Deep Tech: la nuova febbre della “ricerca di frontiera”

Si chiama “Deep Tech” la frenesia che ha coinvolto diversi investitori tecnologici e che in Italia può già contare su un miliardo di euro da investire. Soluzioni avanzatissime in settori come computer quantici, biotech, nuovi materiali avanzati, intelligenza artificiale, fotonica e blockchain. Ne parla il quotidiano Il Sole 24 ore in un articolo a firma di Guido Romeo.

L’industria e la società italiane sono sempre più consapevoli della centralità di investire sulla ricerca avanzata. Le indagini indicano un aumento annuale degli investimenti di almeno 20% su settori fortemente innovativi. Il cosiddetto deep tech: quell’insieme di tecnologie innovative e di frontiera, originali, fondate su scoperte scientifiche, sull’ingegneria, la matematica, la fisica, la medicina. Un territorio che spazia anche fra intelligenza artificiale, Deep Learning e Machine Learning. Lo ricorda Guido Romeo in un suo articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore lo scorso 14 gennaio: “L’Italia, che con il polipropilene isotattico di Giulio Natta ha generato una delle Deep Tech che più hanno rivoluzionato il mondo moderno, per anni è stata ai margini della partita ma oggi sembra avere le risorse per giocare le sue carte. «Deep Tech e trasferimento tecnologico sono le parole chiave del 2021 per due motivi – sottolinea Stefano Peroncini, Ceo di Eureka! Ventures, specializzata nei materiali avanzati – perché abbiamo capito quanto sono vitali la scienza e la tecnologia dei nostri laboratori di ricerca per il progresso e la sopravvivenza delle nostre società e per gli ammontari che avremo a disposizione, anche in Italia. Per la prima volta nel nostro paese si è creata una massa critica di capitali, grazie all’effetto leva delle risorse private sui capitali pubblici, che porta la dotazione investibile in technology transfer e quindi in Deep Tech ad almeno 1 miliardo di euro».Si tratta di una transizione molto importante per il sistema italiano, anche perché è l’occasione per mettere meglio a sistema la qualità dei nostri scienziati. Questa evoluzione parte dall’impegno di diverse realtà di punta della ricerca tecnico-scientifica, come ricorda ancora Guido Romeo nel suo articolo: “Il 2020 si è infatti chiuso con l’avvio della Fondazione Enea Tech, che con una dote da 500 milioni di euro da investire nei prossimi 18 mesi è il più importante fondo italiano di technology tranfer centrato, appunto su diverse aree deep. In più è operativa ItaTech, la piattaforma promossa da Cassa Depositi e Prestiti e dal Fondo Europeo per gli investimenti mette in campo altri 280 milioni di cui più di 80 da privati grazie al pooling dei fondi che le afferiscono (Vertis Sgr concentrata sulla robotica, Sofinnova Telethon Fund dedicato a malattie genetiche e rare, Poli 360 Capital Partners concentrato sulla manifattura avanzata, Progress Tech Transfer gestito da Mi.To ed Eureka Ventures). In particolare, i capitali allocati da Fei-Cdp ai gestori debbono essere obbligatoriamente investititi per un minimo del 90% fino anche il 100% in progetti italiani. A queste risorse si sommano i 150 milioni di Cdp Venture Fondo di Fondi Tech Transfer e dagli altri operatori di venture capital che in maniera opportunistica investono in iniziative che nascono nel mondo della ricerca scientifica.

Il Deep Tech può essere certamente una grande opportunità, a patto di avere le competenze per comprenderlo e valutarlo e risorse finanziarie adeguate per sostenere i percorsi di valorizzazione di ricerca scientifica e di innovazioni che mediamente richiedono tempi più lunghi di startup più tradizionali.

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