A Cassa Depositi e Prestiti il 60% di Open Fiber

Dopo una lunga trattativa, CDP si appresta ad accordarsi con Enel, che sta per vendere il suo 50%, e il fondo australiano Macquarie, a sua volta in procinto di rilevare il 40% dell’infrastruttura.

Cassa Depositi e Prestiti si appresta a diventare il primo azionista di Open Fiber, la società della rete in fibra nata nel dicembre 2016 per portare la connessione a Internet veloce in tutta Italia.
Si occupa l’argomento, particolarmente importante per l’intero scenario delle TLC italiane, uno specifico articolo pubblicato lo scorso 30 aprile su il quotidiano La Repubblica a firma di Sara Bennewitz: Dopo una trattativa che va avanti da mesi, l’istituto guidato da Fabrizio Palermo avrebbe trovato la quadratura del cerchio tra l’Enel, che sta per vendere il suo 50%, e il fondo australiano Macquarie che invece è in procinto di rilevare il 40% dell’infrastruttura. Per accelerare i tempi, che già si sono protratti a lungo, CDP ed Enel procederanno subito a un apporto di capitale di 250 milioni, che serve a rilanciare gli investimenti per recuperare i ritardi accumulati, soprattutto sulle aree bianche (ovvero quelle a fallimento di mercato). Subito dopo, e quindi quasi contestualmente, Enel venderà il suo 50% della rete al prezzo pattuito lo scorso dicembre, vale a dire 2,65 miliardi. La Cassa rileverà un quinto delle azioni, salendo al 60%, mentre Macquarie comprerà il resto della partecipazione, che corrisponde al 40% di Open Fiber.

Come viene ricordato nell’articolo stesso, la governance prevede che la Cassa indichi un AD e un presidente gradito anche a Macquarie, il quale sceglierà il direttore finanziario, mentre i due soci avranno lo stesso numero di consiglieri. L’operazione, approvata all’unanimità dal CDA che si è svolto ieri, dovrebbe essere formalizzata nel weekend dopo il CDA di Enel.
Scrive ancora Sara Bennewitz: Ieri il consiglio di Cdp Equity, con il voto corale di tutti gli amministratori, avrebbe inoltre rivisto e inviato ad Atlantia la sua migliore offerta per Autostrade per l’Italia, che prevede alcuni affinamenti sulle garanzie e sulle modalità dell’offerta fatta pervenire lo scorso gennaio. Oggi il CDA di Atlantia dovrà esaminare l’offerta che si appresta a ricevere, approvarla con delibera, inviarla ai soci e convocare un’assemblea ad hoc per metterla ai voti (assise che ragionevolmente si terrà il 31 maggio). In vista dell’assemblea di Atlantia per votare la vendita dell’88% di Aspi al consorzio guidato da Cdp Equity (che ha il 51%), con Blackstone e Macquarie al 49%, il gruppo guidato da Carlo Bertazzo dovrà pubblicare i dettagli dell’offerta e le 4 valutazioni indipendenti dei suoi advisor (di cui tre sarebbero aggiornate alla scorsa estate mentre quella di Goldman Sachs è del 2021). Cdp resta convinta che la sua proposta abbia le caratteristiche per essere apprezzata da tutti i soci di Atlantia, perché a differenza delle valutazioni degli advisor, è il frutto di una approfondita due diligence.
Si ipotizza che l’offerta finale preveda un corrispettivo di 9,1 miliardi, una “ticking fee” pari al 2% da pagare tra la prima offerta vincolante (recapitata a gennaio) e il closing (atteso a fine anno), e quindi di circa 182 milioni e probabili ristori (la stima è 300 milioni).

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