I BIG dell’Hi-tech: ora un freno all’intelligenza artificiale

Oltre 1000 ricercatori chiedono una “pausa” di almeno 6 mesi “nell’addestramento” dei sistemi più avanzati.

È stato proprio l’imprenditore più visionario, Elon Musk, a invitare alla prudenza. Oggetto di timori è in questo caso l’intelligenza artificiale, per cui il proprietario di Twitter, insieme a 1000 ricercatori, chiede una “pausa” di almeno 6 mesi “nell’addestramento” dei sistemi più avanzati. Il parere di alcuni big dell’Hi-Tech è che i sistemi di intelligenza artificiale possano comportare rischi per la società e l’umanità, come dimostrato da ricerche approfondite e riconosciuto dai migliori laboratori di intelligenza artificiale. Mettere in stand by l’intelligenza artificiale: questo il senso dell’appello del Future of Life Institute col quale oltre mille imprenditori, tecnici e accademici delle tecnologie digitali hanno denunciato il problema. Hanno rivolto attenzione all’argomento tutti i principali organi di stampa, fra cui il Corriere della Sera, con un articolo a firma di Massimo Gaggi pubblicato lo scorso 30 marzo: L’appello, nel quale si chiede una moratoria di sei mesi nello sviluppo di sistemi di AI più progrediti del Gpt4 col quale è stato appena potenziato il già rivoluzionario (per la politica e la società) ChatGpt, fa scalpore perché viene dalla stessa comunità che fin qui ha bruciato le tappe dell’innovazione digitale. E suscita anche qualche sospetto: ad alcuni il messaggio appare troppo enfatico, altri sottolineano come sia impensabile fermare il lavoro dei ricercatori. Non sarà che si vuole semplicemente rallentare l’integrazione della tecnologia degli scienziati di OpenAI nei prodotti di Microsoft in attesa che gli altri concorrenti recuperino il gap? Nel mondo della Silicon Valley il buonismo delle origini è stato da tempo travolto dalla logica della massimizzazione del profitto importata da Wall Street: è un mondo popolato da imprenditori geniali ma con una certa tendenza ad assumere posizioni contraddittorie e a pretendere, poi, di non pagare mai pegno (come nel caso di Elon Musk, capocordata di questo appello). In un ecosistema siffatto dubitare è più che giustificato.

Come sottolineato nello stesso articolo di Gaggi, il punto vero è che la rivoluzione dell’intelligenza artificiale nella quale ci stiamo immergendo e dalla quale trarremo probabilmente grandi benefici, comporta inevitabilmente anche rischi: ha implicazioni talmente vaste, dal mercato del lavoro alla cybercriminalità, alla disinformazione, da meritare analisi assai più approfondite del tradizionale giochino del «a chi giova». Sempre nell’articolo si ricorda come la lettera aperta del Future of Life Institute è importante perché fin qui chi ha denunciato sui media usi troppo spregiudicati della tecnologia, chi ha chiesto regole e limiti è stato denunciato come un retrogrado: un avversario del progresso e dell’innovazione che deve poter procedere senza freni. Oggi a cambiare rotta sono molti dei più autorevoli esponenti del mondo della tecnologia: non solo Musk, ma anche scienziati come Yoshua Bengio, soprannominato il «padrino dell’intelligenza artificiale» o lo storico Yuval Noah Harari, divenuto la coscienza critica della Silicon Valley. Le comunicazioni di allarme non escludono però visioni più serene e possibiliste, sintetizzabili nel concetto di sforzarsi di minimizzare i rischi dando alle persone il tempo di abituarsi gradualmente all’uso di queste tecnologie. E bisogna dare alle istituzioni alle autorità di regolamentazione e alla politica il tempo di reagire in forma coordinata ed efficace.

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