La due nuove infrastrutture italiane si aggiungono alle 34 Cloud Region già presenti nel mondo. Il progetto italiano nasce in collaborazione con Telecom Italia, che si occupa dei servizi per rendere il cloud più sicuro e offre l’infrastruttura logistica. Partecipa al progetto anche Intesa SanPaolo. Si occupa dell’argomento il quotidiano La Repubblica.it con un articolo pubblicato lo scorso 15 giugno a firma di Vittorio Emanuele Orlando: Oggi quella di Milano, presto quella di Torino. Che si aggiungono alle 34 Cloud Region già presenti nel mondo, e che rendono l‘Italia il primo Paese di area Emea con due Region cloud dedicate. Insomma, se fino a qualche tempo fa il fatto che il dato delle aziende fosse geograficamente delocalizzato nella “nuvola” era considerato normale, oggi assistiamo a un ritorno prepotente della “sovranità del dato“, con l’obiettivo di riportare il flusso e l’archiviazione dei dati europei in Europa, anche sulla scorta del Gdpr, per garantire la privacy dei cittadini europei.
Come ricordato nell’articolo, sul tema della privacy hanno insistito molto gli oratori che hanno partecipato alla presentazione delle due Cloud Region a Milano, dal Ceo di Google Cloud, Thomas Kurian, al country manager Fabio Fregi. Interessante notare come in entrambi gli interventi è stato sottolineato il fatto che avere i dati “fisicamente” vicini è percepito dalle aziende clienti come il più importante dei vantaggi dell’infrastruttura delle regioni. I motivi per i quali Google ha deciso di localizzare i cloud in Italia, partono certamente dai fondi in arrivo con il Pnrr e pongono 5 aspetti in sinergia fra loro, come evidenziato anche nell’articolo de La Repubblica: la velocità (secondo Google si riducono i tempi di latenza anche dell’80%), la capacità computazionale in termini di gestione dei picchi, la disponibilità dei dati (i due siti consentono la disaster recovery uno dell’altro), la sicurezza (i dati restanno “in casa” su rete proprietaria, senza transitare mai sulla public internet, e il fatto di stare in Italia dà la sicurezza di aderire, oltre agli standard internazionali, anche alle regole locali in materia di sicurezza del dato), e last but not least, la sostenibilità.
Altrettanto interessanti le potenzialità occupazionali, così nell’articolo: A fronte di un investimento annunciato di 900 milioni di dollari in 5 anni, uno studio dell’Università di Torino ha provato a stimare la ricaduta economica del progetto (basandosi sui dati forniti da Google) ed è arrivata a un impatto occupazionale pari a circa 65 mila posti di lavoro, di cui 18-20 mila strutturali, cioè generati dall’aumento di produttività indotto dall’infrastruttura cloud, e un volano economico di 3,3 miliardi nelle due regioni coinvolte. Di questi, 600-800 milioni nella fase di costruzione dei data center e 700 milioni circa per l’installazione dell’infrastruttura, supponendo un 30% di acquisti in regione.