Il sistema industriale italiano ha saputo reggere al Covid.

L’Istat ha recentemente pubblicato un documento importante e significativo: la “fotografia” della capacità di reazione delle imprese italiane davanti alla crisi Covid. Il documento è strutturato in 5 categorie, indicando la consistenza numerica di ciascuna di esse. Ne è emersa una visione del sistema produttivo italiano che merita attenzione.

L’indagine è stata effettuata dall’Istat tra il 23 ottobre e il 16 novembre 2020 ed ha avuto come campione un milione di imprese con almeno 3 addetti e per un totale di oltre 12 milioni di dipendenti. Questo corrisponde a circa il 90% del valore aggiunto e i tre quarti dell’occupazione di manifatturiero e servizi. Lo precisa ed evidenzia L’Economia, magazine finanziario de Il Corriere della Sera, nell’articolo a firma Dario De Vico dedicato alla ricerca Istat: Se analizzando la Grande Crisi 2008-15 si finì per adottare lo schema avanzato dall’allora presidente di Confindustria Vincenzo Boccia (un terzo di imprese avevano superato la prova, un terzo in bilico anche dopo l’uscita dal tunnel e un terzo azzoppate mortalmente), oggi l’Istat ci ha dato in corsa uno strumento in più che fa dire a Roberto Monducci, direttore del dipartimento per la produzione statistica, come «la capacità di resistenza del sistema produttivo sia elevata» al punto che dopo quasi un anno di lockdown/restrizioni si possa usare la metafora del “bicchiere mezzo pieno”.

Al lavoro dell’Istat è stata applicata la classificazione cromatica usata di questi mesi (rosso, arancione, giallo e bianco) e aggiunto il verde per le imprese più avanzate. L’articolo di De Vico ne sintetizza così i contenuti delle categorie:

Zona rossa Statiche in crisi – Nel campione Istat valgono per il 28,6% e sono imprese che erano nei guai già prima del Covid. Sono basse propensione all’export, produttività del lavoro e valore aggiunto. In media hanno 6,5 addetti. L’istituto le definisce statiche perché non hanno sviluppato nuovi prodotti o processi, sono rimaste spiazzate dagli eventi e si sono limitate a usufruire dei sussidi (…)

Zona gialla Statiche resilienti – Rappresentano la maggioranza relativa (35,5%), hanno in pancia 3 milioni di dipendenti e un’occupazione media di 8,3 addetti. La scolarizzazione della forza lavoro non è molto migliore delle imprese rosse ma costo del lavoro, produttività e valore aggiunto sono nettamente superiori. L’export è migliore anche se non di molto. Appaiono aziende ben piantate, il nocciolo duro della resistenza imprenditoriale che non ha registrato una condizione di emergenza né sul versante della liquidità né della solidità finanziaria.

Zona arancione Proattive in sofferenza – Nel campione Istat valgono il 10,7%, danno lavoro a 1,2 milioni di persone per una media-azienda di 11,2 addetti. Per costo del lavoro, produttività e valore aggiunto sono nettamente più in basso delle imprese gialle, hanno invece stessa scolarità della forza lavoro e maggiore propensione ad esportare. Sono state duramente colpiti da lockdown e restrizioni ma hanno espresso su diversi piani azioni di contrasto. Nuovi prodotti, canali di vendita, riorganizzazione dei processi, intensificazione delle partnership (…).

Zona bianca Proattive in espansione – Sono il 19,4% del campione Istat e occupano 3,8 milioni di persone. In media hanno circa 20 dipendenti, con un costo del lavoro medio di 42.388 euro, una produttività elevata e ottimo valore aggiunto (…) Per far fronte al Covid hanno investito soprattutto nella trasformazione digitale. Possiamo pensare che rientrino in questa categoria le filiere di fornitura più efficienti e buona parte delle aziende dei distretti.

Zona verde Proattive avanzate – Rappresentano il 5,8% del campione, hanno una fortissima propensione all’export (circa il 20%) e un’occupazione media di 42,7 addetti. Il loro sentiero di crescita è rimasto invariato nonostante il virus, staccano tutte le altre categorie quanto a investimenti nel digitale e hanno fatto ampio ricorso allo smartworking.

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