Il principio è ormai chiaro a tutti: ogni ritardo nell’accesso alla banda larga determina esclusioni, quindi disuguaglianza sociale ed economica. Covid-129 ha evidenziato sempre più questo scenario. Le autostrade della Rete però sono il frutto di ingenti investimenti da parte delle compagnie telefoniche che negli anni sono diventate piattaforme di servizi. L’avvento del 5G sta modificando alcuni approcci consolidati. Ne parla L’Economia, magazine finanziario de il Corriere della Sera, in un articolo a firma Fabio Savelli, pubblicato lo scorso 19 luglio: Nelle mappe che gli operatori comunicano sulla base degli investimenti previsti (in fibra ed antenne) rimangono dei vuoti. Cioè delle aree in cui non è conveniente mettere soldi per la mancanza di una domanda di clienti sufficiente. Diventano quindi «a fallimento di mercato». Entro fine luglio è prevista la ricognizione di queste aree al ministero dello Sviluppo per il nuovo standard 5G di cui sono già disponibili alcune frequenze. L’Italia però ha ancora una velocità di connessione dimezzata rispetto alla media europea nonostante i progressi di questi ultimi due anni. Il Paese – segnala un recente report di Ambrosetti in collaborazione con Wind3 – potrebbe ottenere grandi benefici da ulteriori potenziamenti delle infrastrutture. Ottenibili, per esempio, dall’armonizzazione dei limiti sulle emissioni elettromagnetiche alla media europea.
Sempre nell’articolo si ricorda come un emendamento al decreto Semplificazioni in via di conversione alza il limite sulle emissioni in modo da permettere agli operatori di installare meno antenne 5G nel rispetto delle prescrizioni sulla salute. C’è però un fronte compatto di diffidenti. Tra loro alcuni sindaci. A questo proposito l’articolista sottolinea: Il report di Ambrosetti-WindTre, la società guidata da Jeffrey Hedberg, segnala il punto di vista dell’utente: il 60,4% degli intervistati si dice favorevole al 5G. Lo chiede subito e capillare sul territorio. Solo il 14% si mostra refrattario, condizionato dall’ideologia Nimby, «non nel mio giardino», che però non ha evidenze scientifiche. Tra i tecno-entusiasti soprattutto giovani e laureati. Consapevoli che le autostrade digitali sono un fattore determinante di sviluppo. E ogni ritardo nell’accesso alla banda ultra-larga impoverisce il territorio e le sue competenze, viste le potenzialità che abilita nel lavoro da remoto che apre scenari inediti anche nelle scelte di vita individuali. A tendere però potrebbe aprirsi un nuovo filone. Cioè la segmentazione dell’offerta da parte delle Telco in base alla velocità di connessione. È una tendenza non ancora messa a terra per il principio di neutralità della Rete che non può produrre steccati e tipologie diversificate di consumatori. Ma nel momento in cui tutti avremo un livello minimo adeguato di connettività allora non è un fanta-scenario immaginare di avere oltre un gigabit al secondo al riconoscimento di un prezzo aggiuntivo. Un mercato, appunto, segmentato a seconda delle esigenze. Ripagherebbe gli investimenti degli operatori. Li spingerebbe a maggiori slanci senza attendere le risorse, già previste, contenute nel PNRR.