Il Ceo di Apple Tim Cook ha chiamato “spatial computing” la nuova piattaforma software e hardware, definendola la terza tappa di un’evoluzione che nasce col personal computer e si sviluppa attraverso il mobile computer. L’evento è andato in scena lo scorso 5 giugno in occasione della Conferenza Mondiale degli Sviluppatori Apple (WWDC). Sempre Cook ha dichiarato che il 5 giugno 2023 sarà ricordato come “una data storica”. Vision Pro non arriverà sul mercato se non l’anno prossimo, e all’inizio solo in Usa, ma potrebbe davvero segnare un cambio di paradigma nell’informatica come la conosciamo ora.
Secondo quanto si è visto e sentito in presentazione, il Vision Pro sarà costoso (3.499 dollari in Usa) e non è ben definito il target, ma indossare il Vision Pro vuol dire immergersi in un futuro possibile dove la tecnologia diventa tanto evoluta da “scomparire”, superare cioè la sua invasività. Per questo hanno dedicato subito attenzione alla notizia molti organi di stampa, fra i quali La Repubblica con due articoli pubblicati in carta e online nei giorni del 6 e 7 giugno, rispettivamente a firma di Tiziano Toniutti e Bruno Ruffilli: Vision Pro e VisionOS sono per Apple una scommessa coraggiosa, specie in tempi in cui l’hi tech punta tutto sull’intelligenza artificiale, e solo tra diversi anni si potrà dire se Tim Cook ha giocato bene le sue carte. Intanto una cosa è certa: tornati al mondo reale, è strano che per spostare un oggetto non basti guardarlo, pizzicarlo, e spostarlo con la mano. Perché è un mondo quello che si apre con i Vision Pro: si può stare in casa e insieme trovarsi in cima a una montagna o sulla riva di un lago. Basta selezionare un’opzione dal piccolo menù a sinistra: Ambienti, App, Persone. La realtà virtuale non cancella quella fisica, e il livello di immersione si può regolare con la Digital Crown. È totale, ad esempio, con l’app per la meditazione, dove una voce invita alla riflessione e segni astratti disegnano complesse forme geometriche in movimento; un minuto è forse troppo poco per dire se davvero fa bene, ma l’effetto ci è sembrato interessante.
Da ricordare che circa 10 anni fa Apple presentò Oculus Rift. In comune con questo suo lontano predecessore, il nuovo visore di Apple ha poco dal punto di vista tecnologico, e anche il design è parecchio cambiato. Eppure l’idea di base è analoga: una specie di maschera da sub, o da sci, con degli schermi all’interno. In questo senso non si fa una gran fatica a immaginare che i due dispositivi appartengano alla stessa categoria. Nel design, Vision Pro adotta materiali e linee di altri apparecchi della Mela: il corpo in alluminio richiama le cuffie AirPods Max, la parte frontale in vetro, la Digital Crown e la fascia elastica che lo tiene fermo alla testa sono riprese dall’Apple Watch. Dal vero, il visore è più piccolo di quanto sembri, e anche più leggero: circa 400 grammi.
Molte le particolarità che rendono Vision pro unico: ad esempio a differenza di visori concorrenti, Apple ha pensato alla funzione Eyesight. Con questa, il visore mostra gli occhi di chi lo indossa, per un senso maggiore di presenza e di condivisione. A livello software arriva un nuovo sistema operativo, VisionOS, che introduce anche Optic Id, un modo per autenticare l’utente tramite la lettura degli occhi e impedire ad altri di usare il visore e accedere ai dati personali. Tra le offerte c’è anche Persona, una versione tridimensionale dell’utente, un avatar da usare in FaceTime. Il visore ha forme e design futuristici, con un sistema di fotocamere che permette di passare dalla visione dei contenuti virtuali alla comprensione dell’ambiente circostante.