento centrale del pensiero di Fosti è il rischio crescente della parcellizzazione anche dell’impegno sociale, sia esso pubblico ho finanziato da aziende. Ci stiamo “clusterizzando” troppo. La nostra società è sempre più segmentata e frammentata in tante piccole bolle: se sei in quella giusta e fortunata continuerai a essere sempre più fortunato. Ma se al contrario ti trovi in quella sbagliata, allora il percorso sarà inevitabilmente al ribasso». Un processo nei fatti degenerativo, che suona come un dilaniante paradosso per uno studioso (e attivista), di percorsi generativi. Di qui la necessità, declina Fosti, di intervenire con misure radicali. Perché l’emergenza disuguaglianza crea ingiustizia e la amplifica e deprime le occasioni di sviluppo. «È una disuguaglianza che si incunea nel reddito delle persone, tra i generi, sul fronte della salute, e pure della cultura». Inevitabile e corretto un affondo riflessivo sulle risorse messe a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza: una enorme dote di cui, come sottolineano gli articolisti del “Sole”, Fosti rimarca opportunità e rischi. Il valore è «assolutamente fuori dall’ordinario». A patto però, è il monito, che l’intera potenza di fuoco «sia utilizzata per creare valore e fare investimenti sul futuro» del Paese e «non per risolvere partite del passato: la partita, dunque, alla fine si gioca più sulle nostre competenze che non sui soldi».

Il fattore decisivo per creare valore per il futuro? Per Fosti sono le persone, i legami, la fiducia: il cosiddetto “capitale sociale”: Il capitale sociale come base fertile per «creare connessioni in cui c’è bisogno di fiducia reciproca». Il capitale sociale come «facilitatore di transazione e transizioni», spiega il presidente di Cariplo.

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