TIM, FiberCop e Open Fiber hanno siglato un accordo commerciale che consente il riutilizzo delle infrastrutture di rete nelle cosiddette aree bianche, in cui è stata finanziata con fondi pubblici la realizzazione in regime di concessione di una infrastruttura di TLC. Nelle aree bianche, dove Open Fiber si è aggiudicata i tre bandi pubblici indetti da Infratel, l’accordo prevede che Open Fiber acquisti da FiberCop, per un controvalore complessivo superiore ai 200 milioni di euro, il diritto d’uso per infrastrutture aeree e collegamenti d’accesso alla casa del cliente. Nel contempo, TIM si impegna a mettere a disposizione dei propri clienti nelle aree bianche la fibra ottica di Open Fiber. Questo, si prevede, consentirà di attivare su rete Open Fiber almeno 500mila clienti che possono domandare la possibilità di utilizzare la tecnologia FTTH (Fiber To The Home).
Dedicano attenzione all’accordo tutti i principali organi di stampa, fra i quali La Repubblica, con un articolo a firma di Sara Bennewitz, pubblicato lo scorso 13 maggio: Gli astri per dare vita alla rete unica delle telecomunicazioni, ovvero all’infrastruttura che nascerebbe dall’incrocio delle reti di Tim e Open Fiber, si stanno allineando. Ieri il fondo Usa Kkr – che ha investito 1,8 miliardi in Fibercop a cui è stata conferita la rete secondaria di Telecom – ha votato a favore dell’accordo commerciale che permetterà alla concorrente Open Fiber di utilizzare pali, canaline e altre infrastrutture che Tim ha già costruito nelle aree bianche, quelle scarsamente popolate.
L’accordo commerciale tra Tim e Open Fiber è una notizia strategica verso la copertura in fibra delle aree bianche nelle quali Open Fiber ha vinto otto gare e Tim altre sei. Ma non è l’unica, perché, grazie anche all’attività di relazione di Cassa depositi e prestiti, che è azionista di controllo di Open Fiber e secondo azionista di Tim, a breve si dovrebbe arrivare a un vero e proprio “matrimonio” tra Tim e Open Fiber per quanto concerne le reti. Secondo le indiscrezioni finora circolate, riportate anche nell’articolo di Sara Bennewitz Tim dovrebbe conferire a una società separata, chiamata Telecom Italia, la rete primaria, quella secondaria (che è in Fibercop) e i cavi sottomarini di Sparkle, mentre il cosiddetto backbone (la dorsale in fibra che collega tutte le centrali per il fisso e per il mobile) dovrebbe per ora restare in capo a Tim. Una volta realizzato lo scorporo dell’intera rete, dovrebbe essere un consorzio guidato da Cdp a prenderne il controllo attraverso un’offerta per arrivare finalmente alla fusione con Open Fiber. I passaggi procedurali per arrivare all’atteso matrimonio sono complicati e richiederanno tempo, ma finalmente si comincia a vedere la luce in fondo al tunnel e la rete unica non è più una chimera.